I RICCHI PIANGONO E
GLI OPERAI FISCHIANO
Nei
manuali di scienza politica delle società complesse c'è scritto che nella
primissima fase della legislatura un nuovo governo è bene che vari riforme incisive (in gergo, strutturali) anche a costo
di presentarsi come impopolare, ovvero di perdere quote di mercato
dell'opinione pubblica. L'esecutivo Prodi è riuscito
in un contro-miracolo: non ha avviato, o se preferite, ha procrastinato le vere
riforme ed è arrivato lo stesso a fare il pieno dell'impopolarità.
Il Nord
Est del lavoro autonomo è stato in queste settimane la spina dorsale delle
mobilitazioni di piazza del centrodestra e il Nord
Ovest operaio, con l'assemblea di Mirafiori, ha
riservato severe contestazioni ai tre leader sindacali di Cgil-Cisl-Uil.
Fischiati in quanto colpevoli di aver ceduto alle esigenze
del governo amico. Vicenza e Torino unite nella
protesta sono diventate l'asse dello scontento nazionale contro
La terza
disdetta per Prodi è di carattere più squisitamente politico. Avendo l'Unione una maggioranza parlamentare risicata, Prodi ha in
questi mesi abilmente allargato il perimetro della sua costituency
coinvolgendo forze esterne alle Camere, in primo luogo i sindacati che lo hanno
ripagato sostenendolo anche nei momenti più difficili. Dopo Mirafiori quest'appoggio non è affatto detto che resti inalterato, se non altro
perché le centrali sindacali saranno costrette a fare i conti con la base
scontenta. Il rischio, abbastanza evidente già in queste ore, è che la
contestazione dei leader confederali diventi la tomba
della cosiddetta Fase due, o perlomeno di uno dei suoi interventi qualificanti,
la riforma delle pensioni. Le prime dichiarazioni rilasciate da esponenti della
sinistra radicale paiono confermare questi timori. Il capogruppo dei Comunisti
Italiani a Montecitorio, Pino Sgobio,
ha proposto addirittura una nuova scala mobile, un meccanismo di indicizzazione automatico di salari e pensioni, come
segnale politico che il governo dell' Unione dovrebbe dare al nuovo «malessere
operaio». Se all'interno del governo qualche ministro
aveva coltivato l'illusione dell'ennesima riedizione della politica dei due
tempi, prima una Finanziaria per soddisfare Bruxelles e poi un pacchetto di
riforme capaci di avviare la crescita, purtroppo sarà costretto a ricredersi.
Gli errori della Fase uno stanno già ricadendo pesantemente sulla
gestazione della Fase due, compromettendola. Non a caso si racconta che
molte riunioni ministeriali terminino con quello che sta diventando un
imbarazzante refrain: «Sappiamo cosa si deve fare, ma
non possiamo». L'esecutivo ha rinviato le riforme ma
ha scontentato tutti La contestazione può vanificare l'intervento sulle
pensioni
Dario Di Vico
Corriere
della Sera di sabato 9 dicembre 2006