ANNUS HORRIBILIS PER
LA LIBERTA’ DI STAMPA
Il “punto della
situazione” è il peggiore da dieci anni a questa parte. In Iraq negli ultimi
tre anni, a partire dal marzo 2003 sino al dicembre
2005, sono stati uccisi 76 tra giornalisti e assistenti dei mezzi
d’informazione, più di quanti ne siano morti in vent’anni
di guerra in Vietnam. Omicidi, minacce, arresti e censure hanno dato,
nell’ultimo anno, filo da torcere alla libertà di
stampa in tutto il mondo: 63 giornalisti e 5 tra operatori e assistenti sono
stati assassinati, 807 sono stati arrestati, 1308 sono stati pesantemente
minacciati e/o aggrediti e 1006 sono stati censurati.
Così Reporters sans Frontiers denuncia, come ogni anni
da più di vent’anni, le forti aggressioni che hanno
colpito i giornalisti che non si sono voluti piegare alla verità più
conveniente da divulgare. Le zone più “calde” sono, senza dubbio, le grandi
dittature ed i teatri di guerra: aumentano le morti,
le minacce e le censure, evidentemente divenute molto più persuasive delle
incarcerazioni, che difatti sono in calo.
Tanti, troppi
giornalisti uccisi mentre facevano il loro lavoro di
testimoni e di divulgatori o perché esprimevano le loro opinioni, e in nessun
caso si sono visti funerali di Stato.
Questo appena trascorso è stato l’anno
peggiore dal 1995, anno in cui vennero ammazzati ben
64 tra giornalisti, tecnici operatori o assistenti, 22 dei quali in Algeria.
I nemici sono
quelli di sempre e sono tutti coloro che temono di operare alla luce del sole:
trafficanti, che si occupano di armi, droga o esseri
umani, uomini d’affari e politicanti, che finanziano colpi di Stato o che fanno
affari d’oro con le guerre. Senza dimenticare i tragici errori che, ad esempio,
può commettere un carro armato colpendo a cannonate un
albergo gremito da troupe televisive armati di obbiettivi e pellicole.
In Messico sono
stati assassinati due reporter che investigavano sul racket del petrolio e il
traffico della droga, nella Repubblica Democratica del Congo
si trattava di traffici di armi ed anche lì c’è stato un morto, anzi due. Nel
rapporto, oltre alle uccisioni, si parla anche di aggressioni
fisiche, di reati d’opinione, 91 tra Cina, Cuba, Corea del Nord ed Etiopia – e
di controllo di internet, 70 cyber-dissidenti
attualmente sono in prigione.
Bangladesh, Cina, Etiopia, Corea del Nord, Cuba, Iran, ma
anche Stati Uniti e Russia e Italia sono ai gradini più bassi della classifica
della libertà di stampa, a causa sia dei regimi totalitari che governano alcuni
di questi paesi, sia per effetto delle drastiche
misure antiterrorismo adottate dopo l’11 settembre.
In Africa, Sierra
Leone, Congo, Somalia ed altri anche del Sud America,
Messico, Colombia, Brasile, le repressioni armate da parte di gruppi
paramilitari spesso governativi, sono molto frequenti.
Il prezzo da
pagare per i diritti di parola, stampa, pensiero ed opinione, diviene sempre
più drasticamente alto e le indagini, quando vengono
avviate, (il Rapporto non trascura nemmeno questo aspetto), sono spesso
inconcludenti, solo in rarissimi casi si è arrivati alla cattura del colpevole
e del mandante.
Il Rapporto può
essere scaricato in formato pdf dal sito www.rsf.org.
Saverio Di Luca
Ragioni socialiste anno XII n. 1 gennaio 2006