VERITA' E BUGIE SULLE CARCERI |
Chi governa, si
sa, non ama le critiche. C'è qualcuno però che per metterle
a tacere pensa che sia lecito negare ogni addebito e in sostanza
mentire: il ministro della Giustizia Castelli appartiene a questa non eletta
schiera. Era poco più di due mesi fa, infatti, il 29 dicembre dell'anno
scorso, quando, in risposta a un mio editoriale
critico delle condizioni delle carceri italiane, egli scriveva a questo
giornale una piccatissima lettera di risposta
(lunga almeno il doppio, secondo un tipico costume nazionale), nella quale,
oltre a sostenere il carattere malizioso e del tutto infondato delle critiche
suddette, frutto naturalmente della più colpevole disinformazione, assicurava
che sotto la sua guida l'amministrazione carceraria non aveva fatto che migliorare.
«Smettiamola - concludeva l' indignato Castelli - di
accreditare i nostri penitenziari come un inferno, smettiamola di eccitare
irresponsabilmente l' animo dei detenuti». Peccato che a dispetto di tanto
nobili intenzioni sia proprio il ritratto di un inferno quello che invece
emerge dai dati resi noti in un convegno organizzato l'altro giorno proprio
dal Dipartimento amministrazione penitenziaria del ministero cui sovrintende l'onorevole Castelli. Nelle carceri italiane sono ospitati
oltre 15 mila detenuti in soprannumero (un sovraffollamento mai registrato
nell'ultimo decennio), il 27 per cento di essi è
tossicodipendente, il 20 per cento è affetto da patologie del sistema nervoso
e da disturbi mentali; dal canto suo oltre il 20 per cento delle duemila e
800 detenute soffre di patologie tipicamente femminili come tumore dell'utero,
della mammella, ecc. A fronte di questi dati c'è quello stupefacente della
diminuzione della spesa sanitaria per ogni cittadino detenuto, passata da
poco più di 1.800 euro di dieci anni fa agli attuali 1.607 (cifra che è sì un
po' superiore a quella destinata a ogni cittadino libero, ma che quindici
anni fa lo era nella misura di più del doppio). Ma
non è solo questione di condizioni sanitarie o di sovraffollamento. Per
esempio è drasticamente diminuito rispetto all'anno
passato il numero dei detenuti iscritti a corsi professionali; di mille unità
circa è diminuito il numero di quelli che hanno la possibilità di lavorare,
mentre oltre il 63 per cento della popolazione carceraria italiana è tuttora
costretta, all'inizio del XXI secolo, a lavarsi con l'acqua gelida. Come
stupirsi se continua a contarsi ancora a decine il numero dei suicidi nelle
prigioni della penisola? Naturalmente questa situazione era la medesima anche
due mesi fa, quando il ministro Castelli, che pure
non poteva non esserne a conoscenza, scriveva al Corriere che nel suo
dicastero, per carità, tutto andava per il meglio o quasi. Non solo, ma
arrivava a dipingersi come la povera vittima della solita stampa superficiale
e calunniatrice. Proprio in questo tentativo di nascondere la gravità di
grandi questioni nazionali (nessuno è così sciocco da credere che il disastro
delle carceri italiane sia cominciato con il governo Berlusconi),
proprio in questa costante tendenza ad abbellire la realtà con le chiacchiere
prendendosela con chi non sta al gioco, proprio qui, forse, sta la maggiore manifestazione del dilettantismo della
classe politica e di governo che il centrodestra ha messo in campo.
Dilettantismo di chi si ostina a pensare alla cosa pubblica come a una sorta di palcoscenico dove ciò che conta non è la
serietà, magari anche sgradevole, dei comportamenti e dei provvedimenti, ma
il «fare bella figura», e di chi, come l'onorevole Castelli, non si è ancora
accorto, alla sua età, che le bugie hanno invariabilmente le gambe corte. Corriere della Sera
di venerdì 3 marzo 2006 |