IN RICORDO DI GIORGIO SPINI

Puo' sembrare limitativo, ma non lo e', ricordare di Giorgio Spini in primo luogo il fortunato manuale scolastico di storia. Molte generazioni di studenti hanno un indubbio debito di gratitudine nei confronti di quel testo: per strano che possa sembrare a chi ha subito e introiettato le lagne infinite sull'egemonia della cultura di sinistra nell'Italia repubblicana, quel libro era, accanto a quello di Armando Saitta, l'unico testo che all'inizio degli anni Sessanta non riproducesse gli stereotipi del patriottismo nazionalfascista, in una scuola dove i testi d'obbligo erano ancora i manuali del ventennio, epurati delle lodi al duce e, talvolta, con una riverniciatura clericale. Nato nel 1916, Spini e' stato nella sua lunghissima vita studioso dell'eta' moderna, degli Stati Uniti d'America, del rapporto tra Risorgimento e origini del socialismo e del ruolo delle minoranze religiose nella storia italiana (tra le sue opere citiamo Autobiografia della giovane America: la storiografia americana dai padri pellegrini all'indipendenza, 1968; Cosimo I dei Medici, 1970; Architettura e politica da Cosimo I a Ferdinando I, 1976; Ricerca dei libertini. La teoria dell'impostura delle religioni nel Seicento italiano, 1980; Risorgimento e protestantesimo, 1989; Incontri europei e americani col Risorgimento, 1990; Barocco e puritani. Studi sul Seicento in Italia, Spagna e New England, 1991).

Antifascista per motivi religiosi ancor prima che politici, appartenente a quell'1,9 per mille (che e' anche il titolo ironico di una sua opera giovanile) di non cattolici censiti in Italia e perseguitati da Stato e Chiesa dopo il Concordato, era stato attivo nel Partito d'Azione tra l'8 settembre 1943 e il giugno del 1945, e aveva partecipato alla guerra di Liberazione con l'VIII Armata britannica, fino al congedo definitivo e al ritorno a Firenze.

Lucidissimo e combattivo fino all'ultimo, con una facilita' di memoria anche nel minimo dettaglio che colpiva chi lo avvicinava, aveva pubblicato di recente, con l'aiuto del figlio Valdo, un testo singolare per l'intreccio di documenti e vecchi scritti appartenenti al periodo della sua giovinezza,

dagli anni dell'universita' alle prime esperienze culturali e politiche, fino agli anni della guerra, intrecciati a riflessioni e commenti dettati dalla considerazione del tempo presente (La strada della Liberazione. Dalla riscoperta di Calvino al Fronte della VIII Armata, a cura di Valdo Spini, Claudiana edizioni, 2002, collana Liberta' e Giustizia, pp. 244, 19 euro).

Indimenticabile e' il racconto del sopralluogo alla Rocca di Caminate assieme alle truppe inglesi, alla ricerca vana di documenti significativi nella casa di Mussolini: "dappertutto si camminava su uno strato alto una trentina di centimetri, parte di fotografie del duce e parte di cianfrusaglie varie, di un cattivo gusto incredibile, esaltanti anch'esse il duce e le sue imprese. Mai in vita mia avevo visto qualcosa di altrettanto platealmente cafone, squallido e beota. E ancora oggi confesso di non essere riuscito a capire come facesse Mussolini a vivere circondato da fasci di proprie fotografie come un'attricetta del varieta' e da quintali di robaccia grottesca di quella specie. Tra quella marea di ciarpame che inondava completamente i pavimenti, non c'era nulla, assolutamente nulla, di quello che ci si potrebbe aspettare nella villa, non diro' di uno statista, ma di una persona di appena normale istruzione e buon gusto".

Sagge sono anche le riflessioni sul clima culturale di oggi in tema di fascismo e antifascismo: "Sembra quasi che la seconda guerra mondiale sia stata una rissa tra italiani, al termine della quale si possa dire che e' venuto il momento di riconciliarsi e di stringersi la mano. La verita' storica, invece, e' che... fu un'aggressione a dimensione planetaria, lanciata con fredda crudelta'".

Socialista non marxista, sempre ostile al comunismo, valutava in tutto il suo peso la lacerazione della guerra fredda, che aveva diviso il mondo uscito dalla guerra antifascista "a tal punto da far sembrare mutuamente incompatibili le componenti fondamentali della civilta' moderna: la liberta'

politica, religiosa, intellettuale da una parte e il progresso sociale, e quindi la lotta contro la poverta' e la sofferenza umana in ogni sua forma dall'altra". Con la guerra fredda alle spalle sarebbe ora possibile "riprendere tutti insieme il cammino del progresso umano". Tutti, fascisti compresi, "ma e' solo... sulla base di una condanna netta e senza equivoci di chi volle l'aggressione e dei suoi spregevoli collaboratori, che l'incontro senza rancore diviene possibile".

 

Gianpasquale Santomassimo

 

Il manifesto di domenica 15 gennaio 2006

 

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