Tsunami e zanzare
Circa 300.000 morti.
La cifra è approssimata per difetto, perché tante
delle vittime dello Tsunami che ha investito le coste del sud-est asiatico non
saranno mai recuperate; tante non saranno contate perché non c’è, e non ci sarà
nessuno, a cercarle.
Dal 26 dicembre i media non fanno che riproporci la
tragedia.
“L’onda assassina” ci è stata mostrata più volte;
filmata soprattutto dalle telecamere di chi, in quei posti, era in vacanza.
L’abbiamo vista in più luoghi e da più punti di
vista.
Registrata nella sua spaventosa forza distruttrice
mentre si porta via cose e persone.
Mentre ci fa capire quanto, davanti ai fenomeni
naturali, si possa essere piccoli ed impotenti.
E’ così che ci siamo sentiti un po’ tutti.
Abbiamo dovuto pensare che quella tragedia poteva
toccare anche noi.
Vuoi perché tra i morti c’erano Italiani, Svedesi,
Tedeschi, Francesi, vuoi perché uno tsunami potrebbe colpire anche Italia,
Francia, Svezia e così via.
Era naturale che scattasse in tutti la voglia di far
qualcosa.
Come “spettacolare” è stata la tragedia, altrettanto
lo è stata, da allora, la mobilitazione e la solidarietà.
Non c’è paese che non abbia mandato mezzi, uomini e
fondi.
Per dar corpo alla voglia di solidarietà ci sono
venuti utili persino i telefonini.
Chi non si è sentito in dovere di comporre quelle
quattro cifre che potevano fare arrivare un po’ di aiuto?
Chi non l’ha fatto?
In poco tempo si sono raccolti tanti soldi.
Tanti che adesso c’è il problema di come impiegarli.
Speriamo siano usati bene.
Nel settembre 2000 l’Assemblea delle Nazioni Unite
annunciò il “Millennium Project”.
Un progetto ambizioso che si ripropone di ridurre
entro il 2015 la mortalità infantile di almeno i due terzi (rispetto alle cifre
misurate nel 1990) e quella materna di almeno tre quarti. L’obiettivo, vi si
legge, dovrebbe essere raggiunto attraverso la lotta contro la fame, l’Aids, la
tubercolosi, la malaria.
Il 17 gennaio di quest’anno, a quasi cinque
dall’annuncio del piano, la commissione, cui il Segretario Generale Kofi Annan
ha affidato il compito di controllare l’andamento del progetto e l’uso delle
risorse, ha presentato la sua prima relazione.
Vi si dice che gli obiettivi non potranno essere
raggiunti in larghe aree del mondo se le nazioni sviluppate continueranno a
condurre i loro “business” come hanno sempre fatto; che gli aiuti sono ancora
pochi e poco ben diretti.
E che questo è vero soprattutto per l’Africa
sub-sahariana.
Qui le popolazioni, oltre che essere vittime delle
guerre provocate per il controllo delle poche risorse (ma anche dagli appetiti
per quelle delle cosiddette nazioni civilizzate), sono vittime della “trappola
della povertà”. Per uscire dalla povertà dovrebbero investire in infrastrutture
come, strade, comunicazioni, acqua, mezzi per potenziare la produzione,
tecnologia, salute, istruzione.
Ma per far questo dovrebbero mobilizzare risorse che
non hanno e quindi continuano a rimanere povere.
La chiave di volta potrebbe essere quella che i
paesi ricchi forniscano le risorse che mancano.
Il costo di questi investimenti potrebbe essere
assai modesto per i paesi ricchi: basterebbe uno 0,5% dell’attuale PIL.
La relazione dice anche che ci sono aree critiche in
cui investimenti modesti potrebbero condurre ad enormi conseguenze.
Tra queste aree quella della lotta alla malaria.
Attualmente questa malattia uccide ogni anno più di
3 milioni di persone (dieci volte più delle vittime dello tsunami), per la
maggior parte nell’Africa sub-sahariana e per lo più bambini.
Investimenti per combatterla anche modesti
potrebbero avere effetti straordinari.
Ad esempio la distribuzione gratuita di “bed nets”
(tende impregnate da insetticida da applicare sopra il letto dove si dorme) in
alcuni villaggi africani si è dimostrata in grado di ridurre drasticamente la
mortalità per malaria.
La sperimentazione è stata condotta dall’UN
Millennium Project’s Working Group on Malaria diretto dal Prof. Burton Singer
della Princeton University e dal Prof. Awash Teklehaimont della Columbia
University che, nella loro relazione conclusiva, hanno stimato che distribuire
gratuitamente le tende e le medicine antimalaria a tutta la popolazione
sub-sahariana potrebbe avere un costo di 2-3 miliardi di dollari (appena 2-3
dollari per ciascuna del miliardo di persone minacciate dalla malattia).
La zanzara è un insetto piccolo e silenzioso.
Non ha la forza spettacolare di uno tsunami.
Non dobbiamo però ignorare che la malattia che
trasmette è un killer in grado di battere ogni anno lo tsnami per 10 a 1.
Sarà mai possibile, in futuro, pensare di usare i
nostri telefonini anche contro di lei?
Roberto Mora