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Qualche giorno fa abbiamo scritto che
l'Italia d'oggi ricorda quella del 1992: lo stesso disgusto per gli affari dei
partiti, la stessa noncuranza della classe politica per i segni della tempesta
che si sarebbe abbattuta di lì a poco sulla sua testa. Qualcuno ha osservato
che il confronto è improprio. Non esiste un partito, come allora la Lega,
pronto a cavalcare l'indignazione popolare. E non
esiste un gruppo di procuratori convinti di poter provocare, con gli strumenti
della loro professione, la rivoluzione morale del Paese. È vero. I confronti
sono quasi sempre parziali e imperfetti. Ma a me
sembra che la situazione sia per certi aspetti peggiore
e proverò a spiegarne le ragioni.
Nel 1992 molti italiani capirono che la
crisi non era un semplice incidente di percorso e che non poteva essere risolta
con la formazione di un nuovo governo e la nascita di qualche nuovo partito. La
corruzione e gli scandali erano i sintomi esterni di una crisi costituzionale
che aveva investito l'intero sistema politico. La
Carta era invecchiata e la Costituzione materiale aveva progressivamente creato
un Paese in cui il potere dello Stato e degli organi autorizzati a esercitarlo era stato usurpato da partiti, sindacati,
interessi corporativi, famiglie professionali e criminali, istituzioni
pubbliche non legittimate da un pubblico mandato come, per l'appunto, l'ordine
giudiziario. Il fatto stesso che un organo tecnico come la Banca d'Italia abbia
fornito al Paese, da allora, due presidenti del Consiglio, un presidente della Repubblica, due ministri del Tesoro e un
ministro dell'Economia, dice meglio di qualsiasi analisi quanto grave e
profonda fosse la malattia del sistema politico italiano.
Non bastava quindi cambiare governi.
Occorreva rifare
Danno la sensazione di pensare che la
politica sia rissa, alterco, scambio d'ingiurie o, più semplicemente,
dichiarazioni irresponsabili e irriflessive, rilasciate a caldo di fronte a un microfono per segnare un punto contro l'avversario del
momento. Si battono per la conquista o la conservazione del potere, e non si
rendono conto che stanno perdendo il Paese.
Corriere
della Sera di domenica 10 giugno 2007