IL MANIFESTO DEI PROGRESSISTI USA PER UN “CAPITALISMO DEMOCRATICO”

 

Un programma economico di Bob Rubin, l'ex ministro del Tesoro del presidente Bill Clinton, l'architetto del «miracolo» degli anni Novanta, potrebbe contribuire al successo dei democratici alle elezioni parlamentari di novembre. Il programma, una sfida alla «bushnomics», la politica economica del presidente George Bush, è stato presentato ieri dall'Hamilton Project, un gruppo di economisti diretto da Peter Orszag della Brookings Institution, di cui fanno parte anche altri due clintoniani, Roger Altman, l'ex vice dello stesso Rubin, e Laura D'Andrea Tyson, l' ex consigliere della Casa Bianca. Promette di diventare la piattaforma elettorale dei «neodemocrats», la sinistra moderata americana, anche nella campagna per la Presidenza del 2008, e fornisce motivo di riflessione a quella europea, italiana inclusa.

IL PROGRAMMA - Nelle parole di Rubin, oggi direttore del comitato esecutivo del Citygroup, il programma «traccia un corso economico diametralmente opposto a quello del regime corrente». Ammonisce che la «bushnomics» ha causato disuguaglianze sociali «che minacciano la stabilità del capitalismo democratico». E aggiunge che «la politica economica del presidente a beneficio dei pochi» arricchisce i ricchi, impedendo al Paese di realizzare tutto il suo potenziale. Il programma conclude che «per una crescita più forte e sostenibile occorre una base più ampia», ossia una maggiore ridistribuzione della ricchezza. Con un'economia in espansione di oltre il 3% annuo dal 2002 in poi e una disoccupazione al 4,8%, dati che fanno impallidire l'Ue e l'Italia, la protesta di Rubin può sembrare una forzatura di parte. Ma il programma del ministro del Tesoro poggia sui fatti: dal 2002, la media dei salari è diminuita in termini reali non aumentata, dal 1973 il reddito della famiglia media è salito solo dell'1% annuo, e i comuni hanno ridotto l'assistenza. A suo giudizio, i ceti medio e basso stanno peggio, non meglio che prima di Bush e urgono interventi in loro sostegno.

IL DEFICIT - La crescita sotto Bush, ricorda Rubin, è stata inoltre alimentata da un deficit annuo del bilancio dello Stato di oltre il 3% del Pil, quindi al di sopra dei parametri di Maastricht per l'Ue, e da un deficit dei conti correnti che nel 2005 ha superato gli 800 miliardi di dollari, un record negativo. Infine è al massimo storico l'indebitamento dei cittadini e sono al minimo i risparmi. L'America vive di finanziamenti dall'estero che prima o poi potrebbero cessare. Il manifesto dei nuovi democratici denuncia altresì l'appoggio incondizionato di Bush alla globalizzazione. Pur ribadendo la necessità di continuare ad ampliare i commerci e a sostenere la libera concorrenza, dichiara che lo Stato deve aiutare coloro che ne sono danneggiati, per esempio a causa dell'«outsourcing», la delocalizzazione dei posti di lavoro verso Paesi terzi. E propone misure per contenere l'invasione dei prodotti stranieri sottocosto, in particolare cinesi. Altman avverte che in caso contrario «si accentueranno le pressioni politiche per il protezionismo», pressioni che hanno indotto il Congresso ad opporsi alla cessione a Dubai dei servizi portuali americani.

IL WELFARE - L'Hamilton Project, cosiddetto da Alexander Hamilton, il primo ministro del Tesoro americano, ammette che alcuni oneri del Welfare State, compresi quelli pensionistici, sono eccessivi. Ma afferma che non possono essere ridotti senza che prima vengano rivisti i tagli fiscali di Bush, innanzitutto quelli sugli investimenti. Secondo Rubin, è la questione più importante: una ricerca ha accertato che i tagli hanno enormemente favorito il 2% più abbiente dei contribuenti. Rubin proclama che lo Stato ha perso troppi cespiti, a scapito di settori vitali come l'istruzione pubblica. Suggerisce uno «sforzo bipartisan» per un nuovo corso.

LA REAZIONE - I repubblicani, che dai sondaggi rischiano di perdere il controllo del Congresso a novembre, hanno reagito con furia. L'ex leader della Camera Newt Gingrich ha subito definito il manifesto «paradossale», una manovra elettorale della sinistra, «vecchiume liberal», e il ministro del tesoro John Snow ha ribattuto che gli sgravi delle tasse hanno rilanciato l'economia in crisi.

 

Ennio Caretto

 

Corriere della Sera di venerdì 7 aprile 2006

 

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