Non rappresenta ancora più dello 0,1 per cento della produzione mondiale di elettricità, eppure l’energia eolica continua a far parlare di sé, riempie articoli scientifici e di divulgazione, viene studiata come esempio di sussidi pubblici. A volte mette perfino d’accordo eco-scettici, convinti che i mulini a vento debbano restare confinati ai libri di Cervantes, e ambientalisti doc, che guardano preoccupati allo sventolare delle pale, forse calandosi un po’ troppo nel ruolo di uccelli migratori.
La
situazione e le potenzialità
Nel
frattempo, il vento fa la sua parte: 32 GW di potenza installata nel mondo al
2002 (poco meno della metà di quella complessiva italiana), una crescita del 32
per cento annuo dal 1997 al 2002. In termini assoluti,
addirittura superiore a quella dell’idroelettrico; certo, sempre un ordine di
grandezza inferiore a quello delle centrali a gas. Ma restando anche
dentro i limiti dell’utilitarismo per cui
"Economics matters", non se la cava poi così male (si veda la
tabella): in siti buoni, il costo medio dell’energia eolica si aggira
intorno ai 4-6 c$/kWh (senza sussidi o crediti), e passi avanti nella progettazione
delle turbine potrebbero abbassare il costo fino a 2 c$/kWh nei prossimi venti
anni.
Date le premesse, viene da chiedersi quale possa essere il ruolo del vento nel
soddisfare la crescente sete di energia, e allo stesso
tempo limitare le emissioni di gas serra responsabili del cambiamento
climatico. Se l’energia eolica rimane infatti la più certa fonte verde di elettricità, vale anche il contrario: senza la
sensibilità ambientalista di alcuni paesi, del Nord Europa in particolare, e i
sussidi che ne seguirono a partire già dagli anni Settanta, la tecnologia e il
mercato dell’elettricità eolica non si sarebbero di certo sviluppati così
rapidamente. Adesso, con accordi stringenti sui limiti di emissioni
di CO2, la disponibilità di una fonte a emissioni zero e a un prezzo
ragionevole può tornare utile a tutti.
Quale futuro quindi per l’eolico? È immaginabile che entro poche decadi il 20
per cento della produzione di elettricità globale sia
eolica, come già accade in Danimarca? A che valore della CO2? C’è un limite
superiore di penetrazione oltre il quale non si potrà comunque
andare?
I costi
Per studiare
le potenzialità di sviluppo dell’eolico su larga
scala, oltre ai costi d’installazione diretti bisogna considerare anche i costi
che derivano dalla non continuità della generazione di elettricità, causata
dalla variabilità del vento, e i limiti imposti dalla conformazione geografica.
L’intermittenza è spesso citata come il principale ostacolo allo sviluppo dell’eolico. Sistemi di back-up – vale a dire capacità eccedente di centrali non intermittenti
come le termoelettriche – devono essere approntati, e costituiscono un costo
aggiuntivo che aumenta quello di pura generazione. Costi addizionali derivano
dalle lunghe linee di trasmissione – i campi eolici sono spesso lontani
dai centri abitati o addirittura nel mare – e dagli eventuali sistemi di accumulo. La distribuzione geografica pone, come
ovvio, un limite fisico allo sviluppo dell’eolico: per
essere competitivo, ha bisogno di siti con vento sostenuto, a volte in zone
remote e poco accessibili, e comunque esauribili.
Il costo dell’intermittenza viene generalmente quantificato attorno ai 2 c$/kWh, ma in realtà dipende da un elevato numero di fattori.
In particolare, l’impatto sulla rete elettrica e i costi che ne risultano non sono ovvi quando il vento serve una
percentuale importante della produzione elettrica.
In Danimarca, ad esempio, i costi sono contenuti
dall’efficienza del mercato elettrico del Nord Pool (Danimarca, Finlandia,
Svezia, Norvegia), dalla possibilità di accumulare energia tramite
pompaggio dei bacini idrici norvegesi e dalla forte interconnessione con la
rete elettrica tedesca.
Qualora la penetrazione dell’energia eolica dovesse aumentare molto,
investimenti in reti elettriche e connessioni saranno indispensabili, e i costi
aggiuntivi potrebbero salire ben oltre i 2 c$/kWh.
Molto dipenderà anche dallo sviluppo di mercati
elettrici integrati, in cui poter scambiare eccesso di offerta di
elettricità in modo efficiente.
E la
convenienza
In un
articolo di prossima pubblicazione, due ricercatori nord americani hanno studiato la fattibilità economica dello sviluppo su
larga scala dell’eolico per il mercato statunitense. Diventa conveniente,
compresi i costi aggiuntivi, per prezzi della CO2 superiori ai 40 $/tCO2: un
valore elevato, ma molto vicino a quello scambiato nelle ultime settimane nel
mercato dell’emission trading europeo. Inoltre, l’eolico è economicamente
competitivo rispetto ad altre opzioni per la riduzione
delle emissioni di gas serra, quali nucleare e carbone con sequestrazione e
stoccaggio della CO2.
Il successo dell’eolico, quindi, dipenderà innanzitutto da come si
svilupperanno le politiche sui cambiamenti climatici, sia a livello
internazionale, già dal dopo-Kyoto, sia di singole regioni o Stati. Tuttavia,
sarà legato anche al modo in cui il sistema elettrico nel suo complesso saprà
gestire la maggiore flessibilità imposta dall’eolico: rete e connessioni
elettriche, mercati dell’elettricità, sistemi di previsione e di gestioni delle intermittenze, saranno tutti fattori importanti.
Infine, la stessa composizione del parco di generazione elettrica sarà determinante: i costi aggiuntivi di intermittenza sono
infatti molto più bassi se il mix elettrico è dominato dalle flessibili centrali
a gas, che coprono facilmente le intermittenze, invece che da centrali a
carbone o nucleare, più lente nel seguire il carico.
Massimo Tavoni