I CATTOLICI
IL PAPA E LE LEGGI
La
lettera di Benedetto XVI al convegno di Norcia su «Libertà e laicità» ripropone il tema del rapporto tra cattolici e Stato - lo
Stato che secondo l'attuale Pontefice deve «aprirsi» alla «trascendenza» (cattolicamente
intesa). Senonché ai cattolici viene obiettato che,
sul piano politico, essi vogliono imporre il proprio modo di vivere a chi
invece ne preferisce un altro. Si pensi, oltre che all'apertura alla trascendenza
di cui parla il Papa, all'atteggiamento della Chiesa su divorzio, aborto e
fecondazione assistita. Certo, su questi temi sono possibili leggi che,
rispetto a quelle cattoliche, realizzate o desiderate,
siano più rispettose dell'altrui modo di vivere. Ad esempio una legge (quale in
Italia i cattolici avrebbero voluto) che proibisca a tutti il
divorzio è meno rispettosa dell'altrui modo di vivere, di quanto non lo
sia la legge attuale che lascia invece libero di divorziare chi lo voglia e
libero di non farlo chi non lo voglia. I cattolici possono però replicare che,
nella misura in cui la questione riguarda il piano politico, allora, se esiste
una maggioranza cattolica che approva una legge che esprime la dottrina della Chiesa, allora tale legge non solo è cattolica, ma è
anche democratica. E possono aggiungere che in fin dei conti
quasi tutte le leggi vanno incontro ai desideri della maggioranza
deludendo le minoranze, cioè imponendo loro comportamenti da esse non
condivisi. Inoltre, sul piano dottrinale, i cattolici rivendicano, come il Papa
ha richiamato, la coincidenza tra le leggi da loro perorate
in quanto cattolici e la morale naturale, quella che fa sentire la propria voce
in ogni uomo. In questo senso si sono opposti all'uso dell'embrione come mezzo
terapeutico. Ma, appunto, qui non siamo più sul piano
politico; ed esiste chi a proposito di quell'uso la pensa diversamente. Si
resta sul piano politico solo quando ci si chiede se
una legge sia o no costituzionale. E una Costituzione come quella
italiana non solo recepisce norme della cosiddetta morale naturale (non
uccidere, non rubare, non dire il falso, eccetera), ma è ritenuta conciliabile
anche con norme che (ad esempio quelle che regolano divorzio, aborto,
manipolazione dell'embrione, eccetera) non sono sentite dai non cattolici come
azioni immorali. Se intendono rimanere sul piano
politico, i cattolici possono sì sostenere il carattere democratico di leggi
approvate da una maggioranza cattolica, che impongano anche ai non cattolici
comportamenti cattolici, ma non possono negare che tali leggi siano «meno» democratiche
di quelle che, all'interno delle norme costituzionali, lasciano ognuno libero
di comportarsi conformemente alle proprie convinzioni. Se
la libertà dei cittadini è «un bene», allora, proprio dal punto di vista politico,
la libertà di tutti è - all'interno della legalità costituzionale - un «bene»
maggiore della libertà di qualcuno. Certo, da parte sua la democrazia deve
riconoscere la piena legittimità della volontà che voglia realizzare un «bene»
minore. Ma poi è la Chiesa a considerare la democrazia
stessa come un bene minore. Rispetto a una società
cristiana, la democrazia in quanto tale è infatti, per la Chiesa, un bene
minore; una democrazia in cui la libertà sia disgiunta dalla verità
(cristiana), per la Chiesa è anzi un male. Uno Stato
totalitario, che assuma all'interno del proprio apparato normativo la dottrina
sociale della Chiesa, fa vivere, secondo la Chiesa, una società migliore di una
democrazia che in nome della libertà volga invece le spalle alla verità
cristiana. La democrazia, infatti, non è una verità assoluta. Intendo
dire che non solo la democrazia moderna non si fa portavoce di una verità
assoluta, ma che questo stesso non farsi un portavoce siffatto non è nemmeno
esso una verità assoluta. Quando divenga pienamente
consapevole della propria natura, la democrazia può diventare, sì, la forma più
coerente di regime politico; ma rimane aperta la questione se nella società la
politica debba avere l' ultima parola. Ed essendo
questione aperta, la politica democratica non può essere verità assoluta. Nelle
Prediche inutili Luigi Einaudi
scriveva, con grande accortezza filosofica, che «la
democrazia è un mito», ossia non è una verità assoluta, perché la negazione
della democrazia non è qualcosa di contraddittorio in se stesso. Ma a questo
punto, e per la stessa ragione, bisogna dire che anche il Cristianesimo è «un
mito»: la negazione di ciò che esso afferma non è infatti
qualcosa di assurdo, ossia non è qualcosa di contraddittorio in se stesso.
Nella vita politica - italiana, europea, occidentale -, democrazia e
cattolicesimo sono dunque due miti che si affrontano. Carichi di sapienza, sì,
ma miti. In questa situazione il loro scontro non è deciso dalla loro verità, ma dalla maggior potenza pratica che ognuno dei
due sa sviluppare rispetto all'altra, ossia dalla loro maggior capacità di
farsi ascoltare dalla gente.
Emanuele Severino
Corriere
della sera di lunedì