SCONTI IN FARMACIA A
GEOGRAFIA VARIABILE
Non
bastava l'odissea dei ticket, che in sette Regioni resistono
e in 13 sono stati cancellati. Non bastavano i viaggi della speranza (verso il
Nord) in cerca di quelle cure che sotto casa non si trovano.
Nello sgangherato federalismo all'italiana, ha fatto il suo esordio un nuovo (cattivo)
esempio del diverso accesso degli cittadini ai costi
delle prestazioni sanitarie: gli sconti, facoltativi, sui farmaci da banco
praticati nelle farmacie.
Sconti —
fino al 20% — che infatti cambiano sensibilmente da un
capo all'altro del Paese: da un valore medio massimo del 16,67% a Trento a
quello minimo del 5,19% in provincia di Latina. Ma con
altre diversità ancora: il valore dello sconto medio per mille abitanti va dai
680 euro in provincia di Modena ai 16 euro di quella di Catania. Come stare
sulle montagne russe.
Fortemente
voluta dal ministro Storace (« per difendere il potere d'acquisto degli
italiani ») , e a lungo osteggiata dai farmacisti, la
legge ( n. 149 del 2005) sugli sconti dei farmaci da banco sta producendo i
primi effetti. Lo dicono i dati trasmessi dalla rilevazione di Federfarma che ha toccato, in gennaio, 11.913 esercizi su
16.800.
Una
rilevazione elaborata per provincia e che coinvolge tutte le Regioni. I dati
danno un primo significato dell'operazione: lo sconto medio è stato del 10%
(9,99% per l'esattezza) con un risparmio su base annua per i
cittadini calcolato in 233,184 milioni. Circa 4,09 euro per italiano. Ma il trend è destinato a crescere, sono sicuri i farmacisti
privati di Federfarma. Si vedrà.
A
spulciare nella massa dei dati si trovano parecchie diversità di comportamento
da un capo all'altro d'Italia. La percentuale unica di sconto su tutti i
prodotti viene praticata dall'81,9% delle farmacie, la
percentuale diversa (tra Otc e Soap) nel 15,7%, la
percentuale unica su una sola lista di prodotti diversi dal 2,4% degli
esercizi. Ed è dal valore dello sconto medio sulla
modalità più seguita (la percentuale unica) che emergono le differenze: sono 44
le Province (sulle 86 censite) che praticano abbattimenti pari o superiori allo
sconto medio del 10 per cento.
Tagli dei prezzi più alti a Trento (16,67%), a Bari (14,54), Livorno (13,54), Sassari (13,31) Caserta (12,22); molto più
contenuti a Latina ( 5,19%), Nuoro (5,93) o Isernia (5,81).
Ma la
lettura dello sconto " federalista" sui farmaci da banco, può essere
fatta anche considerando il valore per mille abitanti: la provincia di Modena,
come detto, è in testa con 680 euro, seguita da Genova (660), Alessandria (644),
Pescara (584) e Ferrara (547); all'estremo opposto ci sono le province di
Catania (16 euro), Caserta (23), Nuoro (25), Caltanissetta
(26) e Brindisi (30).
Ma la
partita è ancora apertissima.
Anche perché sulle farmacie s'è aperto in questi mesi un confronto
serrato. Gli
affondi dell'Antitrust si ripetono da tempo: sulla vendita nei supermercati,
sull'ereditarietà e titolarità dei presidi, sulla cosiddetta " pianta
organica". All'attacco c'è poi
Trovando
però (sia Antitrust che Ue) porte sbarrate dal
ministero della Salute. E i consumatori, come i « liberi farmacisti » (i non
titolari), sono all'attacco dei farmacisti padroni. Per non dire del fronte apertissimo della vendita delle
farmacie comunali.
Finita
sotto assedio, Federfarma ha preparato la sua
strategia difensiva.
L'aumento
degli sconti è uno strumento. Come la nuova campagna che dice come e quanto
«farmacia è bello ». Significativamente, l'ultimo manifesto uscirà il giorno prima delle elezioni, l' 8 aprile, per domandare (
ai partiti?): « Di che partito è la salute? ». Non faremo farmacie bazar ma solo di servizio, giurano i farmacisti privati. E
aprono le porte a qualche modifica: a cominciare da quella sull'ereditarietà.
Basterà?
Roberto Turno
Da Il
Sole-24 Ore di venerdì 3 marzo 2006
Il cosiddetto
mercato, auspice lo sgangherato federalismo di cui parla lodevolmente Turno, ha
invaso anche l’assistenza farmaceutica. Così ci sono alcune regioni dove il
cittadino è più cittadino che in altre.