NUOVI FARMACI
ANTICANCRO SOLO PER I RICCHI?
L’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, per contenere i
costi, ha adottato la formula della condivisione del rischio: si offrono le
nuove cure al paziente e, se funzionano, lo Stato rimborsa, altrimenti paga
l’azienda farmaceutica. Anche negli Stati Uniti, dove la sanità è
prevalentemente privata, le assicurazioni cominciano a preoccuparsi della
valanga di farmaci “intelligenti” sempre più costosi che stanno arrivando sul mercato
e alzano i premi.
L’accesso ai
farmaci antitumorali diventerà sempre più difficile e i Paesi occidentali
rischiano di diventare un nuovo Terzo mondo, dove i ricchi malati di cancro
potranno curarsi e i poveri no.
Ecco perché le
soluzioni al problema vanno cercate in altre direzioni, con il coinvolgimento
di tutti. A partire da chi fa ricerca.
Uno del modi per risparmiare è quello di scegliere il farmaco
giusto per il paziente giusto, evitando sprechi. Già sono allo studio alcuni
test genetici capaci di predire l’efficacia di una terapia. Secondo alcuni dati
preliminari, la Pet, la tomografia a emissione di
positroni, riesce a identificare le celluli tumorali
sensibili ad un certo farmaco. La speranza è che queste indagini siano
praticabili a costi contenuti.
Un altro aspetto
riguarda la dose di medicine: perché non sperimentare se dosi ridotte hanno gli
stessi effetti della dose piena? All’Università di Modena sono già in corso
studi con il trastuzumab, un farmaco usato nel tumore
al seno. E’ evidente che queste ricerche devono essere indipendenti, perché le
industrie farmaceutiche non hanno alcun interesse proporle.
Anche i clinici
dovrebbero esserne coinvolti. Chi si limita a curare senza preoccuparsi dei
costi non fa l’interesse del paziente, perché il paziente potrebbe un giorno
trovarsi a pagare i farmaci di tasca sua. Come forse già accade in Italia.
Un’ultima
considerazione: non si dovrebbe storcere il naso di fronte a qualche soluzione
“alternativa”, per la prima volta, quest’anno, all’Asco, il congresso annuale
dell’Associazione americana di oncologia medica, ha fatto il suo ingresso
ufficiale la medicina cosiddetta complementare come terapia di supporto. Il ginseng, per esempio,
aiuta a combattere la cosiddetta fatigue, la sensazione
di affaticamento provocata dalla chemioterapia. L’eritropoietina,
usata a volte inappropriatamente contro questo disturbo, costa di più, ma molto di più.
Adriana Bazzi
Corriere
della Sera di domenica 10 giugno 2007