Abbiamo tutti più o meno
pensato che
Certo, le intercettazioni
telefoniche di D'Alema e Fassino
appena pubblicate non hanno nulla di penalmente rilevante, ma di simbolicamente
rilevante sì, eccome! E in politica ciò conta in
misura anche maggiore. Quelle parole, infatti, hanno spazzato via l'immagine
d'innocenza, l'alone di purezza, che erano riusciti a sopravvivere a Mani
Pulite, lasciando così in vita la cultura del vecchio Pci
e dunque aperta la crisi scoppiata nel 1992-93. La quale ebbe nella corruzione
solo il suo innesco, non certo la sua vera causa, che
invece stava nell'esaurimento storico di tutte quante le culture politiche
della Prima Repubblica, inclusa quella del vecchio Partito comunista. Come oggi
ci è chiaro, dopo che da quindici anni (quindici
anni!) vediamo proprio quella cultura dibattersi nell'inutile tentativo (che
nulla ci assicura oggi destinato invece al successo), da un lato di rinnovarsi
in senso moderato, restando però in certo modo sempre se stessa, dall'altro di
trovare una piattaforma di valori comune con l'area cattolica. In questo per il
momento inutile tentativo si rispecchia, come dicevo, un dato storico.
Quello delle culture politiche tipiche della
Prima Repubblica che avendo visto tutte quante la luce nei primi due, tre
decenni del Novecento si sono mostrate ottimamente capaci di accompagnare
l'Italia nella fase della sua piena industrializzazione/ modernizzazione (non a
caso avviata dal fascismo, loro sostanziale coetaneo); non solo: ma soprattutto
per circostanze fortemente dipendenti dal contesto
internazionale esse sono riuscite altresì a coniugare quella modernizzazione
con la democrazia, dando vita alla Repubblica. E però,
quando è finita l'epoca della modernizzazione del Paese ed è iniziata quella
della sua piena modernità, quelle stesse culture politiche hanno mostrato i
propri limiti. Capaci di mobilitare energie intellettuali e sociali in vista di
un grande sforzo nazionale, all'interno di una società ancora sostanzialmente
arretrata, e di governare quelle energie in modo «forte», esse non avevano,
invece, la capacità di organizzare in modo appropriato un sistema democratico-capitalistico maturo, e di gestire in modo
efficace ma «leggero» le relative relazioni sociali, culturali e industriali.
La corruzione è stata (ed è!) «soltanto» la
manifestazione e la conseguenza patologica di questa incapacità
che dura da almeno vent'anni: la quale nella sostanza
è mancanza di cultura democratica circa i limiti del governare, e insieme
mancanza di progetti generali adatti a una società ormai articolatissima
nonché, dall'università ai trasporti, immersa nel confronto con gli altri. E’
per questa incapacità delle sue culture politiche che
Corriere
della Sera di domenica 24 giugno 2007