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Michele Serra

 

Bush bombarda l'onda anomala

Le società di psicoanalisi di tutto il mondo stanno studiando la nuova, inquietante svolta del caso Bush, che si è proclamato "comandante" dei soccorso umanitari nel Sud-Est asiatico. Secondo i primi commenti, è del tutto normale che il presidente sia apparso in tv solo tre giorni dopo la tragedia: sono i tempi di reazione normali in un soggetto che ha bisogno di almeno due giorni per capire quello che gli stanno dicendo, e nel caso in questione pare che Bush non avesse sentito il telefono perché indossava il vestito di Babbo Natale e la barba di ovatta gli aveva occluso le orecchie. Meno male che il paziente, con una grave ricaduta della sua sindrome ossessiva, parli di un'operazione umanitaria come se fosse una campagna bellica, e si sia presentato alle telecamere in tuta mimetica, per giunta dimenticando di togliersi la barba finta che ha reso poco intelligibili le sue parole.
I suoi più stretti collaboratori (la moglie Laura, le figlie, l'assistente sociale) hanno cercato di spiegargli che il maremoto non era doloso, ma Bush è convinto che surfisti arabi abbiano comunque dirottato l'onda anomala verso le coste affollate di turisti occidentali, tra i quali suo cugino Dummy, governatore di due o tre Stati del Middle West, che non è riuscito a salvarsi perché è rimasto incastrato nella sedia a sdraio. Difficili anche i primi rapporti con gli ambasciatori dei paesi colpiti: Bush ha accettato di parlare con loro al telefono solo dopo averli fatti perquisire da uomini dell'intelligence. A ciascuno di essi ha poi chiesto di indicare con chiarezza dove fosse il loro paese, rendendosi subito delle gravi difficoltà logistiche che una catastrofe così estesa comporta: non era facile tenere la cornetta del telefono con una mano e con l'altra sfogliare l'atlante geografico, specie perché Thailandia e Sri Lanka sono su due pagine diverse, e la pagina con le Maldive era stata strappata dalla nipotina Sarah (governatrice di uno Stato) per una ricerca scolastica. 
Riunito il suo staff d'emergenza (composto da 20 generali di corpo d'armata e un cappellano militare), Bush ha stabilito che la prima, evidente emergenza è indire libere elezioni in tutti i paesi colpiti dal disastro, invadendoli. Si è dunque informato sulle armi di distruzione di massa in possesso di quei regimi, grazie a un minuzioso rapporto di Condoleeza Rice. Desta molta preoccupazione la presenza (documentata) di cerbottane con frecce avvelenate nella giungla interna di Sumatra, ma non si sottovaluta la pericolosità delle flottiglie di piroghe, velocissime e infide, e delle terribili catapulte delle isole Andamane, ottenute flettendo le palme e lanciando noci di cocco fino a molte miglia di distanza. Ne ha fatto le spese un cognato di Bush, governatore delle Hawaii, colpito in messo al Pacifico da una noce di cocco lanciata dalle Andamane mentre pescava merluzzi a bordo del suo motoscafo d'altura, il Popeye. 
Una
volta introdotta la democrazia nel Sud-Est asiatico, Bush affronterà il problema successivo:come cazzo si scrive tsunami, e come impedire che nuovi tsunami siano deviati contro le coste americane dell'Ovest, o magari dell'Est, a seconda di come si tiene in mano il fottuto atlante? 
Sono alla studio diversi progetti. Il primo consiste nel bombardare frontalmente, in tutto il mondo, ogni onda superiore al mezzo metro, ma è stato giudicato troppo costoso e vede la forte opposizione del ramo californiano della famiglia Bush, appassionata di surf. Il secondo prevede la costruzione di una enorme diga, a un miglio dalla costa, che circondi tutta l'America del Nord, con garitte ogni 500 metri per segnalare eventuali sbarchi saraceni e attacchi di squali. Quanto ai soccorsi ai paesi colpiti, Bush ha già stabilito un primo invio, un milione di ombrelloni e diversi container di ombrellini da cocktail: pare sia rimasto sconvolto dalle terribili immagini con migliaia e migliaia di olive e bottiglie di Martini che galleggiano sul mare di quei paesi devastati.

  L'espresso del 13 gennaio 2005

 

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