E ora difendiamo il Servizio
sanitario nazionale. La campagna elettorale è stata tutta incentrata sui
problemi economici e fiscali, con i programmi dei due schieramenti proiettati sui
massimi sistemi: l’Europa, la guerra la crescita
economica, il debito pubblico, i rapporti con la chiesa, i diritti civili, il
conflitto d’interessi, le riforme della giustizia e della scuola.
E il Welfare è stato marginalizzato, compresa
Nella campagna
elettorale degli acronimi: Pil, Dpef,
Onu, Nato, Irpef, Ici, Pacs ecc. il
Ssn, Servizio sanitario nazionale non risulta citato.
Sorprendente. Allora tutto bene in sanità?
E’ pur vero che
si è trattato di elezioni politiche e nazionali e che
il ruolo del Governo centrale in sanità è andato di recente riducendosi: dopo
gli anni turbolenti e di chiara valenza politica della Bindi
ministro, i successivi ministri Veronesi e Sirchia
hanno assunto il ruolo statunitense del General surgeon che quello tradizionale italiano di membro
dell’esecutivo.
I ministri
tecnici del dopo Bindi si sono occupati più di salute
che di Sanità e quindi di mucca pazza e di bioterrorismo,
di fumo di tabacco, di aviaria, anziché di aziende
ospedaliere e di stato giuridico del personale e i problemi della
organizzazione e del funzionamento del Sistema sanitario nazionale sono finiti
sul tavolo della conferenza Stato-Regioni.
La recente legge
di modifica costituzionale con il trasferimento dei poteri di Sanità alle
Regioni ha completato il processo: il Servizio sanitario nazionale si è
frammentato in 20 Servizi sanitari regionali, provvedendo lo Stato o meglio
E
le Regioni hanno cominciato la propria vita autonoma, chi come il Lazio,
abolendo il ticket, chi come la Campania modificando il sistema concorsuale per
l’arruolamento dei dirigenti, chi come la Lombardia parificando senza limiti
strutture pubbliche e private sul piano dell’accreditamento, ossia del rimborso
dei ricoveri.
Perciò tra
Caserta e Cassino, unite felicemente negli anni Settanta dall’autostrada del
sole, sta crescendo un muro sanitario, che per saltarlo i malati dovranno essere forniti di laboriosi lasciapassare e magari
dovranno metter mano al portafoglio. E così pure tra
Pordenone e Treviso, tra Pavia e Piacenza, tra Ferrara e Rovigo, tra Rieti e
Terni ecc. per non dire tra Cosenza e Roma o tra Bari e Milano.
Finiscono perciò
col riprodursi le storiche diversità italiane, anche in Sanità, tra Regioni
ricche e Regioni povere, tra il Sud agricolo e il Nord
industrializzato di Salvemini, tra il Meridione mediterraneo
e il Settentrione europeo dei nostri giorni.
Anche se la campagna elettorale ha voluto ignorare la
Sanità, il nuovo Governo troverà il problema sul tavolo, nei termini nei quali
la Lega lo ha imposto al Governo Berlusconi e al
Parlamento. E la correzione di rotta inevitabile in un Paese normale, di
cittadini uguali di fronte alla salute, come la Costituzione impone, sarà un
atto politico di grande rilievo e non indolore. Perciò
ricominciamo a parlarne subito di Sanità e salute, di come vivere meglio e più
a lungo, di come curare bene e ovunque le malattie in cui incorreremo,
al di là del disavanzo primario, della trimestrale di cassa, del cuneo fiscale,
del precariato, del laicismo, delle unioni di fatto ecc.
E ricominciamo a
parlare soprattutto di organizzazione sanitaria, di
ospedali e territorio, di bisogni primari e prevenzione, di medicina di sani e
di medicina dei malati, di tecnologia sanitaria e dei suoi costi-benefici,
nonché delle liste d’attesa, degli esami inutili e delle cure utili e poco
disponibili, insomma di tutto quello che ancora non c’è o non funziona, per
rendere l’assistenza sanitaria pubblica sempre e ovunque degna di un grande
Paese moderno.
Da dopo il ’92,
col pretesto dell’aziendalizzazione si è intrapreso
un percorso inverso a quello che la riforma del ’78 aveva disegnato. Due dei
riferimenti cardine di quella riforma sono finiti in soffitta, sostituiti da
ospedale e autocratismo.
Così l’ospedale è
diventato il centro, anzi l’unico centro dell’universo
sanitario, rimanendo soffocato dalla folla affluente, con i suoi infiniti problemi e la gestione monocratica
è rimasta paralizzata dal suo stesso sconfinato potere che, essendo di delega
politica, era di fatto condizionata in ogni suo atto talora anche minimo.
Occorrerà,
dunque, ripensare struttura e organizzazione, restituire l’opsedale
alla sola cura dei malati e il territorio alla medicina dei sani, ossia alla
prevenzione e all’anticipazione diagnostica, occorrerà ripensare il modello gestionale, il relativo organo di comando e i suoi poteri,
il coinvolgimento degli operatori e dei cittadini, la selezione del personale,
non solo perché i meriti professionali vengano premiati, al di là
dell’arroganza del potere, ma anche perché i malati abbiano il massimo che non
può che provenire dai migliori.
E alla fine ci
vorrà una scelta forte in termini di efficienza ed
efficacia, giacché un sistema capace di dare queste risposte non può non
contenere un meccanismo premiante per gli addetti al servizio. Oggi siamo a stipendi
da fame e nessun incentivo,per medici, infermieri,
personale tecnico e amministrativo. La riforma della Bindi,
col vituperato rapporto di esclusiva aveva beneficiato
i medici con una sostanziosa indennità, tutti i medici, perciò anche quelli che
per motivi personali o generali danno un contributo insufficiente al sistema.
Negli ultimi cinque anni, a fronte dell’aumento del costo della
vita, non si sono attuati a pieno neppure i dovuti rinnovi contrattuali. E
senza legittimi incentivi economici al personale, il sistema non può crescere di efficacia, efficienza, produttività e qualità.
Forse in termini di organici bisognerà scegliere tra quantità e qualità, ma
bisognerà soprattutto farsi carico politico che in un Paese civile e moderno la
Sanità e la salute, sono esigenza primaria e priorità assoluta di spesa.
La conclusione di
quanto esposto è per così dire, rivoluzionaria: la voce “tagli alla Sanità”
cara alle finanziarie degli ultimi decenni, deve sparire dal lessico politico
per essere sostituita da quella di “investimenti produttivi al benessere
collettivo” costituendo la premessa del futuro che desideriamo.
Presidente emerito Società
italiana di Chirurgia
Il
sole24oreSanità del 13-19 giugno 2006