Giovani medici, le
donne doppiano gli uomini
Oltre 9 mila iscritte all' Ordine
tra i 25 e i 29 anni, i maschi sono 5.500.
« Ma primari e dirigenti sono poche »
Le donne
medico sono il doppio degli uomini. Anzi, lo saranno. Se si
guarda ai giovani laureati, le donne sono più di 9 mila contro 5.500 uomini.
E anche nella fascia d' età successiva (30 34 anni)
sono in maggioranza: 14 mila contro 10.500. Numeri impensabili un tempo: tra i
medici ultrasessantenni le donne sono circa 6 mila mentre gli uomini sono 45
mila. Di questo passo, in un futuro non molto lontano, saranno solo le donne a
curarci. E tuttavia, nonostante questi dati, il pianeta
sanità non è affatto accogliente per le donne.
AI VERTICI - Tanto per cominciare al
vertice, che si tratti di primari o di dirigenti di
Asl, le donne sono davvero poche. Secondo gli ultimi dati forniti dall'Agenzia
regionale per i servizi sanitari, su 10 mila dirigenti di struttura complessa -
quelli che una volta si chiamavano primari di strutture che comprendono più specialità
- sono poco più di mille; quanto ai direttori di strutture semplici, guarda
caso meno prestigiose, la situazione è appena
migliore: le donne sono circa 4 mila contro 15 mila uomini. Peggio pure se si
guarda alle direzioni generali: nel 2003 erano donne
solo tre manager su 98 aziende ospedaliere e sette in 191 aziende sanitarie. VALANGA ROSA - Se
forse è ancora presto per aspettarsi l'arrivo della valanga rosa delle giovani
laureate ai posti di comando, dove difficilmente si arriva prima dei quarant'anni,
non può non stupire che anche le giovani laureate continuino a preferire
specializzazioni tradizionalmente femminili. I dati vengono dalla Fnom, la
Federazione nazionale degli Ordini dei medici e riguardano
le specialità più tradizionali o, viceversa, le più «nuove» per il sesso
femminile. Nuove in passato e nuove anche adesso, come
dimostrano i dati. Predilette dalle donne dieci anni fa, come oggi,
continuano a essere pediatria e ginecologia, mentre
rimangono ostiche neurochirurgia, urologia e ortopedia.
CARRIERE - Ma non per tutte è così, come
non è detto che per fare carriera sia obbligatorio limitarsi ai settori più
tradizionali.
O sperare nel futuro quando in forza dei numeri sarà pressoché obbligatorio
scegliere primari e docenti universitari tra le donne. «Sono
stata la prima donna in Italia a diventare ordinario di cardiologia, all'Università
di Modena per la precisione. E sono anche la prima donna a guidare, da
gennaio, la società italiana di cardiologia», ricorda Maria Grazia Modena. «Il
fatto che aumentino le donne medico non interessa solo
la distribuzione del potere e dei ruoli. C'è bisogno di noi
donne in medicina e nella ricerca per studiare farmaci e terapie a misura di
donna. Per restare al mio campo, noi donne siamo meno colpite dall'infarto almeno prima della menopausa, poi però se il
"guaio" arriva le nostre probabilità di sopravvivenza sono la metà di
quelle degli uomini». Perché? «Perché la diagnosi di rischio
viene fatta con criteri maschili, che mal funzionano su di noi e perché, in
caso di intervento, abbiamo coronarie più piccole che rendono più difficile l'operazione.
E le terapie che danno buoni risultati sugli uomini non è detto
abbiano lo stesso successo sulle donne. Peccato che tutte le
grandi ricerche vengano condotte soprattutto sugli uomini».
SFIDE - Aggiunge Clara Virgilio, primario
di gastroenterologia all'ospedale Garibaldi di Catania: «Noi ce
la possiamo fare anche in campi che sono dominio degli uomini. La
gastroenterologia, la mia specializzazione, è giudicata troppo
invasiva per interessare alle donne, ma adesso stiamo assistendo a una piccola
invasione di dottoresse in questo campo». «Io sono primario,
un' altra donna, la professoressa Maria Chiaromonte, è diventata ordinario di
questa materia e uno dei nostri ultimi congressi è stato presieduto
dalla professoressa Maria Cristina Parodi».
Daniela Natali