ADDIO A BERLINGUER SE SI SCEGLIE CRAXI
Si chiedono in molti: c’è compatibilità nell’appellarsi, insieme, a Enrico Berlinguer e a Bettino Craxi, come fanno Piero Fassino e altri democratici di sinistra?
Quando
Berlinguer divenne capo del Pci, la crisi del comunismo sovietico era già in
piena. Nessuna evoluzione democratica e nessuna capacità di sviluppo economico
erano ormai possibili in quella società. Berlinguer sapeva che la stagione
togliattiana aveva promesso in Italia un comunismo “diverso”. Ma bisognava
convivere con un sinistrismo assuefatto alla droga del mito sovietico e ora
c’era pure di peggio… Opportunisticamente Berlinguer si adattò agli equivoci,
continuò ad accettare i soldi sovietici e, come ideologia, adottò, in mancanza
di meglio, la diversità morale dei comunisti, che non intascavano privatamente
il denaro raccolto (sporco o nemico che fosse, ciò non faceva parte
dell’“etica”).
E Craxi?
Craxi non tergiversò sulle scelte politiche e ideologiche. Si dichiarò
apertamente per la scelta socialdemocratica e occidentale. Era un’opera di
chiarificazione immensa, per un Paese che aveva una sinistra schizofrenica, che
agiva come Kaustsky e pensava come Lenin. Craxi aveva chiarezza e risolutezza,
ma un partito piccolo e poverissimo, privo di finanziamenti internazionali. Ritenne
per ovviare a questo, di poter imitare l’esempio tangentista democristiano. Nel
farlo si sporcò le mani, anzi si imbrattò tutto il corpo. E ne fu travolto.
Politicamente
e ideologicamente, però, aveva ragione lui. Come dar torto a chi oggi riconosce
questo, a sinistra?
Luciano Cafagna