Bonolis, prediche e affari
Il ritorno di Paolo Bonolis a
Mediaset è una di quelle non notizie che fanno molto rumore. Non notizia perché
tutti sapevano che sarebbe finita così. Si trattava solo di mettere a punto
qualche dettaglio. A proposito di dettagli, si può dire di no a 45 milioni di
euro, 90 miliardi del vecchio conio? Si può chiedere a un conduttore
televisivo, per altro molto bravo, di farsi carico della missione del Servizio
pubblico? Si può tentare di fermare un numero uno offrendogli soprattutto
«opportunità editoriali del massimo prestigio»? Bonolis ha fatto i suoi conti e
ha scelto di tornare a Cologno Monzese; del resto, in tv, tutti fanno i loro
conti. Trovarne uno che anteponga principi, ideali, aspirazioni insomma quelle
cose lì è veramente difficile. Ma ve li ricordate gli insulti in diretta con
Antonio Ricci? Il «vergognati» in primo piano? Non era mai successo che due
programmi del prime time si facessero la guerra in un modo così diretto e
violento; e dire che la materia del contendere, apparentemente, era ben poca
cosa. «Striscia» aveva smascherato alcune bagattelle facendole passare per
truffe clamorose e «Affari tuoi» si era difeso smontando le incriminazioni e
accusando la trasmissione rivale di diffamazione. Credevamo che in gioco ci
fosse l' onore, c' era solo l' audience. E dietro l' audience, i milioni di
pubblicità persa, i contratti da ridiscutere, gli spot da riprogrammare.
Insomma, la famosa lite fra Ricci e Bonolis era un incontro di wrestling, dove
i lottatori fingono di picchiarsi brutalmente, con gesti eccessivi. Quando
rivedremo Bonolis condurre «Striscia» capiremo che l' etica, la dignità, il
moralismo sono sciocchi privilegi che solo i poveri di spirito possono ancora
permettersi. Però Bonolis è bravo, forse il più bravo fra i conduttori.
Descritto ora come furbo ora come camaleonte ora come re taumaturgo del niente,
è quello che si è inventato un linguaggio coltamente maccheronico per stordire
lo spettatore e avvilupparlo nelle sue spire. Il resto è dietrologia. Certo, se
poi qualcuno pensa che Mediaset sia l' unica azienda italiana che sta veramente
a cuore al presidente del Consiglio non sapremmo come dargli torto. Bonolis
faceva paura non perché allestiva sondaggi domenicali con cui irridere Silvio
Berlusconi al grido di «Basta!» ma perché con «Affari tuoi» aveva scassinato la
cassaforte di «Striscia». Ora è tornato a casa. Auguri! C' è solo da sperare
una cosa. Che ci eviti quelle prediche che lui chiama «Il senso della vita»,
quei frammenti, quelle citazioni, quegli aforismi che dovrebbero farci
riflettere, porci «la domanda delle domande». Sappiamo cosa muove il mondo:
ieri il vecchio conio, oggi il nuovo. Il mondo creato dai procuratori, dai
Lucio Presta, dai Lele Mora, dai Beppe Caschetto. C' è una battuta di Totò che
Bonolis ama ripetere: «La realtà delle cose è questa, queste sono cose reali.
Poi con le supposizioni uno può andare e camminare dove vuole, può volare in
cielo con le supposizioni, ma la vita è fatta di cose reali e di cose supposte.
Se le reali le mettiamo da una parte, le supposte... dove le mettiamo?». Capito
il senso della vita? Con il ritorno del figliol prodigo Mediaset recupererà
audience e investimenti pubblicitari e la Rai, con la fresca nomina dei
consiglieri di amministrazione, sarà ancora il bottino privilegiato dei
partiti, al massimo con la finzione giuridica di separare le attività
finanziate dal canone da quelle pagate dagli spot. Bonolis insegna che si
possono condividere le posizioni del nemico, restando fedeli alle proprie.
Aldo
Grasso
Corriere della Sera di mercoledì 18
maggio 2005