C’E’ NIPOTE E NIPOTE

 

 

“Ha ucciso mio nonno e mia nonna. Avevo un conto personale in sospeso con lui, per questo ho sputato sul suo cadavere”. A parlare è Francisco Cuadrado Prats, nipote 39enne del generale Carlos Prats, fedelissimo di Salvador Allende, ucciso con la moglie, Sofía Cuthbert, a Buenos Aires, il 30 dicembre 1974, da una bomba piazzata dagli scagnozzi di Augusto Pinochet Duarte.  

 Il nipote. Spinto da un dolore represso per 32 lunghi anni, martedì si è unito alla lunga fila di simpatizzanti e nostalgici che composti e nervosi attendevano di portare omaggio alla salma del vecchio dittatore, esposta nella Escuela Militar di Santiago. Per ore ha sopportato piagnistei e lamenti di chi considera l’assassino di suo nonno un eroe, ha sostenuto gesti plateali di vecchi militari che rimpiangono il potere che fu, ha retto la vista delle bandiere cilene tirate a lucido per rendere gli onori militari a quel carnefice, gli stessi onori militari che Pinochet osò negare alla salma di suo nonno, rientrata in patria dopo anni di esilio. A piccoli passi, Francisco si è avvicinato alla bara: il momento tanto atteso era arrivato. Il gesto liberatorio, lo sfogo di una rabbia lacerante che accomuna milioni di cileni, parenti o Augusto Pinochet assieme a Salvador Allende nel momento delle nomina a capo delle Forze Armate del generaleamici di quelle tremila vittime ingoiate dalla sanguinaria dittatura, è durato lo spazio di un secondo. Carlos Prats e Salvador AllendeQuindi si è allontanato, con fare tranquillo, fra gli astanti increduli. La reazione è stata pressoché immediata: a toglierlo dalle grinfie dei più facinorosi sono intervenuti i militari, che lo hanno portato via in stato di fermo. A quel giovane dall’aria soddisfatta, però, è bastato dichiarare le proprie generalità per essere immediatamente rilasciato: “Sono il nipote del generale Prats”. Pochi minuti ed era libero. Non ha dovuto aggiungere altro.  

 Chi era Prats. Tutti in Cile sanno molto bene chi era suo nonno, figurarsi fra le fila di quell’esercito che quell’uomo tutto di un pezzo servì con onore fino all’ultimo dei suoi giorni a Santiago. Comandante in capo delle forze armate, lasciò il suo ruolo per diventare ministro della Difesa e vice presidente del governo dell’amico Allende. Senza condividerne l’ideologia socialista, ma mantenendo un’alta professionalità che si confà a un alto ufficiale dell’esercito leale alle autorità costituzionali, governò con coscienza fino al giorno del golpe. Al suo posto, a capo dell’Esercito, salì, nominato dallo stesso Allende, un militare dalla carriera ineccepibile: Augusto Pinochet Duarte. Era il 23 agosto 1973: diciannove giorni dopo il nuovo generale in hefe fece bombardare La Moneda, palazzo della presidenza, rovesciò il governo e chiuse il Parlamento: la dittatura del generalissimo era cominciata.

 Sogni che si realizzano. Da allora, la figura di Prats è diventata antagonista a quella di Pinochet. Prats per la maggioranza dei cileni è la lealtà, l’onorabilità, il valore, l’onore militare: tutto ciò che Pinochet ha calpestato, distrutto. Il gesto del nipote e il sostegno generale che ha riscosso si spiega solo così. “E’ stato un atto privato”, ha dichiarato Francisco, assessore comunale di Las Condes per il Partito Por la Democrazia, e da sempre strenuo difensore della memoria di Salvador Allende. È stato lui a lanciare la campagna per il recupero della casa del presidente socialista, che il governo militare aveva trasformato in ospizio. “Non voglio creare disagi alla gente che ci vive oggi – aveva dichiarato allora alla stampa – A me interessa che la casa del Chicho (Allende) diventi museo”. Desiderio che la presidente Bachelet ha realizzato nel novembre scorso. “Ha sofferto molto per suo nonno – ha raccontato un amico consigliere al quotidiano argentino Pagina/12 – ha vissuto un trauma intenso e si è convinto che gli organismi di Stato di Pinochet fossero i responsabili della morte del generale Prats. La sua è stata un’azione piena di dolore, una maniera di gridarlo al mondo e di riscattare la sua pena. A suo nonno non concessero nemmeno gli onori militari e il suo atto è stato una reazione personale ma condivisa dai più. Vendetta, gesto plateale, decidete voi”.
A inchiodare Pinochet alle sue responsabilità nel caso Prats non è stata, però, soltanto la fervida fantasia di un nipote addolorato. La stessa giustizia argentina stabilì che dietro l’attentato si celavano i servizi segreti argentini, già infiltrati da forze di estrema destra, e sguinzagliati dalla polizia segreta cilena per ordine del generalissimo.  

 Ironia della sorte. Il gesto di Prats va a incrociarsi con quello che ha visto protagonista un altro nipote illustre, ovvero proprio quello di Pinochet, impegnato nello strenuo tentativo di difendere la reputazione del nonno dittatore. Due nipoti a confronto dunque: da una parte Francisco, che vendica l’onore dell’illustre nonno sputando sulla bara di Pinochet, e dall’altra proprio il nipote del tiranno, che durante i funerali difende il golpe sputando, al contrario, sullo stato e sulla giustizia cilena. Storie intrecciate dai finali differenti. Prats è uscito indenne dal suo disperato gesto e scortato a casa dagli stessi militari, il giovane comandante Pinochet, invece, è stato severamente punito con un’indecorosa espulsione dalle forze

 

www. Peacereporter.net del  14 dicembre 2006

 

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