EROE O SPIA, SILONE AL GIUDIZIO FINALE |
Ignazio Silone, chi era costui? L'abile manovratore di chi
cercava di manovrarlo, o un ambiguo doppiogiochista confidente dei fascisti?
Il personaggio pirandelliano che così è se vi pare,
conteso fra gli storici accusatori Biocca e Canali
e l'avvocato difensore Giuseppe Tamburrano? O
magari un semplice nome da inserire in un manifesto polemico, firmato da chi
«lo conosceva bene e può garantire che...» e osteggiato da chi «senza nulla togliere allo
scrittore...». Ma potrebbe scoccare domani, all'Aquila,
il giorno della verità. Lo promette la «giornata di studio» dal titolo perentorio, «Silone aveva
ragione», con Ottaviano Del Turco e il giornalista Aldo Forbice, presidente
della Fondazione che porta il nome dello scrittore abruzzese. E lo promette il numero abbondante, persino esagerato
degli interventi annunciati, da Antonio Landolfi a
Bruno Falcetto, da Alceo Riosa
a Piero Craveri, e poi Aldo Ricci, Mimmo Franzinelli, Ottorino Gurgo... DUELLANTI - Il clou
della giornata è fissato al pomeriggio. Perché sarà
allora che si troveranno a faccia a faccia, per la prima volta senza lo
schermo dei rispettivi libri e articoli, gli storici Mauro
Canali e Giuseppe Tamburrano. Iniziatore, il primo,
dell'ormai celebre j' accuse nei
confronti di Ignazio Silone, da lui considerato un
informatore schedato della polizia segreta fascista. Difensore
appassionato dello scrittore abruzzese, il secondo, disposto a scandagliare
gli archivi e confrontare le prove con la fiera determinazione di
demolire l'impianto d'accusa. I libri dei duellanti del resto sono già sul
tappeto, pronti per essere usati come munizioni: quello di Mauro Canali e
Dario Biocca Silone, i comunisti e la polizia, edito da Luni; il Processo a
Silone firmato da Giuseppe Tamburrano
per Lacaita. Tuttavia, come in
ogni sfida che si rispetti, il verdetto dipenderà dal confronto diretto sugli
argomenti, punto per punto. E si incrociano
già le armi. CHI AVEVA RAGIONE - Si comincia già dal titolo del convegno, quel Silone aveva ragione che dovrebbe sottintendere l'attualità
del suo pensiero, la natura antitotalitaria e il rifiuto - sia pure al
termine di un percorso individuale doloroso - del fascismo come del comunismo.
Soddisfatto Tamburrano sull'impostazione del
dibattito: «È centratissimo sul personaggio, perché
Silone ha avuto ragione più e prima di tutti. Mi
auguro che dalla sua terra tanto amata, l'Abruzzo, domani venga una parola di
verità». Dubbioso Canali: «Al titolo del convegno si
sarebbe dovuto aggiungere quanto meno il punto
interrogativo. Una formula dubitativa avrebbe rispecchiato meglio lo stato
attuale, problematico, degli studi su di lui. Né la perentorietà dell'affermazione riesce a cancellare
la realtà rappresentata dalla lunga collaborazione di Silone
alla polizia fascista». Quali rischi potrebbero nascondersi dunque nell'impostazione
del convegno? «Ha un titolo che tende a mettere le mani avanti, ad assolvere Silone ancora prima di dibatterne IL SENSO DELLA LETTERA - Ma eccoci a uno dei punti caldi: il
rapporto accertato fra Silone e l'Ovra, la polizia segreta fascista, fra l'aprile del 1928
e del '30. Tamburrano argomenta così: «Nell'aprile
del 1928 il fratello Romolo al quale Silone era legatissimo
venne arrestato con l'accusa di aver concorso a
determinare la strage della Fiera di Milano. Era destinato al plotone
d'esecuzione. L'accusa era falsa, ma il regime mirava al pesce grosso, a Silone, per cercare di farlo cadere nel tranello e
indurlo a collaborare, e Silone fece credere di
caderci. Fu per cercare di guadagnare tempo, potergli scrivere, mandare
soldi, insomma aiutarlo. E si prestò con lo
pseudonimo di Silvestri, forse già usato in precedenza nei rapporti tra esuli.
Ma non poteva durare all'infinito: o diventava una
spia o doveva smettere. Il 13 aprile 1930 scrisse all'ispettore dell'Ovra Bellone che conosceva, e
al quale si era rivolto due anni prima, e pose fine
a quel rapporto». Proprio da quella fatidica lettera parte invece Canali con
la sua tesi accusatoria: «Oltre a rappresentare la prova principe della
collaborazione alla polizia fascista, è fondamentale perché rivela in modo
inequivocabile che lo pseudonimo "Silvestri" nascondeva l'identità
di Silone. E inoltre rende
del tutto inverosimile la versione del collaboratore della polizia fascista
per soccorrere il fratello minore. Infatti, poiché il processo a Romolo venne celebrato nel maggio del '31, Silone
interrompendo il rapporto fiduciario con Bellone
nell'aprile del '30 avrebbe paradossalmente deciso di abbandonare il fratello
al proprio destino nel momento di maggior bisogno». LA COLLABORAZIONE - Rileggiamo
le relazioni dell'Ovra e scopriremo un'altra
verità, ribatte Tamburrano. Eccole:
«Diede a vedere di essersi pentito del suo atteggiamento antifascista...
mandando, disinteressatamente, delle informazioni generiche circa l'attività
dei fuorusciti. Ciò fece nell'intento di giovare al fratello». Più chiaro di
così, conclude Tamburrano.
Ma Canali: «Si cerca di limitare a
un arco di tempo il più breve possibile la collaborazione fiduciaria tra i
due. E così si ignorano ostentatamente i documenti
di evidenza schiacciante, come la lunga relazione autografa consegnata
personalmente da Silone nell'aprile del '23, e l'
altra inviata l'anno dopo da Marsiglia dal fiduciario Silvestri». Il fatto è,
secondo Tamburrano, che quello pseudonimo non è una
prova: «L'ignoto fiduciario ignora fatti politici che Silone
conosceva perfettamente, scrive nella forma tipica
del questurino, fa errori tipici sui nomi stranieri». Per cui, conclude, «autori di questi documenti sono persone
diverse. E soprattutto il confidente manda informazioni da luoghi nei quali Silone non c'è, ad esempio dalla
Francia mentre Silone è in carcere a
Madrid». Pronta replica di Canali: «Con la versione innocentista resta senza
risposta l'interrogativo: da dove poteva nascere, se non da un lungo rapporto
fiduciario, l'evidente intesa tra Silone, un
militante rivoluzionario comunista super ricercato, e un funzionario dell'Ovra, il cui compito avrebbe dovuto essere quello di
arrestarlo, e che invece lo andava a incontrare con
assiduità e di nascosto?». LO PSEUDONIMO - Siamo nel
cuore della disputa, ma esistono altri interrogativi. Se
dietro al misterioso pseudonimo «Silvestri» non si nascondeva Silone - chiede Canali - «chi era quella spia che poteva
riferire di riunioni ad alto livello in seno al Pci,
che fu così attiva per anni; una spia che, guarda
caso, si spostava nei paesi dove si recava Silone,
che smise di dare segni di vita proprio in coincidenza con la lettera di
addio di Silone?». Domanda invece Tamburrano: «Biocca e Canali
hanno sostenuto che gli originali con il nome dell'informatore sono negli
archivi della questura di Roma e non sono stati
versati nell'Archivio di stato. E se fosse, chi dice
che il nome è quello di Silone? Ma
non è vero perché la questura di Roma, ripetutamente interpellata, ha
risposto che negli archivi non ci sono carte con il nome Tranquilli o Silone». Una disputa che continua ormai
da dieci anni: soltanto il caso Dreyfus, osserva
maliziosamente Tamburrano, è durato di più.
Nemmeno Dario Fertilio Corriere della Sera
di venerdì 17 marzo 2006 |