APOCALYPSE NOW,
ROMANZO ALLA MOBY DICK
«Ognuno ottiene quello che vuole. Io volevo
una missione, e per scontare i miei peccati me ne assegnarono
una. Me la portarono in camera neanche fosse il
servizio ai piani». Riverso sul letto dell'albergo di Saigon, gli occhi
ipnotizzati dalle pale del ventilatore appeso al soffitto, il capitano Benjamin Willard (Martin Sheen) aspetta gli ordini
per partire verso un viaggio nell'orrore. Dovrà raggiungere e uccidere Kurtz (Marlon Brando), ex
colonnello dei corpi speciali, che si è arroccato in Cambogia e conduce una
propria guerra impiegando metodi spaventosi. Le stesse cose deve
aver pensato Francis Ford Coppola
quando si imbarcò nell'impresa di Apocalypse Now: quasi 40 settimane di riprese nelle Filippine, un
budget di spesa incontrollabile che finì per mangiargli i guadagni del Padrino
I e II (1972 e 1974), le case e tutto il resto, e che lo portò vicino al
suicidio. Intanto, Martin Sheen
rischiava di morire per un infarto, un tifone spazzava via il
set, Brando avanzava richieste intollerabili. E
gli elicotteri dell'esercito filippino si prodigavano in uno sporco doppio
lavoro: la mattina andavano a colpire i guerriglieri, poi arrivavano sul set
per sfilare davanti alla macchina da presa con l'accompagnamento di Wagner.
A quel film Coppola e i suoi ex compagni
della scuola di cinema dell'Università di Los Angeles pensavano fino dalla fine degli anni '
Nel '75, con l'abbandono di Saigon, la
guerra finisce. Le riprese cominciano due anni dopo nelle Filippine. Dalle
oltre duecento ore di riprese viene tratto un film di
centocinquanta minuti: presentato a Cannes nel '79, vince la Palma d'oro ex
aequo con Il tamburo di latta di Schloendorff e l'anno dopo riceve alcuni Oscar (fra cui
quello per la fotografia a Vittorio Storaro).
Nel 2001, Coppola riapre molti tagli e
aggiunge circa quarantatré minuti presentando
Il
grande romanzo americano. A quasi trent'anni di distanza, si continua ancora a parlare di Apocalypse Now. Per
esempio, Sam Mendes, nel film Jarhead (2005), mostra i marines della prima
Guerra del Golfo che assistono, applaudendo, alla scena degli elicotteri che
scaricano napalm sulla musica della Cavalcata delle Valchirie. Forse la ragione
vera di questa persistenza è che quel film - come ha scritto lo storico della
letteratura Robert Detweiler
- è il vero Grande romanzo americano, l'opera di
narrativa cercata desiderata tentata (invano?) per tutto il Novecento, qualcosa
che potesse reggere il confronto con Moby Dick di Melville. È un romanzo magmatico, caotico, i
cui sterminati materiali (oltre duecento ore di filmato) forse non hanno ancora
raggiunto la forma definitiva. Qualcosa che può essere
paragonato all'ultima edizione di Proust, con tutte
le aggiunte e le varianti. O a Petrolio, il romanzo postumo di Pasolini.
È un testo, quello di
Apocalypse Now, che
mescola racconti di una guerra vera con una quantità impressionante di
letteratura. Nasce, com'è noto, da Cuore
di tenebra, il racconto lungo in cui Joseph Conrad rielaborava le sue esperienze (1890) nel Congo belga. Capitano in seconda su un battello che
risaliva il fiume, Conrad era andato a recuperare un
agente coloniale ammalato - anche nel libro si chiama Kurtz:
muore però di malattia sulla barca che dovrebbe
riportarlo indietro - i cui metodi brutali avevano messo in allarme la
compagnia coloniale. Libro di denuncia dell'orrendo sistema di
sfruttamento praticato dai belgi in Congo, Cuore
di tenebra (pubblicato in volume nel 1902) era anche un viaggio alla
scoperta degli abissi più atroci dell'animo umano. Vent'anni
dopo l'uscita del racconto, il poeta T.S. Eliot vuole porre come epigrafe al suo poema La terra desolata proprio una citazione
da Cuore di tenebra («The horror, the horror», le
ultime parole di Kurtz). Nella revisione
operata da Ezra Pound, l'epigrafe
viene tolta; ma nel 1925 un'altra frase di Conrad
introduce
Tutto questo compare nel film: Brando-Kurtz recita Gli
uomini vuoti (anche Dennis Hopper
dice alcuni versi, quelli famosi del finale, del mondo che finisce con un
lamento, non con un'esplosione). Su un tavolino vicino a
Kurtz la macchina da presa inquadra quattro libri, la
Bibbia, un volume (non si sa quale, forse potrebbe essere il Faust) di Goethe, e poi Il ramo d'oro di James
Frazer e Indagine
sul Santo Graal di Jessie
Weston, i due testi di antropologia che avevano
permesso a Eliot di rileggere Cuore di tenebra come una versione moderna della quest del Graal: Kurtz è il Re Pescatore, a
cui è stata sottratta la sacra coppa. È ferito, malato (è pazzo) e questo ha
reso desolata
Ranieri Polese
Corriere
della Sera di mercoledì 21 giugno 2006