GLAXO: UN BLUFF ANNUNCIATO
Era partita nel
febbraio 2003. Una grande, esemplare (?) inchiesta
giudiziaria scaturita dalle indagini della Guardia di Finanza: 3.000 persone
coinvolte, 13.000 ore d’intercettazione, 45 gli indagati ai quali si
contestavano i reati di comparaggio, corruzione e promessa premi (che reato è?).
Qualcuno (noi tra questi) aveva avanzato forti dubbi e ragionate perplessità (clicca qui).
Dopo più di
quattro anni di can can mediatico infernale (pagine e pagine di giornali piene di
intercettazioni telefoniche largamente incomprensibili e in ogni caso
ininfluenti e servizi televisivi ringhiosi), il giudice unico del Tribunale di
Verona ha stabilito che sono 43 le persone da rinviare a giudizio e da porre,
quindi, sotto processo.
Ci vorranno
ancora anni per vedere la fine di una vicenda ed è possibile che si assottigli
ancora di più la schiera di coloro che dovrebbero
essere condannati. Perché, tra l’altro, questa è una storia giudiziaria strana
se, a quanto sembra,
vanno a giudizio i corruttori senza che vi sia traccia dei corrotti.
Nel frattempo
professionisti stimati hanno perso credibilità e
onore, alcuni nel frattempo sono morti (e non è da escludere che il coinvolgimento
nell’inchiesta abbia pesato), un’azienda farmaceutica è stata probabilmente
tentata di cambiare aria (e fortunatamente questo non è successo), il sistema
sanitario è stato sottoposto a critiche qualunquistiche che hanno ulteriormente
indebolito la fiducia del cittadino nelle istituzioni di questo Paese.
Domanda: a chi
giovano queste cosiddette maxi-inchieste che poi si
risolvono in una bolla di sapone? Quanti soldi della collettività vengono usati in malo modo per cercare reati inesistenti? La
giustizia non dovrebbe perseguire i reati, evitando accuratamente di cedere
alla tentazione di stabilire il livello di moralità e di ergersi a fustigatrice
dei costumi?
Dedicato a Olivo, uomo buono e professionista
esemplare