Gian Antonio Stella
Calabria, il
commissario Calderoli non arrivò mai
«Sbrigate le formalità, partirò», aveva
giurato. Di più: «Se al prossimo comizio non mi trovate, venite a
cercarmi in Aspromonte». Sì, ciao. Sua Eccellenza il Commissario
Spazzola Roberto Calderoli, dopo aver fatto fulmini e saette per essere
lui a strigliare personalmente i forestali calabresi, in Calabria non ha
mai messo piede. Manco una volta in mesi e mesi. Manco per sbaglio. Mai
chiesto ai sindacati una carta, un numero, un documento. Zero. Offrendo ai
critici, in questi giorni di sospiri sulle ragioni della legnata al Polo,
buone ragioni per fare una domanda: è questo il modo di affrontare i
problemi del Sud? Perché sia chiaro: i forestali calabresi un problema lo
sono. E' vero che non siamo più ai deliri clientelari dell' 83 quando il
loro numero si impennò al record di 28.904, ridicolizzando i 20 mila
forestali della British Columbia cui spetta vigilare sui boschi di un
territorio 65 volte più grande. E' vero che le assunzioni indecenti di un
tempo nei paesi di mafia (una «giacca verde» ogni 15 adulti a Mammola,
una ogni 13 a Platì, una ogni 8 ad Africo) sono molto più rare. E' vero
che oggi nessuno oserebbe riproporre le 19 qualifiche varate 7 anni fa su
cui svettava l'«aiuto-autobottista». E magari oggi Giacomo Mancini non
ripeterebbe quella maledizione del '98 quando lui, calabrese e socialista,
urlò che i forestali erano «una maledizione». Restano però sacche di
inefficienza, contaminazioni pericolose, vistosi residui di clientelismo.
E anche se i sindacalisti reggini hanno ragione se dicono che la Lega
«non si indignò quando gli allevatori del Nord scaricavano letame
sull'asfalto, per le quote latte», è fuori discussione che uno Stato non
può essere ricattato con un blocco di aeroporti, autostrade, stazioni e
imbarcaderi quale quello scatenato dai forestali nel dicembre scorso dopo
il taglio, in Finanziaria, dei 160 milioni di euro necessari a pagare gli
stipendi per un altro anno. Detto questo, la gestione dell'affare, a
distanza di mesi, appare catastrofica. Ricordate? Costretto a mollare e
ripristinare i finanziamenti tagliati, Berlusconi (che si limitò a
sfogare il malumore sul proprio cedimento definendolo «un paradigma
illuminante di ciò che non deve fare lo Stato» e lagnandosi di quanti
«mettono a dimora le piante e nello stesso tempo si augurano un
incendio») prese in parola la scenata di Calderoli. E per strappare il
sì della Lega lo nominò seduta stante «commissario ai forestali».
Quelli di An, di Forza Italia e dell' Udc saltarono su come tarantolati:
«Ma come: un leghista!» «Attenzione, se viene a monitorare la gestione
dei fondi, bene. Se invece viene a invadere i compiti della Regione, ciò
suonerebbe come inaccettabile rimprovero!», si indignò l'allora
presidente regionale Giuseppe Chiaravalloti. E le accuse di
assistenzialismo? «Infamia!». Più di tutti, però, strillò Gianni
Alemanno il quale, urlando che Calderoli non era «assolutamente l'uomo
adatto», cercò in tutti i modi di mettersi di traverso. Inutilmente.
«E' chiaro che Alemanno ha paura di Calderoli come commissario»,
insinuò Alessandro Cè, «perché quanto è stato coperto fino ad oggi
riguardo l'assistenzialismo di certe zone del Sud verrebbe scoperto».
Dotatosi di lente, pipa e berrettino a scacchi, Robert «Sherlock»
Calderoli si mise dunque al lavoro. Meglio: annunciò che si sarebbe messo
al lavoro. Suonando oboe, tromba e grancassa: «Sistemare il Sud,
risolvendo assistenzialismo e clientele, è interesse del Nord. E per la
faccenda dei forestali ci vuole qualcuno con una testa diversa...». Cioè
lui: «Non certo Alemanno: lui ha bisogno forse di garantirsi simpatie dei
forestali. Io andrò lì per sistemare una rogna». Certo, ammise, poteva
apparire un po' inesperto: è vero che aveva fatto dei rally, scritto
un'autobiografia («Mutate mutanda») dove aveva fatto «una faticosa
autopsia di se stesso» e assunto la carica di ministro per le Riforme
pure essendo un dentista, tuttavia in materia era a digiuno. Niente paura,
però: «Non conosco il problema, ma sono la persona giusta per
risolverlo». Sicuro? Sì, rispose parlando in terza persona come Giulio
Cesare e i mediani: «Abbiamo trovato finalmente la persona giusta che
risolverà il problema dei forestali calabresi». Sul serio? «Io vengo
dalle montagne e dai boschi e credo di avere competenza». E rincarò:
«Se Berlusconi ha scelto me non è un segno di ostilità verso il
Meridione ma è per il mio pragmatismo. Affronterò la questione degli
11.200 forestali in Calabria in modo concreto. Sto già pensando a un
progettino per lo sviluppo turistico dei parchi calabri...». Lo spiegò
anche a Bruno Vespa, venendone benedetto come un uomo che «adora il
Sud»: «Ignazio La Russa prevede che verrò dato per disperso
sull'Aspromonte. Vuole scommettere invece che mi innamorerò dei
calabresi? Anzi...». Anzi? «Delle calabresi». Macché: mai viste.
Almeno non in Calabria. E neppure a qualche riunione con i forestali o i
loro delegati, dato che non ne ha fatta una. L'unica volta che fu sul
punto (quasi) di scendere, alla vigilia di Natale, diede buca:
«Improcrastinabili impegni istituzionali». Gli amici della Casa delle
Libertà, che gli avevano preparato un'accoglienza calorosa sperando di
far rientrare le diffidenze, ci restarono male. «Verrò un'altra volta»,
disse lui. Mai visto. Peccato. Sarebbe stato interessante sentirgli
spiegare un'altra idea grandiosa: «Stiamo lavorando a un progetto che non
vada a penalizzare nessuno ma addirittura sia un'occasione rilancio. Ne
faremo una Svizzera: il Cantone Calabro!».
Corriere
della Sera di mercoledì 13 aprile 2005
LA LETTERA
Calderoli e il
caso del commissario per i forestali
Gian Antonio Stella
ha quasi ragione, lo confesso. Io in Calabria ci sono stato una
volta soltanto, negli ultimi mesi. L'ho fatto per cominciare a
guardarmi attorno per capire quale soluzione poter dare ad un
problema che si trascina da decenni, come quello dei
"forestali". E la prima (e unica) uscita aveva anche dato
risposte sorprendentemente positive, riscontrando che non ero visto
come il "barbaro venuto dal Nord" per eliminare una sorta
di ammortizzatore sociale, senza dare alternative. Poi più niente.
E sì che mi ero preparato alla possibilità di numerose trasferte,
avendo dato la mia disponibilità al premier Silvio Berlusconi per
essere nominato commissario di governo per la spinosa questione dei
forestali calabresi. Perché la mia disponibilità non si è mai
tramutata in incarico ufficiale. Forse anche per non scontentare
chi, all'interno della maggioranza, in vista delle elezioni, aveva
mugugnato non poco circa questo incarico. Gian Antonio Stella,
sempre alla ricerca di qualche occasione per potersi cimentare nel
suo sport preferito, l'antileghismo viscerale, nei giorni scorsi (
guarda caso dopo la sconfitta elettorale della Cdl, ma non della
Lega, alle Regionali) avrà saccheggiato il suo archivio telematico,
alla spasmodica ricerca di dichiarazioni rilasciate nel corso degli
anni dagli esponenti del Carroccio e si sarà sicuramente imbattuto
in quelle sue famose (o famigerate, dipende dai punti di vista)
interviste in cui riusciva a far emergere concetti e situazioni in
grado di generare titoloni antileghisti. Lo fece, ad esempio, per
restare agli anni Novanta, con l'ex autista di Bossi, Pino Babbini.
O con l'ex segretario della Liga Veneta che abbandonò la Lega Nord,
Franco Rocchetta. O con l'ex presidente della Camera, ex vandeana ed
ex politica, Irene Pivetti. Insomma, sempre pronto a prestare
servizio a quei " poteri forti" che si sono rivelati
ostili al nostro Movimento fin dalla sua nascita. Ma non si può
raschiare il barile, nemmeno quello contenente il buon vino veneto
che sicuramente Stella conosce, essendo vicentino ed avendo scritto
fortunati libri che raccontano il fenomenale sviluppo del Nord est.
Stella aveva evidentemente bisogno di qualche avvenimento recente
(un grande giornalista deve stare sulla notizia) in grado di armare
la sua penna e di coprire di disprezzo e di livore il leghista di
turno, magari su mandato di qualcuno. Attaccando il
"commissario dei forestali" che non si sarebbe mai recato
in Calabria a fare il suo dovere, il nostro eroe si è dimenticato
però di fare il suo, di dovere: quello di cronista. Non ha cioè
verificato la notizia, per altro niente affatto segreta, visto che
diversi miei comunicati stampa nei mesi scorsi avevano sottolineato
che l' incarico non mi era mai stato conferito. Facendolo, si
sarebbe accorto che il sottoscritto non ha mai ricevuto da
Berlusconi la nomina di commissario. Nella sua divertente prosa,
alternata a "copia e incolla" di mie dichiarazioni di
quando ero stato indicato come futuro responsabile governativo per
la questione dei forestali calabresi, Stella è riuscito nel suo
intento di denigrare la mia persona, cosa che peraltro, visto la
provenienza dell'attacco, mi inorgoglisce. Peccato però che il
bravo giornalista non abbia reso un buon servizio ai lettori del «
Corriere », spacciando per vero ciò che non è. E non certo per
colpa mia. Oltre tutto, dopo aver per anni disprezzato la Padania,
col suo articolo di ieri Stella ha dimostrato di disprezzare anche
la Calabria e la sua gente. Coraggio, caro Gian Antonio, sicuramente
la sua fervida fantasia riuscirà prossimamente a fornirle qualche
altro argomento, in modo tale da non farle perdere l'allenamento
nello spararle sempre più grosse. Il bersaglio sarà sempre quello
privilegiato: la Lega Nord. Quella Lega che non riesce proprio,
purtroppo per lei, a diventare una Stella cadente, e che riesce
sempre più ad ottenere il sostegno di quei cittadini che hanno
votato l'attuale compagine governativa per vedere andare in porto
finalmente le grandi riforme di cui necessita da anni il
Paese.
ministro per le Riforme Istituzionali e devoluzione
Roberto Calderoli
« Oh, buon Dio: è venuto di nascosto? » . Ecco cosa risponde
Giuseppe Chiaravalloti se gli chiedi una conferma: no, il
commissario ai forestali Roberto Calderoli, lui non l'ha mai visto
in Calabria. Neanche quell'unica volta in cui il ministro leghista,
nella lettera al « Corriere » dice di essere venuto: « Forse si
era travestito, non so » , aggiunge ironico l'ex presidente
regionale, « Dato che voleva compiere una indagine ispettiva,
magari era in incognito. A meno che non si sia confuso con una
riunione su tutt'altre questioni a Potenza. Lì sì, venne. Ma mi
rifiuto di pensare che un ministro (anche se certi leghisti dicono
che da un certo punto in giù siamo " tuti terùn")
confonda la Basilicata con la Calabria ». Mai convocato neppure a
Roma per una chiacchierata sul tema? « Mai » . « E quando sarebbe
venuto: di notte? », ghigna Michele Presta, il segretario regionale
dei forestali Cgil, « Se è così, è stato un fenomeno: nessuno
l'ha incontrato, nessuno lo ha visto, nessuno ha scritto una riga
sui giornali locali. «E come l'avremmo accolto? Con risposte
sorprendentemente positive ?», ride l' assessore alla forestazione
Dionisio Gallo, «Ma se non ho mai avuto occasione di parlargli
neanche per telefono!». Gli mandò perfino una lettera scrivendo
d'essersi adoperato, personalmente, nell'arredamento di una stanza
confortevole con le pareti ricoperte da incantevoli paesaggi montani
calabresi » e di avere prenotato il teatro di Lametia: «All'ultimo
momento ci mandò a dire che non poteva». E se fosse venuto in
incognito? «Per favore: evitiamo il ridicolo». Quanto a Gianni
Alemanno, il più polemico sull'incarico al ministro leghista,
sbuffa sarcastico: «Sarà venuto a fare il bagno». Insomma, al di
là delle sciocchezze sul mio «sport preferito, l'antileghismo»,
(ogni lettore del «Corriere» sa che scrivo da anni pezzi che
cercano di far le pulci a questo e quello senza badare al colore)
restano dunque due misteri. Il primo: come si travestì Calderoli
per visitare la Calabria senza lasciar tracce e avere insieme quelle
risposte «sorprendentemente positive»? Il secondo: ma davvero,
dopo tutto il casino che aveva fatto per aver la nomina e dopo gli
annunci berlusconiani, non è mai stato nominato ufficialmente
commissario? Vatti a fidare delle notizie del governo.
Gian Antonio Stella
Corriere della Sera di giovedì 14 aprile 2005 |
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