IL MERCATO NON CI SALVERA'
Il terribile
uragano che ha distrutto New Orleans ha anche colpito le piattaforme di
estrazione del petrolio del Golfo del Messico facendone schizzare il prezzo a
70 dollari. Ma era già arrivato a 65-67, dai 25-30 dollari degli anni scorsi. E
sotto Ferragosto ricordavo che il campanello di allarme sui costi e sulla
scarsità del greggio risale a 25 anni fa (se non addirittura al 1973) e che da
allora non si è fatto nulla, quasi nulla, per rimediare. Perché? Siamo soltanto
stupidi e miopi? Non si sbaglia mai a rispondere che lo siamo. Ma questa miopia
e il nostro non-fare sono giustificati da un alibi: il mercato. È il mercato -
ci viene spiegato da mattina a sera - che con i suoi automatismi provvede a
tutto. Guai a far intervenire la nostra «mano visibile». Dobbiamo invece
lasciar fare alla «mano invisibile», appunto San Mercato (oppure, per i laici,
a Sua Maestà il Mercato). Qualche mese fa l'Economist dava larga
evidenza e credito a un saggio di due americani che si intitola «Morte dell'
ambientalismo», la cui tesi è che un ambientalismo antiquato (nei suoi concetti
e metodi) va rilanciato, appunto, dal mercato e dall'ottimismo. Sì, anche dall'ottimismo.
«Pensate - scrivono - se Martin Luther King invece di dire "ho un
sogno" avesse detto "ho un incubo"». Pensa e ripensa, io non ci
arrivo. Anche io (da ambientalista) ho il sogno di salvare l'ambiente; e ce l'ho
proprio perché sono assillato dall'incubo di vederlo distrutto. Il sogno non
sostituisce l'incubo; lo presuppone.
Sciocchezzaio ottimistico a parte, il
punto è quanto possa fare, in questa partita, il mercato. Sia chiaro: la
concorrenza di mercato è uno strumento insostituibile per la determinazione dei
costi e dei prezzi. Senza mercato (vedi la pianificazione sovietica) un sistema
economico diventa anti-economico. Ciò detto, sua Maestà il Mercato non è un
meccanismo salvatutto. Il caso del petrolio è esemplare. Oggi come oggi il
petrolio fornisce il 70% dell'energia usata nei trasporti. Domanda: benzina e
diesel derivati dal petrolio sono sostituibili? La risposta è: in non piccola
misura, sì. Sono sostituibili con l'etanolo ed equivalenti ricavati da piante
zuccherine (anche barbabietola, girasole, mais); prodotti che hanno l'ulteriore
pregio di essere «puliti». Però a tutt'oggi il solo Paese che produce olio
combustibile e benzina da vegetali è il Brasile. Altrove niente. Niente perché
il mercato decreta così, perché ai prezzi di ieri il petrolio costava meno. Ma
ai prezzi di oggi, e peggio ancora, di domani? A questo effetto San Mercato ci
lascia pericolosamente a terra. Il guaio è che il mercato «vede corto», che non
ha progettualità. Il che lo rende inidoneo, e controproducente, nel
fronteggiare il futuro. Il mercato ha anche altri limiti. Ma, restando al tema,
l'idea di affidare le nostre speranze - il «sogno» degli scemotti che citavo -
a un'analisi (di mercato) di costi-benefici è davvero peregrina. Perché il mercato
non calcola e non sa calcolare il danno ecologico. Se abbatto alberi, il
mercato contabilizza soltanto il costo di tagliarli, non il danno prodotto
dall'abbattimento delle foreste. Se surriscaldiamo l'atmosfera, il mercato
registra, tutto giulivo, solo un boom di condizionatori d'aria. Per questo
rispetto, Dio ci liberi da San Mercato. Il nostro pianeta non sarà salvato «a
costi di mercato»; dovrà essere salvato costi quel che costi.
Giovanni Sartori
Corriere della Sera di
sabato 3 settembre 2005