IN RICORDO DI FRANCA ONGARO BASAGLIA
Con la morte di Franca Ongaro Basaglia, giovedi'
a Venezia, se ne va una figura di riferimento di tutte
le battaglie civili e culturali che hanno investito l'istituzione psichiatrica,
cercando un nuovo senso comune su follia e ragione, salute e malattia,
eguaglianza e diversita', diritti e bisogni.
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Se la
societa' italiana degli anni '60 ha cominciato a girare lo sguardo verso le
centomila persone recluse nei manicomi, se la democrazia italiana ha potuto
guardarsi e giudicarsi a partire dalla condizione dei malati di mente e di
quanti patiscono forme analoghe di esclusione e discriminazione, se il processo
di costruzione della cittadinanza ha potuto avanzare nel nostro paese mediante
il principio che un trattamento sanitario non puo' sospendere ne' offendere
diritti e dignita' delle persone, tutto questo lo si deve in modo speciale
all'impulso di un gruppo di intellettuali, e di Franca Ongaro Basaglia tra
questi, che hanno cominciato a pensare, studiare, fare ricerca in modo nuovo e
diverso rispetto alla cultura scientifica dominante. Intellettuali che si sono anche assunti la responsabilita' di mettere alla
prova dei fatti, cioe' della pratica sociale e dell'azione politica, le proprie
scoperte e le ipotesi che andavano formulando. Quel gruppo iniziale ha poi
"fatto scuola" e ha stimolato, nel rapporto con i movimenti degli
anni '70, la crescita di generazioni di intellettuali
e di operatori che hanno proseguito il lavoro di ricerca e di innovazione
sociale, di culture professionali, di un nuovo diverso senso comune su follia e
ragione, salute e malattia, eguaglianza e diversita', diritti e bisogni, e
infine anche di un modo diverso di concepire il rapporto tra il lavorare, il
vivere e il fare politica.
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Ripensando oggi a tutto questo attraverso la vita
di Franca Ongaro Basaglia - il piccolo gruppo di Gorizia, il composito
movimento che scosse le istituzioni psichiatriche in tutta Europa e che in
Italia provoco' la riforma del 1978, la "legge
180", gli anni difficili in cui la riforma psichiatrica nonostante tutto
prendeva corpo e si radicava - si ha la sensazione di una estrema lontananza e
di una straordinaria attualita'. Quel tempo in cui la distruzione del manicomio
era parte della lotta per rendere piu' sostanziale la democrazia
e piu' reali i principi della Costituzione puo' sembrare infatti
lontanissimo, oggi che la politica dominante pensa che la Costituzione sia un
arnese obsoleto e che la democrazia sia un rito fatto di deleghe e plebiscito.
Ma se guardiamo a Cos'e' la psichiatria (1967),
sentiamo semmai profetiche le analisi sui processi di "psichiatrizzazione
della vita" promossi dalle multinazionali del farmaco, cosi' come i
Crimini di pace (1975) di oggi ripropongono il problema degli "intellettuali
e dei tecnici come addetti all'oppressione", e carichi quindi di una
responsabilita' politica che persone come Franca Ongaro Basaglia ci hanno
insegnato a riconoscere e agire.
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Nelle prime pagine di un
libro per ragazzi, Manicomio, perche'? (1982), Franca Basaglia descrive le sue
prime visite nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, dove era arrivata nel 1962,
giovane moglie di uno psichiatra colto e inquieto,
Franco Basaglia, che dopo tredici anni passati in clinica universitaria a
Padova coltivando un eccentrico e impopolare orientamento fenomenologico, aveva
fatto la scelta rischiosa, e anche un po' polemica, di andare a lavorare nel
manicomio pubblico di una piccola citta' di periferia. Quell'incontro
con la realta' estrema del manicomio dirotto' la vita di Franca Basaglia non
lasciando piu' spazio alla vocazione letteraria che anche tra gli impegni della
famiglia aveva continuato a coltivare. Aveva scritto infatti il testo di una bella edizione dell'Odissea, Le avventure di Ulisse,
con i disegni e i colori dell'amico Hugo Pratt, uscita a puntate sul
"Corriere dei Piccoli", per il quale aveva scritto anche alcune
favole e una riduzione del romanzo di Louise May Alcott, Piccole donne. Le
immagini con cui Franca Basaglia ricorda il suo
impatto col manicomio mostrano grande dimestichezza con i meccanismi
istituzionali e grande abilita' nel cogliere i giochi di potere, e
decodificarli, attraverso i dettagli e i riti della quotidianita', attraverso
il linguaggio dei corpi, degli oggetti, degli spazi. Questa particolare "cultura
dell'istituzione" era in un certo senso causa ed effetto del rapporto con la cultura anglosassone della
"Community Therapy". Tra l'altro, Franca Basaglia
era stata nel 1963 a Digleton, in Scozia, da Maxwell Jones, dove aveva potuto
osservare da vicino quel primo esperimento di comunita' terapeutica.
Quasi subito pero' il gruppo di Gorizia aveva preso le distanze dall'esperienza
anglosassone, esplicitamente lo fece in un testo che usci' nel 1967, con un
titolo coraggioso e diretto: Che cos'e' la psichiatria? In quel volume
collettivo, che nella prima edizione portava in copertina un autoritratto di
Hugo Pratt in divisa da internato, destinato a diventare una sorta di logo del
movimento anti-istituzionale, Franca Basaglia commentava, ma per meglio dire spiegava
a uso degli psichiatri, il saggio "La carriera
morale del malato di mente" del sociologo americano Erving Goffman, in
realta' un capitolo del suo piu' vasto lavoro Asylums, che Franca Basaglia
stava traducendo per la prima volta in Italia e che usci' nel '68, seguito nel
'71, dalla traduzione del Comportamento in pubblico. Questi lavori su Goffman
fanno parte di un impegno di lavoro che in quegli anni
tra il '66 e il '70 comincio' a diventare vorticoso. Franca Basaglia partecipo'
al lavoro di Gorizia e contribui' a quel testo straordinario che e' L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale
psichiatrico (1968), libro ancora oggi coinvolgente perche' in quelle pagine le
parole hanno la potenza delle cose che accadono, di una
trasformazione che le parole descrivono e producono.
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L'istituzione negata riusci' a conquistare, su un
argomento cosi' specialistico e fino ad allora
marginale, un pubblico vasto e variegato, anche se probabilmente all'epoca fu
piu' amato che capito. La denuncia di quelle che venivano
definite "le istituzioni della violenza" e la scelta di negare con
l'istituzione manicomiale il ruolo oppressivo e il potere che essa offriva, non
ponevano in prospettiva relazioni finalmente liberate, luoghi compattamente
"anti", rivoluzioni risolutive. Nel suo contributo intitolato
"Rovesciamento istituzionale e finalita' comune",
Franca Basaglia anticipava temi che le furono sempre cari e su cui avrebbe
lavorato negli anni successivi: "Mettere in questione i ruoli
istituzionali induce una problematizzazione della situazione, una messa in
crisi generale e individuale insieme" nella quale si oscilla continuamente
"tra il bisogno di un'autorita' che elimini o diminuisca l'ansia prodotta
dalla dimensione in cui l'intera istituzione tende a muoversi, la responsabilizzazione,
e il bisogno di conquistare una liberta' che pero' passa inevitabilmente
attraverso la conquista della propria responsabilita'. Questo vale per i malati
e vale per i medici". La prospettiva non poteva
(e non puo') essere "una semplice democratizzazione di rapporti,
che rischierebbe di riproporre i ruoli e di simulare una fine della
diversita'", ma una continua ricerca che "non presume di risolvere i
conflitti ma di affrontarli a un altro livello".
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Il conflitto come necessita', la diversita' come
ricchezza: in questa ottica Franca Basaglia avrebbe
cominciato a lavorare anche su quella che avrebbe costituito una trama della
sua vita: il rapporto tra uomini e donne. L'inizio, come lei racconta nel libro
Una voce, era stato emblematico: aveva scritto nel '67
un articolo "un po' sfasato rispetto alla politicita' del momento, sulle
difficolta' del rapporto privato uomo-donna". L'articolo venne pubblicato
su "Che fare?", una rivista importante degli
intellettuali critici milanesi con cui il gruppo goriziano collaborava;
ma la redazione si dissocio' con un titolo inequivocabile: Confessione
sbagliata. Per alcuni anni Franca Basaglia non scrisse piu' sulla questione
femminile, certamente a causa del grande impegno che le richiedevano i temi della
psichiatria e nel movimento crescente: Psichiatria Democratica esordi' nel '74,
nel frattempo c'erano state le dimissioni drammatiche
da Gorizia per i dissensi con l'amministrazione democristiana, la breve e
difficile parentesi di Parma, dove Basaglia era stato chiamato da
un'amministrazione di sinistra che, nonostante le mediazioni dell'assessore
Mario Tommasini, entusiasta e amico, non aveva retto l'impatto con un lavoro di
deistituzionalizzazione il cui stile era troppo "giacobino" per i comunisti
emiliani. E c'era poi stato l'avvio dell'esperienza di
Trieste, dove Franco Basaglia avrebbe lavorato fino al `79. In quegli
anni, la grande casa di Venezia dei Basaglia era
continuamente attraversata dalle persone e dalle occasioni piu' diverse: i
figli Enrico e Alberta crescevano tra discussioni fino a notte e riunioni nei
fine settimana, sempre intense, a volte conflittuali, spesso allegre, con poca
distinzione tra vita privata e pubblica, tra compagni di lavoro e amici di
tutte le eta'. Franca Basaglia era un punto di riferimento
fondamentale di tutto questo progettare e realizzare, con un suo stile insieme
aristocratico e affettuoso, anticonformista e accogliente.
*
Anche il suo rapporto con il
marito era attraversato dalle trasformazioni sociali che loro stessi stavano
trainando. Nel 1980, quando Franco Basaglia era morto da
poco, lei scrisse in un breve testo che fa parte di
Una voce: "ora che la mia lunga lotta con e contro l'uomo che ho amato si
e' conclusa, so che ogni parola scritta in questi anni era una discussione
senza fine con lui, per far capire, per farmi capire. Talvolta era un dialogo. Talvolta l'interlocutore svaniva, e io restavo
sola, sotto il peso di una verita' che si riduce a
un'arida resa dei conti con il bilancio in pareggio, se l'altro non la fa anche
sua". Nel '77 Franca Basaglia riprese a scrivere sulle donne, e tra i suoi
molti lavori si dedico' alla introduzione di un libro
che avrebbe segnato un momento importante della battaglia culturale nel nostro
paese, Un processo per stupro (Einaudi, 1979), resoconto di un processo che si
era svolto a Latina nel 1978 e che, registrato e mandato in onda, aveva
mostrato il gioco del dibattimento che trasforma la vittima in imputata, con le
madri a difendere i figli stupratori e quella che Franca Basaglia defini'
"l'atmosfera da caserma" che avvolge il tribunale in una complicita'
tutta maschile. Poi, nel 1983, accetto' la candidatura al Senato, dove avrebbe
lavorato per due legislature, sino al 1992, nel gruppo della sinistra indipendente,
occupandosi di temi diversi (trapianti, bisogni e consumi sanitari,
tossicodipendenze, carcere, violenza sessuale) ma ricoprendo, com'era logico, un ruolo leader nella battaglia parlamentare per
l'applicazione della legge di riforma psichiatrica. Il suo impegno, e
certamente il suo successo principale, sta nel disegno di legge di attuazione della 180, che presento' per la prima volta
nel 1987 con le firme di tutto il gruppo parlamentare della sinistra
indipendente, costruito e discusso - a lungo, con pazienza, nei dettagli - con
due interlocutori sociali: da un lato il vasto e diversificato mondo degli
operatori psichiatrici "riformisti", ovvero quei gruppi e
associazioni che, con diversi accenti e da diverse provenienze, erano convinti
che l'impasse e i drammi della psichiatria italiana non fossero causati dalla
riforma ma al contrario dalla sua non applicazione; e dall'altro lato i gruppi
di familiari che stavano sorgendo numerosi, soprattutto donne, che l'assenza di
servizi di salute mentale consegnava, come in altri campi, al ruolo di servizio
socio-sanitario gratuito e non riconosciuto. I buoni argomenti di questo
disegno di legge sono stati le pratiche di realizzazione della riforma che
nonostante tutto in Italia si moltiplicavano, basate su risorse, intelligenze e
volonta' politiche locali. Cosi', quella che
familiarmente si chiamava "la 180 bis" non divento' legge - cosa che
del resto non si voleva affatto - ma riusci' a conseguire l'obiettivo per cui era nata, quello di stimolare provvedimenti di
programmazione dei servizi di salute mentale a livello nazionale e regionale. Il primo Progetto Obiettivo Salute Mentale (1989) arrivo' due anni
dopo il disegno di legge di Franca Basaglia e in gran parte lo ricalco', e
da quella data si moltiplicarono i piani regionali, fino al provvedimento di
definitiva chiusura dei manicomi approvato nel 1994 e infine al Progetto
Obiettivo allegato al Piano Sanitario Nazionale approvato lo scorso anno, a
piu' di vent'anni dalla riforma sanitaria. Oggi, accanto ai tentativi finora vani
di cancellare la legge 180, vediamo come si cerca di
eliminarla nei fatti. Anche questa fase Franca Basaglia l'ha vissuta e
affrontata, continuando a sostenere quelle esperienze, grandi e piccole, in
Italia ma non solo, che continuano a produrre senso - istituzioni, servizi,
culture: segni, questi, del fatto che e' realistico, oltre che necessario,
realizzare quell'altro mondo possibile che persone
come Franca Basaglia hanno cominciato a indicare.
Maria Grazia
Il manifesto del 15 gennaio 2005
Notizia biobibliografica: Dalle avventure per i
bambini alla rivoluzione nelle istituzioni I suoi primi lavori Franca Ongaro li
aveva dedicati ai bambini: Le avventure di Ulisse
illustrate da Hugo Pratt, e una riduzione del romanzo Piccole donne di Louise
May Alcott uscirono sul "Corriere dei Piccoli" tra il '59 e il '63.
In quegli stessi anni i suoi interessi si indirizzarono
verso il lavoro nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, con il gruppo che si
stava raccogliendo attorno a suo marito Franco Basaglia, con il quale - nella
seconda meta' degli anni '60 - scrisse diversi saggi cui contribuirono altri
componenti del gruppo goriziano. Due suoi testi -
"Commento a Ervin Goffman, La carriera morale del malato di mente" e
"Rovesciamento istituzionale e finalita' comune" - fanno parte dei
primi libri che documentano e analizzano il lavoro di apertura dell'ospedale
psichiatrico di Gorizia, Che cos'e' la psichiatria (1967) e L'istituzione
negata (1968). E' sua la prima traduzione italiana dei testi
di Erving Goffman Asylums e Il comportamento in pubblico, pubblicati da Einaudi
rispettivamente nel 1969 e nel 1971. Introdusse anche il lavoro di Gregorio
Bermann La salute mentale in Cina (1972). Dagli anni `70 Franca Ongaro fu
coautrice di gran parte dei principali testi di Franco
Basaglia, da Morire di classe (1969) a La maggioranza deviante (1971), Crimini
di pace (1975), fino al saggio "Condotte perturbate. Le funzioni
delle relazioni sociali", commissionato da Jean Piaget per la Encyclopedie
de la Pleiade e uscito nel 1987. Nel 1981 e `82 curo' per
Einaudi la pubblicazione dei due volumi degli Scritti di Franco Basaglia. Franca Ongaro e' stata anche autrice di volumi e saggi di carattere
filosofico e sociologico sulla medicina moderna e le istituzioni sanitarie,
sulla bioetica, sulla condizione della donna, sulle pratiche di trasformazione
delle istituzioni totali. Tra i suoi testi principali,
i volumi Salute/malattia. Le parole della medicina (Einaudi, 1979), raccolta
dei lemmi di sociologia della medicina scritti per la Enciclopedia
Einaudi; Una voce. Riflessioni sulla donna (Il Saggiatore, 1982) che include la
voce Donna della Enciclopedia Einaudi; Manicomio
perche'? Emme Edizioni 1982; Vita e carriera di Mario
Tommasini burocrate scomodo, Editori Riuniti, 1987. Tra
i saggi, Eutanasia, in Le nuove frontiere del diritto, "Democrazia e
Diritto", n. 4-5, Roma 1988; Epidemiologia dell'istituzione psichiatria.
Sul pensiero di Giulio Maccacaro (Medicina Democratica, 1997); Eutanasia.
Liberta' di scelta e limiti del consenso in R. Dameno
e M. Verga (a cura di), Finzioni e utopie. Diritto e diritti nella societa' contemporanea, (Guerrini, 2001). Dall'84 al '91 e' stata, per due legislature, senatrice della sinistra
indipendente. Nel luglio 2000 ha ricevuto il premio Ives Pelicier della International Academy of Law and Mental Health, e
nell'aprile 2001 l'universita' di Sassari le ha conferito la laurea honoris
causa in scienze politiche.