NON UCCIDERE
Mi propongo di chiarire il significato storico e il significato attuale dell'obiezione di coscienza. Parto dalla
definizione piu' generale: l'obiettore di coscienza e' colui che rifiuta
incondizionatamente la guerra.
Si badi: incondizionatamente, cioe'
senza condizioni. In altre parole: e'colui che non
accetta nessuno dei tentativi che sono stati fatti per giustificare la guerra.
Si dira': nulla di nuovo. Tutti
condannano
Guardiamo la storia, la storia della
nostra civilta' cristiana, illuministica, umanitaria.
Abbiamo sempre giustificato
proprio perche' c'e' sempre stata. E, del resto, come
e' possibile resistere alla tentazione di dare una giustificazione di
quello che e' un elemento costitutivo, essenziale, della nostra storia? Poiche' parte della storia e' storia
di guerre, se noi non riuscissimo a giustificare la guerra, la storia
ci apparirebbe o come un
immenso errore o come una assurda follia. Per non dover credere che la storia
umana sia una storia sbagliata o assurda, filosofi, moralisti
e teologi hanno dovuto giustificare la guerra.
E' stata giustificata in tanti modi. Ne
indico quattro.
Anzitutto con la distinzione, accolta per alcuni secoli
dalla teoria del diritto internazione, tra guerre giuste e ingiuste. Si dice: non tutte le guerre sono uguali; vi e'
guerra e guerra. Alcune guerre sono un male, altre non lo
sono. Sono un male, per esempio, soltanto le guerre di conquista, non le
guerre di difesa.
Seconda giustificazione: la guerra e' un
male minore. Tutte le guerre sono un male, ma vi possono essere malanni
peggiori della guerra, la perdita della liberta',
dell'onore nazionale, della fede avita. Qui siamo di fronte a
un conflitto di valori. La guerra rappresenta solo la negazione di un valore,
quello della pace. Ma la pace e' il valore supremo?
Non vi sono altri valori piu' alti della pace? La liberta', la
giustizia, l'onore, la religione?
Terza giustificazione: la guerra e' un
male (non si dice se maggiore o minore, e non si fa piu'
un confronto con qualche altro valore) ed e' un male necessario. Necessario perche' senza guerra non c'e'
progresso, non c'e' sviluppo storico. La storia procede per affermazioni
e negazioni: se non ci fosse la negazione, non ci
sarebbe neppure l'affermazione. E' la concezione dialettica della storia,
oppure la concezione della guerra come molla del
progresso. Il pacifista Kant aveva fatto l'elogio
dell'antagonismo e della guerra. Chi volesse raccogliere un bel florilegio di elogi della guerra come momento necessario dello sviluppo
storico, non avrebbe che l'imbarazzo della scelta.
Quarta giustificazione: la guerra non e'
ne' un bene ne' un male. E' un fatto. Essendo un fatto, e'
quello che e'. Non si discute: lo si accetta. Fa parte
del nostro destino o se volete, del disegno della provvidenza. Anche Croce si inchinava alla tremenda maesta'
della guerra, e l'immanentista
Gentile la chiamava "dramma divino". Se la guerra e' inevitabile, non possiamo far nulla contro di essa.
Magari non provocarla, ma quando scoppia per ragioni imprevedibili e
insondabili, bisogna fare il proprio dovere.
Riflettiamo su questa frase: fare il proprio dovere. Fare il
proprio dovere significa in questo contesto accettare
il proprio destino, accettare la condanna di essere uomini.
Ho voluto soffermarmi brevemente sulle principali ideologie della
guerra, perche' solo cosi' entriamo nel vivo del problema agitato dagli obiettori di coscienza.
In termini generali, si puo' dire
che l'obiettore di coscienza e' colui che non accetta in principio nessuna di
queste, e di altre possibili giustificazioni. L'obiettore di coscienza e' colui che, affermando che la guerra e' violenza e che la
violenza e' un male assoluto, conclude che la guerra e' un male assoluto.
Primo: per l'obiettore non vi sono guerre giuste e ingiuste. E la guerra di difesa? Anche la guerra di difesa e' violenza. E poi chi ha il diritto di distinguere la
guerra di offesa da quella di difesa? Esiste nella
storia dei rapporti tra gli stati l'innocente? Chi e' stato il primo colpevole? Chi sara'
l'ultimo innocente? O non e' forse vero che la ferrea
catena di guerre, in cui consiste la nostra storia, ci rende impossibile
risalire alla prima radice del male? E allora non
bisogna spezzare questa catena? Ma per spezzarla
occorre pure che qualcuno cominci. L'obiettore di coscienza e'
colui che dice: comincio io, e accada quel che deve accadere.
Secondo: la guerra non e' un male minore;
e' puramente e semplicemente un male. Non bisogna fare il male, ecco tutto. E
poi non e' il male minore, perche'
tutti i mali si generano dalla violenza. E non vi e'
bene che possa essere barattato con la perdita della pace, perche'
la pace e' la condizione stessa del fiorire di tutti gli altri valori.
Terzo: la guerra non e' un male
necessario. Puo' ben darsi che, dopo la guerra, la storia umana faccia un passo
innanzi. Ma quanti ne ha fatti indietro per
causa della guerra? Tanto orrenda e' la situazione di
guerra, che, tornata la pace, ci sembra di aver fatto un passo innanzi. Ma come possiamo sapere quale sarebbe stato il destino
dell'uomo se non ci fossero state guerre? Come possiamo saperlo se le guerre ci
sono sempre state? Come possiamo paragonare il progresso storico attraverso le
guerre col progresso storico attraverso la pace, se
sino ad ora l'umanita' ha conosciuto soltanto il
primo e non anche il secondo di questi due corsi?
Quarto: la guerra non e' un fatto
inevitabile. Dipende da noi, dalle nostre passioni che possiamo reprimere, dai nostri interessi che possiamo conciliare, dai nostri istinti
che dobbiamo correggere e frenare. Se abbiamo saputo
eliminare le guerre tra individui, tra comuni, perche'
dovrebbe continuare a sussistere la guerra tra gli stati? Perche',
dal semplice fatto che un evento e' sempre stato,
dobbiamo dedurne che sempre sara'?
Dov'e' scritto e chi l'ha scritto?
Ho voluto riassumere brevemente (e imperfettamente) alcuni eterni
motivi dell'obiezione di coscienza, perche' oggi ci
troviamo di fronte a una situazione nuova, a una vera
e propria svolta della storia umana, di fronte alla quale l'obiezione di
coscienza, il dir di no alla guerra, assume un
significato piu' attuale, piu' vasto, piu' universale. La situazione nuova e'
quella che e' determinata dalla corsa spaventosa verso gli armamenti atomici.
La situazione e' nuova, perche'
per la prima volta nella storia la guerra totale puo'
portare all'annientamento della vita sulla terra, cioe'
della storia stessa
dell'uomo. Ci vuole un certo sforzo
d'immaginazione per comprendere che questo puo'
accadere: ma questo sforzo dobbiamo farlo. Di fronte
all'evento possibile della distruzione della storia,
ogni giustificazione della guerra diventa impossibile. Siamo in una condizione
in cui non possiamo piu' accettare
L'alternativa e' questa: o l'obiezione di
coscienza, nel senso di impossibilita' morale di
accettare la guerra, o la possibile distruzione del genere umano. Se vi paiono
un po' troppo apocalittiche queste mie considerazioni, vi invito
a ragionarvi su.
Primo: di fronte alla possibile catastrofe atomica non vi sono piu' guerre
giuste o ingiuste; una guerra, qualunque essa sia, che puo'
provocare la scomparsa della vita sulla terra, e' ingiusta.
Secondo: e' semplicemente stolto
considerare la guerra, che puo' avere una simile
conseguenza, come un male minore: non ci sono alternative possibili. Di fronte
alle guerre del passato puo' avere ancora un senso parlare di alternativa tra la pace e
la liberta', tra la pace e la giustizia, tra la pace
e l'onore. Ma di fronte alla guerra atomica, quale alternativa
potrebbe ancora concepirsi? O la liberta'
o il suicidio universale? Chi beneficerebbe di questa liberta'?
Terzo: la guerra non puo' piu' essere considerata come un male necessario, come uno
strumento di bene. Quale bene, se dopo non c'e' piu' nulla? La guerra atomica non e'
un mezzo per raggiungere qualche altra cosa, ma un fine, anzi, meglio, e' la
fine.
Quarto: la guerra non puo' piu' essere considerata come un fatto inevitabile, a meno che si accetti come fatto inevitabile (badate, inevitabile),
l'autodistruzione dell'uomo.
Forse qualcuno potrebbe considerare che con questa considerazione
io sia andato fuori tema. Ma
riflettiamo: obiezione di coscienza significa rifiuto di portare armi. Ora
quando nel concetto di arma rientra una bomba che, come
si legge nei giornali, ha da sola il potere esplosivo di meta'
di tutte le bombe gettate nell'ultima guerra, mi domando se il portar armi non
sia diventato un problema di coscienza non solo per l'obiettore che protesta in
nome della sua fede religiosa, ma per ciascuno di noi, in nome dell'umanita'. Obiezione di coscienza significa letteralmente
quella situazione in cui la nostra coscienza ci vieta col suo imperativo di compiere
un'ingiustizia. Se interroghiamo la nostra coscienza, non possiamo piu' rifiutarci di riconoscere che oggi - questa e' dunque la conclusione cui volevo giungere - siamo, almeno
in potenza, tutti quanti obiettori.
Norberto Bobbio
La non violenza è in cammino gennaio 2006