EDITORIALE
Con la fine del 2005 inizia anche il
periodo preparatorio alle elezioni per il Parlamento. Ci permettiamo in questa
sede di costruire un breve e sintetico elenco dei punti attorno ai quali
potrebbe svolgersi il dibattito preelettorale. Ogni forza politica farà le proposte che più ritiene opportune; ciò
che preoccupa è solo il disinteresse sui temi della salute e dell’assistenza;
sembra quasi che attorno a questi argomenti non si giochi molta parte della
nostra convivenza futura. Ma forse – preliminarmente
– dovremmo porci l’interrogativo sul perché salute e assistenza siano così
trascurati nel dibattito sui programmi: è responsabilità degli operatori che
nelle loro varie funzioni non hanno saputo far comprendere alla politica
l’importanza e il rilievo sociale e umano delle decisioni? Oppure
è un argomento così delicato, quando si esce dalle affermazioni retoriche, che
si preferisce sorvolare, per non scottarsi con una “patata bollente”?
Non rinunciando
al dovere di sottolineare i punti più critici per il
futuro del nostro sistema di protezione della salute, propongo al lettore
alcune indicazioni, tra le molte rilevanti in questo momento (alcune sono state
oggetto nel recente passato di articoli apparsi su “Tendenze”), senza però
entrare in considerazioni che potrebbero essere interpretate come di parte.
1. La regionalizzazione
del sistema sanitario italiano. Nell’ambito del grande e importante dibattito
sulla divisione dei poteri tra Stato e Regioni, è necessario indicare i confini
precisi di compiti e ruoli. Affidare alla Corte costituzionale la funzione di interprete di leggi poco chiare rallenta le decisioni,
sovraccarica impropriamente
2. Il potere reale delle aziende
sanitarie ed ospedaliere. Al di là della forma
giuridica, sarebbe necessario chiarire spazi e confini del direttore generale
rispetto alla Regione, uscendo dall’ambiguità di aziende che sono solo i
terminali periferici di un’unica realtà centralizzata. In quest’ottica
diventa irrinunciabile affrontare le problematiche connesse con il ruolo dei
Comuni.
3. Se si chiariscono politicamente i
primi due punti, gran parte dei problemi sul governo del sistema sarebbero superati, sia per quanto riguarda gli aspetti
macro di tipo programmatorio, sia quelli micro (impostazione dei bilanci aziendali, ecc.). Però, quali poteri restano a livello nazionale? Al di là delle scelte estemporanee dei singoli ministri, al
governo centrale dovrebbero essere affidati solo il controllo di regole
chiaramente definite (ovviamente meglio di quanto non sia avvenuto per i
livelli essenziali), l’adeguatezza tecnica (clinica) di farmaci e altri
strumenti di cura, la predisposizione di piani strategici per eventi straordinari
(vedi, ad esempio, l’organizzazione delle difese rispetto al rischio di
un’epidemia di influenza aviaria). I punti che seguono dovranno essere
collocati prudentemente in questa logica, evitando affermazioni di principio
che non producono alcun risultato, ma anche prese di posizione che non vengono accettate da chi dovrebbe renderle operative (le
Regioni). La storia del Piani Sanitari Nazionali ha
risentito di questa ambiguità, per cui (purtroppo!) hanno perso molto valore
non solo normativo, ma anche di indirizzo strategico.
4. Ricerca di base e applicata, sviluppo tecnologico e modernizzazione di
strutture e processi. E’ necessario dichiarare apertamente quanti investimenti
si decidono in questo ambito, essenziale per il
mantenimento degli attuali livelli qualitativi e per un paragone con le altre
realtà nazionali. Di fronte agli alti costi, alla velocità del progresso
scientifico-tecnologico, anche solo il mantenimento del livello attuale
rappresenta un obiettivo non facile. Si deve chiarire se l’Italia vuole
continuare ad essere un paese in prima fila per il suo sistema di cura
dell’acuzie, possibilmente estendendo in modo omogeneo a livello nazionale gli
stessi livelli qualitativi.
5. Attenzione alle cronicità, come
problema che investe una parte sempre più ampia della popolazione e che
richiede interventi soprattutto nella direzione di una reale continuità assistenziale. I servizi a rete dovrebbero essere ripensati
senza pregiudizi ideologici (o storici) e senza timori reverenziali per
nessuno. In quest’ottica è necessario porsi la domanda se la crescita del bisogno impone la
ricerca di nuovi finanziamenti per servizi (domiciliari e istituzionali)
dedicati alle persone affette da cronicità.
6. attenzione alle nuove malattie, in gran
parte determinate dai fenomeni migratori. Piani rigorosi di prevenzione specifica, ma anche richiamo alla collettività perché
comprenda che precarie condizioni di vita sono all’origine di molte vecchie e
nuove malattie.
Questi sono solo
alcuni dei punti di un’agenda ideale per il legislatore dei prossimi anni.
L’augurio è di un’attenzione non banale, perché oltre alla politica estera, quella economica e quella dell’istruzione, si dedichi sempre
più impegno alle politiche per migliorare le condizioni di salute della
popolazione. Non è un compito marginale rispetto alla costruzione di una
convivenza serena, in grado di affrontare problemi che continuano a sfidare,
sempre più numerosi, la nostra capacità di innovare e di progettare un mondo
che sappia assoggettare razionalmente la scienza e la tecnica al bene delle
persone che soffrono.
Tendenze nuove – 6/2005 nuova
serie