«HO ASSUNTO MIA MOGLIE? LO FANNO
TUTTI»
«Passare per quello che ha fatto la schifezza no, non ci sto». E singhiozza. Le lacrime gli vengono giù senza che riesca a
fermarle, ma fa di tutto per mascherarle. Proprio come l'altro
ieri, quando è andato a consegnare le dimissioni formali al suo presidente,
Agazio Loiero. «Piangevo, sì, perché questa è
una vera ingiustizia. Giunta e consiglio regionale sono pieni di parenti. Ma
no, eh, si sono accorti solo di quelli di Egidio». È
lui Egidio Masella, l'assessore regionale uscente di Rifondazione Comunista con
delega al Lavoro e alla Formazione. Ma da qualche
giorno è agli onori della cronaca per aver preso a lavorare nel suo staff la
moglie, Lucia Apreda. Un piccolo caso sollevato dal suo stesso partito e, alla
fine, Masella è stato costretto a dimettersi. Ieri è stata la sua prima
giornata da ex assessore. Rinchiuso in casa, telefoni staccati. A confortarlo
l'amico di sempre, l'avvocato Caldiero - «ho fatto pratica da lui» - e la
moglie Lucia. «Senza di lei - racconta Masella commuovendosi - non ce l'avrei fatta. Sono un uomo distrutto calato in una
situazione assurda. Mi hanno trattato come un delinquente qualunque e, invece,
ho sempre rispettato tutti. Mi dispiace solo che per una mia ingenuità sia
stata coinvolta Lucia in questa roba orrenda. Ma lei, voglio che lo si ricordi ancora una volta, in Regione non ha mai avuto
un contratto, non ha mai percepito un centesimo. Perché
l'ho proposta? Perché non sapevo di chi fidarmi. Chi
mi dovevo portare all'assessorato? Uno è inquisito, l' altro è vicino ai boss, quell'altro c'ha interessi
privati... Invece con Lucia lavoro da sempre, di lei so che posso fidarmi.
Facciamo gli avvocati insieme e lei è pure esperta in materia del lavoro». Però
qualcosa deve aver insospettito Masella, tanto che il 9 settembre la moglie aveva chiesto di andare via: «Sì, perché
mi venne un pensiero strano. Mi dissi: anche se lo Statuto regionale
della Calabria ci consente di portare dentro persone esterne e non specifica se
possono essere familiari, pensai che per un mio codice etico personale sarebbe
stato meglio evitare. E così la feci dimettere. Non
abbiamo fatto in tempo, perché il complotto era già partito». Complotto, quale complotto? «Quello ordito dal mio
partito. Mi hanno fatto un processo senza neanche consultarmi, per fregarmi.
Evidentemente davo fastidio a qualcuno perché ero troppo onesto. E così io mi sono dimesso, proprio per essere coerente fino
all'ultimo minuto. Ma se solo qualcuno dicesse la verità».
Verità che per Masella è una sola: «In giunta e in consiglio regionale ci sono
ben altri scandali: i casi di parenti assunti, e non a titolo gratuito, si
sprecano. Basterebbe dare un'occhiata agli elenchi. E,
invece no, si sono accorti solo di Egidio, che quando
è arrivato ha trovato uno sfascio. Che dalla Regione non ha
mai preteso niente. Io, che finora ci ho solo rimesso:
basta pensare alle decine di volte che sono andato a Roma per fare vertenze o
alle vertenze che ho gestito sui posti di lavoro. Pensate che mi stanno
chiamando operai da ore, per dirmi: dottore, diteci
che dobbiamo fare per voi? Manifestiamo? Ma io gli ho
detto di stare tranquilli, che la mia porta è sempre aperta per loro. E che continuo a combattere. Nonostante
il mio partito». Nonostante Rifondazione Comunista.
«Sì, perché diciamoci la verità: qui in Calabria il mio partito è andato sui
giornali più per le cose negative che per quelle positive.
Non incarniamo più l'idea di sinistra che ci si potrebbe aspettare da noi. Le
clientele, le cose poco chiare, si fanno. E il
risultato è la degenerazione di un partito che arriva persino a creare
polveroni come il mio, per ragioni di comodo». Ma
allora la domanda è una sola: perché si è dimesso? «Non è stata un'ammissione
di colpa, la mia. Solo un segno di onestà
intellettuale e la dimostrazione che non sono attaccato alla poltrona. Ma
adesso qualcuno, se ha voglia di moralizzazione, vada a dare
un'occhiata a quello che davvero succede in Regione Calabria».
Angela Frenda
Corriere
della sera di giovedì