E venne il giorno in cui Carlo De
Benedetti - come dice la Scrittura - amò più il prossimo suo (Berlusconi) della
propria tribù (Libertà e Giustizia). La tribù, allora, riandò con la memoria a
quello che i suoi membri avevano detto e scritto su Berlusconi e il suo
governo: Mussolini e Al Capone, Giulio Cesare il tiranno, Nerone, re Sole, la
Führer Democratie di weberiana memoria e di triste presagio totalitario. Un
esercizio di parallelismi storici in cui Franco Cordero era stato maestro. Essi
si chiesero, poi, come salvare la reputazione del Capo. Che si era alleato con
Mackie Messer, il gangster dell'«Opera da tre soldi», e con tutti quei soggetti
poco raccomandabili. Scoprirono che non era difficile. Bastava seguire la
regola che già gli appartenenti a un'antica tribù ormai scomparsa avevano
sperimentato efficacemente quando un certo Stalin si era alleato con un certo
Hitler, il «nemico numero uno» fino al giorno prima. La regola consisteva
semplicemente nell'usare «due pesi e due misure» a seconda dei casi. Così,
cambiarono il nome della tribù da Libertà e Giustizia in Libertà, Giustizia e
Purificazione: «Vediamoli come due uomini di impresa, non come il premier e il
suo nemico politico» (Gianni Locatelli). Chi parlò di bene comune: «Viene il
momento in cui gli interessi del Paese diventano più importanti delle
divergenze personali» (Alessandro Amadori). Solo pochi, come Paolo Sylos
Labini, avevano rivendicato il diritto alla coerenza e protestato contro il
patto: «Gli imprenditori che fanno fortuna con l'appoggio politico, con le
privative o con i favori, non sono veri imprenditori». Dimenticandosi, per
altro, che lo stesso De Benedetti aveva confessato di essere stato della stessa
pasta e di aver fatto parte della medesima compagnia. Solo un Paese di
moralisti «a orologeria», privo di una qualche etica condivisa e condivisibile
- viene alla mente l' osservazione di chi constatò nella Roma papalina «tanti
devoti e così poca devozione» - poteva avvertire l'esigenza di fornire una
spiegazione politicamente corretta al varo di una iniziativa
imprenditorialmente apprezzabile e politicamente «neutra», come il fondo comune
Cdb Web Tech, per il recupero e il rilancio di medie aziende in crisi, che ha
fra i suoi soci - oltre a numerosi altri - Carlo De Benedetti e Silvio
Berlusconi. Ma tant'è. Quando, come il dottor Frankenstein, si costruisce un
mostro, mettendo assieme pezzi di Mussolini, Al Capone, Giulio Cesare, Nerone,
Mackie Messer, il rischio è inevitabile. Visto che viviamo in democrazia e in
un sistema di mercato («gli affari sono affari»), col mostro, prima o poi,
dovrai conviverci. Ma ripristinare l'antica parola d'ordine della vecchia tribù
ormai scomparsa - «contrordine compagni» - costa caro: il ridicolo. Strano
Paese, del resto, il nostro. In attesa che la magistratura e gli organi di
controllo appurino se nella vicenda Fazio-Fiorani-Antonveneta ci sia stato
illecito, il solo reato accertato e accertabile, per ora, è la diffusione delle
registrazioni di telefonate private ad opera di una Procura della Repubblica.
Cioè ad opera di chi, oltre che perseguire i reati, non dovrebbe (soprattutto)
commetterne in proprio. Ma nessuno se ne cura. Allora, per non piangere, non
resta che ridere?
Piero
Ostellino