IN RICORDO DI JOHN
LENNON
E' morto l'8 dicembre di
venticinque anni fa, ammazzato con cinque colpi di pistola. Un fan squilibrato,
si e' detto. L'inchiesta venne
chiusa troppo in fretta, ma molti pensano ancora che dietro all'assassinio ci
sia stato un complotto dei servizi segreti per eliminare un leader scomodo. Al
suo funerale c'era una folla incontenibile, avvolta nella sensazione che il sogno
era davvero finito. Lo sparo di un "folle" e un
funerale imponente: proprio com'era accaduto per il mahatma Gandhi,
Martin Luther King e poi per John e Bob Kennedy.
John Lennon,
come si sa, era di Liverpool,
ma dopo l'unione con Yoko Ono
e la separazione dai Beatles volle trasferirsi a New
York, citta' che amava moltissimo, nella quale si
trovava a proprio agio "per il modo di vivere e di pensare". Negli
Stati Uniti John aveva molti amici, e venne subito introdotto negli ambienti intellettuali e
radicali americani.
Partecipava anche alla vita politica del paese,
coinvolgendosi in manifestazioni, concerti, iniziative pubbliche. Il governo
non gradiva quella presenza, troppo visibile, troppo
chiassosa, troppo scomoda. La Cia
inizio' a raccogliere un dossier su Lennon, per documentare le prove di un presunto
antiamericanismo dell'ex beatle. Lennon fece dichiarazioni contro la guerra del Viet Nam, contro l'industria
bellica, le spese militari, la politica imperialista, partecipo'
attivamente al movimento per la pace, anche con sostanziosi finanziamenti. Fu
in quel periodo che compose "Power to the people". Per fare gli
auguri di Natale fece riempire le citta' americane e
le principali capitali del mondo di manifesti con la scritta "War is over" ("la guerra e' finita - se tu lo
vuoi", firmati "con amore, John e Yoko, da NY"). A tutti i capi di
Stato invio' una ghianda, dicendo loro di piantarla e
guardare crescere la quercia, anziche' dichiarare una
guerra. Insieme a Yoko compro' intere pagine dei
giornali americani per pubblicare i loro pensieri pacifisti.
Quando le autorita'
gli negarono il visto per il permesso di soggiorno, fra il signor Lennon e il governo Usa inizio'
una lunga battaglia legale. Nixon stesso diede l'ordine di allontanarlo: era un
"indesiderato". Durante la campagna elettorale in ogni angolo
d'America dove c'era una manifestazione del partito repubblicano con Nixon, la' John
organizzava un concerto rock di protesta contro
Ma la parte migliore d'America ha
accolto Lennon come un proprio figlio, dedicandogli
dopo la sua morte quell'angolo di Central
Park dove egli andava sempre a passeggiare con il suo bambino, come un
americano qualunque.
Affiancare il nome di John Lennon a grandi leader
spirituali e politici puo' suonare come una
provocazione.
Ma quando si parla del mito di Lennon, non lo si fa per celebrarne le virtu'
personali: di Lennon amiamo la musica, la poesia, il
suo essere personaggio pubblico e la sua vita contraddittoria, che ce lo fa
sentire simile a tutti noi. Non ha mai nascosto la sua fragilita',
arrivando persino a scrivere quel capolavoro che e'
"Help!", un grido d'aiuto personale lanciato proprio ai suoi stessi fans. Di Lennon ci importa l'influenza positiva che ha avuto su tante
generazioni di giovani.
Nel mito Lennon un posto d'onore
spetta al famoso bed-in (una settimana in un letto
d'albergo ad Amsterdam, lui e Yoko, a rilasciare
interviste a giornali di tutto il mondo sul tema della pace e contro le
guerre). Fu in quell'occasione che Lennon compose e registro' in
diretta "Give peace a chance",
l'inno del movimento pacifista mondiale cantato poi dai giovani studenti
democratici di piazza Tien an men a Pechino, dai dissidenti
che abbattevano il muro di Berlino, dai sostenitori di Mandela,
dai veterani del Vietnam che restituirono le medaglie.
I giovani russi al tempo del crollo dell'Unione Sovietica,
raccontavano come furono le canzoni dei Beatles, e in
particolare la pacifista "Revolution", ascoltate
clandestinamente alle radio occidentali, ad incrinare la loro fede nel regime. Lennon fu l'unico baronetto a restituire il titolo alla
regina per protestare contro il coinvolgimento dell'Inghilterra nel commercio mondiale
delle armi.
Il Lennon quarantenne aveva idee
molto chiare sulla nonviolenza: "La mia filosofia di vita e' piuttosto semplice: pace, nonviolenza, e tutto in armonia
con il resto del mondo. E' ovvio che in tutti noi c'e' della violenza, pero' si deve essere capaci di incanalarla o di gestirla in
qualche modo. D'altra parte bisogna essere consapevoli che o ci si impegna per vivere in un mondo di pace, oppure si e'
destinati a morire in un mondo in guerra. Noi dobbiamo avere speranza
mantenendola viva fra di noi. Io ho grandi speranze
per il futuro".
Si e' detto che dei quattro Beatles, John era il piu' geniale. Ma questo non basta
a spiegare il suo mito. Per capire Lennon bisogna
scavare nella sua biografia: cresciuto senza padre e senza madre, affidato ad
una zia, studente mediocre, negli anni '50 e' un
tipico teddy boy attaccabrighe. Senza nemmeno
accorgersene si trova catapultato nel precocissimo successo dei Beatles: soldi, droga, follie da rock star.
Si sposa e ha un figlio di cui non si occupa, travolto dal tour
mondiale. Poi, finalmente, l'amore perYoko
Ono, la voglia di distruggere la gabbia d'oro dei Beatles, le crisi esistenziali, l'uscita dalla droga, la
nascita di un nuovo figlio, la rinuncia alla musica per fare il padre e il
marito. La rinascita.
Quello degli ultimi anni, e' un Lennon riconciliato con se stesso, con i Beatles e con il mondo: "Non sto piu'
cercando niente. Le cose sono semplicemente cosi' come sono. Non
rimpiango e non rinnego niente di quello che ho fatto, davvero, a parte forse
aver ferito altre persone. I Beatles sono finiti, ma
io voglio ancora bene a quei ragazzi... Ho sempre
avuto l'idea della pace: si poteva gia' intuire dalle
nostre prime canzoni. Ancor oggi il messaggio di fondo
e' sempre lo stesso: Amore".
Nell'ultimo periodo della sua vita, quasi profetizzando la
fine prematura, Lennon si riconcilio'
anche con Dio: "Ho sempre sospettato che ci fosse
un Dio anche quando pensavo di essere ateo. Sono credente e mi sento pieno di compassione.
Lui e' il potere supremo, Lui non e' ne' buono ne'
cattivo, ne' bianco ne' nero: e' e basta. Non ho paura di morire. Sono preparato alla morte perche' non ci credo.
Penso che sia solo uscire da un'auto per salire su un'altra".
A fare di John un personaggio
"umano" (molti suoi fans, compreso chi
scrive, lo consideravano un fratello maggiore) e'
stata anche la sua ingenuita' e il suo facile
entusiasmo: si imbatte' in molti ciarlatani,
profittatori, cui lui dava fiducia e soldi, fino a che, dopo aver perso
svariati miliardi, fu Yoko ad amministrare il
capitale di famiglia mentre John torno'
a fare solo l'artista.
Ma cio' che forse ha contribuito maggiormente a creare il mito Lennon e' quel suo ritiro volontario dalla scena. Risolti
con la psicanalisi i problemi di mancanza di affetto
materno e paterno, trovato un rapporto equilibrato con Yoko,
ha abbandonato musica e affari per dedicarsi a tempo pieno a fare il papa' casalingo del secondo amatissimo figlio, Sean. Una scelta che l'ha posto ancora una
volta controcorrente, anticipatore di quella riscoperta dei valori
domestici e degli affetti familiari che molti ora inseguono e che Lennon ha testimoniato nell'ultimo album, uscito
postumo.
Rileggendo oggi le sue dichiarazioni, che facevano tanto scalpore, si capisce quanto Lennon fosse avanti non solo come
musicista, ma anche come intellettuale: "Per me vale ancora quello che ho
scritto piu' di trent'anni fa
in Revolution, quelle parole esprimono bene cio' che
provo tutt'ora nei confronti della politica. Non
contate su di me se di mezzo c'e'
Quello che resta non e' solo
nelle canzoni, ma soprattutto nella sua immagine, nel suo volto con lo sguardo
ora ironico ora malinconico, dal quale scaturiva l'energia dispensata a tante
generazioni che attraverso la sua musica e le sue parole hanno trovato alimento
per far crescere importanti movimenti culturali o politici.
Per questo Lennon e' uno dei grandi personaggi del Novecento. Il menestrello della
nonviolenza.
Mao Valpiana