IL RICERCATORE NON DEVE CEDERE

ALLA TENTAZIONE DELLO “SCOOP”

 

   Negli ultimi tempi si è assistito a falsi scientifici con l’occultamento di dati o la pubblicazione di risultati inventati di sana pianta o abilmente ritoccati.

   L’esempio forse più sorprendente è quello del coreano Hwang Woo-suk che ha realizzato una serie di “invenzioni” sostenendo di aver prodotto cellule staminali da embrioni umani da cui aveva derivato linee fatte su misura per trattare pazienti con gravi malattie. Il lavoro era stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Science e commentato da autorevoli ricercatori come la scoperta del secolo, un passo avanti fondamentale per l’utilizzo delle cellule staminali in terapia. Una commissione d’inchiesta ha successivamente stabilito che non c’era nulla di vero, ma non solo, Hwang Woo-suk aveva anche utilizzato la sua autorità per obbligare una sua collaboratrice a fornire ovuli.

   Recentemente Jon Sudbo ha pubblicato un lavoro sulla altrettanto prestigiosa rivista The Lancet, un interessante articolo che dimostrava come l’impiego di alcuni farmaci anti-infiammatori riducesse il rischio di tumori alla bocca. Una commissione della Università di Oslo ha poi stabilito che i 454 pazienti su cui l’Autore basava i suoi lavori erano “virtuali”! si possono aggiungere a questi casi gli scandali del rofecoxib, il farmaco anti-infiammatorio per cui si era taciuto il rischio di infarto miocardio o della paroxetina che veniva somministrata ai bambini pur sapendo da studi mai pubblicati che il farmaco era pressoché inattivo e anzi sembrava aumentare l’ideazione di suicidio.

   La tendenza ad “aggiustare” i dati delle sperimentazioni cliniche o di laboratorio non sembra essere così eccezionale se una inchiesta condotta fra ricercatori ha stabilito che circa il 30% ha confessato di essere ricorso a qualche seppur veniale trucco per mettere in una miglior luce i propri risultati.

   La domanda spontanea è: “cosa sta accadendo nel mondo della ricerca? Come è possibile che si possano fabbricare dei falsi scientifici? Non esistono controlli? Non c’è valutazione obiettiva dei meriti scientifici di un lavoro per pubblicazione?” la risposta può essere molto semplice: anche la ricerca scientifica è un’attività umana e come tale rispecchia la società in cui opera. In un’epoca in cui l’apparire è più importante dell’essere tutto può accadere. Anche le riviste scientifiche tendono a vendere il loro prodotto; la tentazione dello scoop è molto forte e di fronte a un articolo seducente che promette il passaggio di inesplorate frontiere si possono allentare i controlli per uscire con la notizia il più presto possibile.

   Le istituzioni devono acquisire una loro popolarità perché ciò può rappresentare un ritorno economico da parte del pubblico, delle fondazioni, dello Stato. Si cerca perciò di spingere anche sull’emotività. Non c’è scoperta che non si concluda con la considerazione che servirà a curare tumori, Aids, Parkinson e quant’altro; si giunge perfino a pubblicare sui giornali l’annuncio dell’intenzione di svolgere una ricerca o di aver preparato un protocollo per studiare un farmaco in una determinata malattia. La competizione è certamente utile, ma l’eccesso di competizione può generare molte falsità. Spesso si tratta di omissioni: non riportare un dato negativo, non sottolineare un effetto tossico può avere gravi conseguenze. In questo senso la causa è in molti casi un conflitto d’interessi: oggi esso deve essere dichiarato negli articoli delle riviste scientifiche, ma è così frequente che nessuno vi fa più caso.

   Certo siamo ben lontani da un ideale in cui, soprattutto in campo biomedico, vi sia una collaborazione per raggiungere l’unico fine che conta, quello di giovare agli ammalati. Troppe spinte di natura industriale, economica, carrieristica tendono a trasformare la salute in danaro, la ricerca in business, i farmaci in beni di consumo. Tutto ciò può farci perdere la fiducia del pubblico e orientarlo verso la medicina alternativa, la magia, i misteri. E’ responsabilità dei più anziani introdurre regole di maggior serietà, comportamenti più onesti, minori segreti e più collaborazione. Dipende da noi far sì che in futuro questi falsi scientifici non si ripetano fra i giovani che oggi si formano nei nostri laboratori.

 

Silvio Garattini

 

IlSole24ore Sanità del 14 febbraio 2006

 

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