“QUALITY
OF CARE”
Il New
England Journal of Medicine, nel numero del 30 settembre, pubblica quest’anno
un articolo a titolo “Linking Phisicians’ Pay to the Qualità of Care – A Major
Experiment in the United Kingdom”.
Vi si racconta come i nostri colleghi, medici di
famiglia inglesi, abbiano rinnovato un paio di anni
fa, il loro contratto con il National Health Service (il nostro SSN) e come, a
fronte di questo si siano avuti dei cambiamenti nella qualità dell’assistenza
erogata.
Alla base del cambiamento la decisione di pagarli
non solo per il numero di pazienti in carico, ma anche
dell’assistenza data.
Si sono scelte alcune
patologie di larga diffusione e/o elevato impatto sociale: cardiopatia
ischemica, stroke, ipertensione, ipotiroidismo, diabete, disturbi mentali,
BPCO, asma, epilessia, cancro.
Per ciascuna di queste si
sono scelti degli indicatori che consentissero di misurare il lavoro svolto dal
medico.
Per l’ipertensione, ad esempio, si è deciso di
valutare a quante persone (in percentuale di popolazione assistita) sia stata
misurata e registrata in cartella la pressione; in quante si sia
riusciti a riportarla entro i limiti indicati dalle linee guida.
Per la cardiopatia ischemica a quanti pazienti si
sia misurato, registrato e poi ridotto entro i parametri consigliati il
colesterolo…e così via.
Maggiore la percentuale di pazienti
ben curati, maggiori i punti cumulati.
Più punti, più soldi nello stipendio.
Per far punti vale anche come ci si sa organizzare.
La “practice” riesce a rispondere ai contatti
telefonici per almeno 45 ore la settimana? Tanti punti. Riesce a dare
prenotazioni per le visite a breve? Tanti punti. E così via.
I punti si guadagnano anche se si riesce a
dimostrare e a documentare che la “practice” ha svolto
lavoro di audit.
Tutto questo, dice l’articolo, ha sortito benefici,
prodotto effetti collaterali e comportato spese.
Tra i benefici: rapida espansione dei sistemi di
registrazione computerizzata, aumento del numero della “practice” che si sono dotate di personale paramedico o di segreteria e che
si sono meglio organizzate, aumento degli indici di qualità raggiunti (più
pressioni ben controllate, più colesteroli abbassati…), aumento della
competenza dei medici (sulle malattie monitorate).
In una parola “improved health outcomes”.
Ovviamente, però, non solo
benefici.
Tra gli “effetti collaterali” lamentati:
frammentazione delle cure, perdita talora della
visione olistica, ridotta qualità di cura per le malattie “non misurate”,
aumento dei costi amministrativi (per i controlli), aumento della spesa
farmaceutica.
Il giudizio alla fine è però positivo.
Qualche aggiustamento, dice l’articolista, ma siamo
sulla buona strada.
Beati loro….!
Da noi in questi giorni si fa un gran parlare di
Guardia di Finanza.
Il nostro Assessore
Regionale, infatti, ha stipulato un accordo per arruolarla in una serie di
controlli amministrativi che avrebbero il fine di ridurre gli sprechi in
sanità.
A Verona i militari della G.d.F. hanno esordito
passando al setaccio l’assistenza domiciliare programmata
e integrata.
Qualche collega medico di famiglia si è visto
muovere contestazioni talora giustificate, ma, e sembra siano la maggioranza,
alcune inappropriate e dovute alla scarsa conoscenza del nostro lavoro.
Tutti sono comunque allarmati….
D’altra parte quando si parla di Guardia di
Finanza…!
Le voci che circolano dicono
che adesso l’attenzione potrebbe spostarsi al controllo del rispetto delle note
CUF, delle esenzioni, e, come al solito…, alla spesa farmaceutica.
Perché quella, dicono, è sempre meno sotto controllo.
E pensare che, qualche tempo fa, poco prima delle
“amministrative regionali” le cose andavano così bene che, con la famosa regola
dell’N.C. (farmaco non correlato), si voleva non far
pagare più ticket a nessuno…!
Qualche collega ci ha telefonato, allarmato,
chiedendo l’intervento dell’Ordine.
Ci ha telefonato anche un paziente, lamentando che
da qualche giorno il suo medico non gli vuol più prescrivere il tal farmaco,
che prima gli prescriveva regolarmente.
Quel che riesce difficile capire è perché scomodare
la Guardia di Finanza?
Perché non far fare i
controlli da chi in sanità ci lavora.
Forse che non c’è chi, tra il pletorico personale
amministrativo delle nostre ASL, è pagato per fare anche questo?
Qualcuno è convinto che si
tratti di strategia della tensione, fatta per intimidirci.
Noi speriamo che non sia così.
Comunque, ripensando ai nostri amici
inglesi…., e agli effetti collaterali del loro contratto….
Perché non gli prestiamo la Guardia di Finanza?
Roberto Mora
medico di famiglia – Direttore di
Verona medica