Da LA REPUBBLICA di lunedì 31 maggio 2004, un articolo molto interessante anche se viziato da un punto di vista personale.

 

LO SCANDALO SANITARIO E IL SUO RETROSCENA

di Mario Pirani

 

Torna l’ombra della maxi-inchiesta sulla corruzione dei medici. Scrivo torna perché questa inchiesta è la stessa che aveva riempito i giornali all’inizio del 2003 e già allora (per la precisione Linea di confine del 17 febbraio) avevo espresso ampie riserve su una neo-tangentopoli inesistente. Il fatto stesso che questa inchiesta emerga periodicamente merita un chiarimento. In primo luogo perché si tratta di una inchiesta promossa dalla Magistratura ma di una iniziativa d’ufficio della Guardia di Finanza che nel 2001, sulla base di un decreto Tremonti, venne incaricata di attivarsi per sventare frodi nella spesa pubblica.

Si cominciò dalla spesa farmaceutica mettendo sotto vigilanza industrie e medici. All’inizio del 2003 venne diffuso l’annuncio dei primi risultati raggiunti a Verona, sede della Glaxo, giudicati, però, insufficienti dalla Procura che ordinò un supplemento d’indagini. Il fatto bastò però per imbastire una prima campagna di criminalizzazione. Ora siamo al secondo tempo: il dossier, arricchito di nuovi nomi (da 3.000 siamo a 4.713), è ora al vaglio del procuratore. Non essendo, però, neppure stati interrogati da un magistrato i presunti corrotti sono già stati ampiamente colpevolizzati e i loro nomi dati in pasto al mondo.

Le accuse, peraltro, si basano su un coacervo diversissimo che va dai finanziamenti alla ricerca e alla formazione, alla partecipazione ai congressi fino ai regali più o meno costosi per arrivare al dono natalizio di qualche bottiglia di vino. Già il procuratore capo di Verona, Papalia, dopo un primo esame ha premesso che per la stragrande maggioranza degli indagati l’eventuale condanna, trattandosi di reati minori, rientrerebbe nell’ambito di una contravvenzione, mentre resterebbe in piedi, da passa al vaglio inquirente e giudicante, un’accusa di corruzione e associazione a delinquere per 123 medici e farmacisti e 73 dipendenti della Glaxo E’ possibile, comunque che in questo più ristretto ambito l’azione penale pervenga a definire un certo numero di casi accertati di illegalità e corruzione. Non vi è attività professionale che ne sia esente, ma questo può suggerire maxi-inchieste che bollano d’infamia una categoria nel suo assieme? La risposta è tanto più inquietante se si esamina da vicino la casistica, in particolare il finanziamento della ricerca che si svolge nell’ambito ospedaliero universitario. Sono andato personalmente in uno dei principali centri sotto accusa, la Clinica per le malattie cardiovascolari e respiratorie della Sapienza, che occupa uno dei pochi padiglioni moderni e avanzati del nosocomio. Mi sono presentato al direttore del Dipartimento, prof. Francesco Fedele, che ha ricevuto varie ispezioni della Finanza, il quale mi ha spiegato come parte consistente della trasformazione tecnologica del reparto sia frutto di finanziamenti contrattati con case farmaceutiche, in cambio di programmi di ricerca e di formazione degli specializzandi. Questi finanziamenti, preventivamente approvati dal consiglio di dipartimento, fanno parte del bilancio dell’istituto. La ricerca sui malati, come anche i corsi di formazione, si svolgono con l’esplicita clausola dell’assoluta indipendenza scientifica. Ma vi è di più: il ministero e la Regione impongono all’università di realizzare prima con un consistente finanziamento privato per poter accedere a un residuo contributo pubblico per la ricerca. Questo sarebbe il meccanismo della corruzione? Al prof. Fedele verrebbe tra l’altro contestata una frase, estrapolata da una intercettazione telefonica, dove si lamentava di aver ricevuto troppo poco in rapporto a un’altra ricerca. E allora? Dove sta il dolo? E per quale ragione si mettono sotto ascolto i telefoni dei medici e degli informatori, quasi si trattasse di sospetti di terrorismo o di mafia? Ho telefonato a mezza Italia per sapere se ancora vige la pratica di invitare i medici in località turistiche con la scusa dei congressi. Dappertutto mi è stato risposto che questa pratica, abbastanza in uso nel passato, è oggi scomparsa perché i congressi scientifici, la cui frequentazione è entrata a far parte del punteggio-credito della formazione continua, decisa per legge, sono soggetti all’accreditamento del ministero della Sanità. Inoltre sono stati introdotti controlli elettronici per garantirne la frequenza. Potrei continuare con gli esempi. Aggiungo solo che questa campagna ha uno scopo ben preciso: attaccare il Servizio pubblico, bollandolo come un bacino di corruzione. Se poi con queste azioni quel poco di ricerca scientifica che ancora si fa in Italia finisce a carte quarantotto, chi se ne frega.

 

 

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