ANCORA SULL’OSPEDALE FANTASMA

Una storia provinciale ma non troppo

 

Avremmo preferito non riprendere il discorso sull’ospedale fantasma di don Verzè dopo l’intervento del luglio scorso, sperando che la politica, intesa come Regione del Veneto e centro destra e centrosinistra, facesse il proprio dovere ponendo fine con un bel “no, non c’interessa” ad una vicenda sgradevole che si sta trascinando da troppo tempo.

Due sono i motivi fondamentali, già enunciati, per questa presa di posizione. Il primo è l’assoluta inutilità di una nuova, ulteriore struttura sanitaria nell’Est veronese da anni oggetto di una profonda indispensabile riorganizzazione dei presidi ospedalieri pubblici considerati a ragione obsoleti rispetto alle esigenze di tutela della salute di quelle popolazioni e, quindi, a maggior ragione l’accreditamento (ossia convenzionamento – le prestazioni sono pagate dal Servizio sanitario nazionale) dello stesso. Il secondo, il danno ambientale e il fondato sospetto di una gigantesca speculazione edilizia su aree collinari che dovrebbero rimanere tutelate.

Purtroppo quello che finora è accaduto si può riassumere nella presentazione alla presenza dei soliti amici del progetto dell’Ospedale Quo vadis? – non più del crocefisso - da parte di don Verzè, che si è lanciato nella solita, fastidiosa, megalomane lode di se stesso (“sono il figlio prediletto di don Calabria”, “Questo ospedale è l’emanazione di don Calabria. Stiano attenti coloro che vogliono opporsi, perché opporsi ai santi è pericoloso” , ecc.) e in una fantasiosa presentazione dell’ospedale definito “virtuale” e come tale invidiato perfino dagli americani.

Alla parte religiosa ha risposto il superiore generale dell’Opera don Calabria Waldemar Longo ha dichiarato che don Verzè centra con don Calabria come i cavoli a merenda, giudicando profondamente diverso lo stile del santo (fare del bene in silenzio) da quello di don Verzè.

La politica regionale, quella che giustamente ha la responsabilità delle scelte pubbliche, ha finora visto l’avventata dichiarazione dell’assessore regionale Padoin presente alla conferenza stampa di don Verzè – c’è un sì di massima, probabilmente il suo - e la presentazione di due mozioni, firmate rispettivamente da esponenti in ordine sparso del centrodestra meno la Lega e dal centrosinistra più la Lega, che dovranno essere discusse in Consiglio regionale del Veneto.

Ad ulteriore testimonianza della confusione esistente sotto il sole, i sostenitori del centro destra e del centro sinistra perderebbero se scommettessero sul contenuto dei documenti.

La mozione del centrodestra, alleanza che in teoria dovrebbe essere favorevole all’accreditamento dei privati, è nella sostanza totalmente contraria. La mozione del centrosinistra, generalmente difensore del servizio pubblico e ostile all’ampliamento delle competenze dei privati, molto generica e, tra le righe, possibilista.

Mentre è inutile opinare sul centrodestra (chissà da quali pensieri sono stati travolti al momento di firmare) capace di affermare tutto e l’esatto opposto, desta francamente stupore il centrosinistra che in questa come in altre vicende che interessano la sanità regionale ha dimostrato e dimostra una mancanza di idee e di strategia tale da far cadere le braccia. Questo episodio ne è, purtroppo, la lampante dimostrazione.

 

Roberto Buttura

 

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