Il fumo negli occhi di Sharon


Sono passate poche ore dal disimpegno delle ventuno colonie dentro la striscia di Gaza e di quattro piccolissimi insediamenti nella Cisgiordania che Israele torna a confiscare nuova terra ai palestinesi. Sui giornali abbiamo letto che Sharon è divenuto uomo di pace, qualcuno propone addirittura l'assegnazione del nobel mentre la comunità internazionale gli rende omaggio. Contemporaneamente, le forze dell'ordine dello stato ebraico, taglia fuori da Gerusalemme est migliaia di cittadini palestinesi.
Per chi conosce la mappa dei territori occupati la città di Gerusalemme, occupata militarmente nel 1967, è ben insediata dentro la Cisgiordania tagliandola quasi in due grandi cantoni: a sud l'area che comprende Betlemme e Hebron, a nord le città di Ramallah, Jenin, Qalqilia e Tulkarem. Per chi volesse dal nord della West Bank recarsi ad una città o villaggio del sud (o viceversa) è obbligatorio il passaggio per Gerusalemme con relativo filtro selettivo e controllo in almeno due check point militari israeliani.
Con la tregua informale impartita unilateralmente da Israele dopo la morte di Arafat i palestinesi hanno avuto il permesso di utilizzare una vecchia strada che da Betlemme porta a Ramallah. Tre ore di tornanti a gomito sulle alture che precedono la Valle del Giordano, una vista decisamente mozzafiato che però non rallegra le comunicazioni e i commerci palestinesi perennemente affannati.
Ma l'affanno dei palestinesi è destinato ad aggravarsi in Cisgiordania visto che oggi sono stati notificati ordini di espropriazione di terre al fine di collegare l'insediamento di Maalé Adumim (28.000 abitanti di giorno, 40.000 di notte), il più popolato in Cisgiordania, con Gerusalemme est dalla quale dista otto chilometri. Così la Cisgiordania verrebbe definitivamente divisa in due cantoni ed Abu Dis, sobborgo arabo alla periferia di Gerusalemme est verrebbe isolato rispetto la città storica cara a Israeliani come ai Palestinesi. Anche gli Stati Uniti si sono opposti alla costruzione del muro in quel punto perché rischia di tagliare in due il futuro Stato palestinese.
Israele ha deciso tutto in barba, ancora una volta, alle numerose risoluzione Onu che ininterrottamente chiedono dal 1967 la restituzione di Gerusalemme est ai palestinesi e la negoziazione dello status di capitale. L'occupazione continua, con una strategia mirata quanto offuscata dal merito del disimpegno di Gaza. Così Gerusalemme sarà sempre più dearabizzata (già smantellato tutto lo spiazzale che conduce alla storica porta di Damasco) e invasa di un moderno e discutibile immaginario architettonico ebraico new age.
Secondo il ministro palestinese per gli Affari di Gerusalemme, Hind Khouri, l'esproprio riguarderà 160 ettari di terreno nell'area di Al-Azzariyeh, Abu Dis e Sawahra al-Sharkiyeh; inoltre, il ramo del muro lascerà dal lato israeliano 250 pozzi di acqua potabile utilizzati dai palestinesi, oltre a pascoli e oliveti. Il piano degli strateghi militari prevede che il muro porti 64 chilometri quadrati della Cisgiordania sul lato israeliano. Alla sua estremità orientale il muro passerà a 25 chilometri dalla linea verde, il limite dell'armistizio con cui terminò la guerra arabo-israeliana del 1967.
Un portavoce dell'amministrazione civile israeliana in Cisgiordania ha detto che i palestinesi proprietari delle terre oggetto degli ordini di espropriazione hanno una settimana di tempo per ricorrere contro la misura davanti alla Corte Suprema. Un tempo limitato per un ricorso avanzato dinanzi un tribunale israeliano per una terra e un diritto di proprietà che israeliano non è. Un paradosso che solo l'occupazione israeliana in Palestina e quella americana in Iraq sanno rappresentare.
L'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) ricorrerà contro la decisione dinanzi alla Corte Suprema israeliana. "Questo muro ci chiuderà in prigione", è la triste denuncia di Salah Bader, responsabile dell'ufficio di collegamento palestinese nel distretto di Gerusalemme, dal momento che -sostiene- per quello che riguarda Al-Azzariyeh, si creerà un corridoio non più largo di 2 chilometri tra il muro già costruito ad ovest della località e quello che Gerusalemme innalzerà a est. La consolazione amara è che già altre volte alcuni giudici hanno preso posizione a favore di ricorrenti in appello palestinesi, imponendo alle autorità di modificare il tracciato della barriera in alcune aree.
Ma la stessa Corte Suprema israeliana ha sempre ignorato che l'Alta Corte di Giustizia dell'Aja ha affermato la barriera illegale perché sorge in gran parte su terre palestinesi occupate.

Alessandro Di Rienzo

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