Gian Antonio Stella
I conti aperti del ministro integralista
Il «mullah Girolamo» (Sirchia), come lo chiamano i radicali
rinfacciandogli posizioni un po' oscurantiste, non è
mai stato tipo di compagnia. Un giorno che si sentiva estroso, preso da una
vertigine di creatività, arrivò a sbottare in un' intervista:
«Quando c' è la salute c' è tutto!». Fu l' unica battuta, che si sappia, della sua vita. Ma riuscì solo in parte a cambiare quella immagine di grigia sofferenza che indossa con
cravatte grigie su vestiti grigi. Figuratevi perciò come può vivere oggi la
bufera per gli assegni a suo nome spediti da una multinazionale a una banca in Svizzera. Lui nega, nega,
nega. E assicura di non avere affatto, ai tempi in cui era primario di immunologia dei trapianti del Policlinico e assessore ai
servizi sociali di Milano, accettato consulenze per l' americana Immucor Inc,
che fa macchinari diagnostici. Di non ricordare d' aver
mai partecipato a congressi in giro per il mondo «a spese della Immucor». Di
non sapere nulla di quegli assegni della divisione tedesca della società
americana per un totale di 33 mila marchi spediti con un
corriere postale Ups a un funzionario della svizzera Ubs, ritirati nella filiale
dell' istituto di credito a Lugano e versati su un altro conto. E su questa
trincea è rimasto, anche dopo che la foto di uno degli
assegni era comparsa sulla prima pagina di Repubblica. Qualcosa da
rimproverarsi? «Assolutamente no». Per ora, sono solo nuvoloni neri. E il
presidente della Commissione Sanità del Senato Antonio Tomassini, ironizzando sull' «entità così esigua della somma di cui si parla», vale
a dire poco più di una trentina di milioni di vecchie lire, si è affrettato a
manifestare tutta la sua solidarietà all' amico: una «persona integra». Ma per
il titolare del ministero della Salute, protagonista della storica svolta sul
fumo (che secondo i maligni sarebbe all' origine di un
oscuro complotto ordito dall' impero del male tabacchiero), quegli assegni
intestati e la deposizione di Nino De Chirico, il dimissionario presidente
della divisione italiana della Immucor, i quali lo tirano dentro l' inchiesta
che già spinse al suicidio l' ex primario di immunologia dell' ospedale
Niguarda, Francesco Mercuriali, sono una botta durissima. L' ultima di una stagione ministeriale piuttosto contestata. Figlio di una milanese e di un immigrato pugliese comunista («Ne ho
visti tanti in casa, di comunisti, ho conosciuto le loro idee e non mi sono
piaciute»), laureato in medicina a 25 anni, docente in Semeiotica Medica e
Ematologia, primario per una vita al Policlinico, fondatore e segretario fino
al 1999 della Fism (la Federazione Italiana Società Medico-Scientifiche che,
accusa la Federazione italiana medici di famiglia, «è divenuta per lo stesso
ministero della Salute un interlocutore esclusivo e obbligato per tutto quanto
riguarda il mondo della formazione»), autore di 750 pubblicazioni, Sirchia non
è un uomo facile. Basti dire che ad Antonello Caporale, che gli chiedeva perché
non andasse a cena con gli altri ministri per
stemperare i continui contrasti, rispose: «Non credo
sia il caso. Non saprei cosa dire. Parlo poco». Da quando è lì, non perde
occasione per dichiarare la missione che si è data: «Sbindizzare il ministero
della Salute». Vale a dire buttar via tutto il lavoro fatto da Rosy Bindi, che
detesta almeno quanto detesta le bevande gassate che, come spiegò in una mitica
intervista, avrebbe voluto abolire dagli scaffali del
bar interno del ministero. Via tutto: coca-cola, aranciata,
chinotto... Il tutto, s' intende, per il bene collettivo. Come quando
per il bene collettivo lanciò la proposta d' introdurre
contro l' obesità, in tutte nelle mense pubbliche, la «mezza porzione». O
quando prima invitò i pensionati a non guardare la
televisione («Abolitela e vivrete più a lungo: nuoce alla salute»), poi
protestò contro lo sceneggiato «La Cittadella»: «Malgrado le mie proteste i due medici protagonisti continuano a fumare
dall' inizio alla fine!». O ancora quando suggerì, nel caso dovesse arrivare
un' altra estate calda come quella assassina del 2003, uno «spostamento degli
anziani in supermercati». Roberto D' Agostino lo bolla
col nomignolo di «Sirchia-pone», aggiornamento umano dell' equino
di Totò: «Ma ogni bella scarpa nu scarpone / c' o tiempo
addeventammo tutte quante / venette pure ' o turno ' e Sarchiapone...».
I medici lo adorano al punto di avergli scatenato
contro (record) cinque scioperi. Il fumatore scosso Giuliano Ferrara lo
benedice come portatore sano di quel bel decisionismo di odore
bettiniano: «Mi aggiro per le stanze gridando: "Viva lo Stato!, viva sua eccellenza il ministro!"». Daniele
Capezzone e i radicali lo considerano più o meno una beghina bigotta e nemica
della scienza, al punto che dopo l' ennesima sortita su aborto («è un
omicidio») e cellule staminali, piazzarono davanti a
Montecitorio un enorme striscione che diceva: «i Talebani ringraziano il mullah
Girolamo». Fa colazione bevendo solo caffè lungo senza zucchero,
salta puntualmente il pranzo sbocconcellando al massimo qualche grissino,
indossa alla cintura una macchinetta conta-passi che ogni tanto controlla
(«Bene, oggi sono già a 1.850»), se ne infischia dell' accusa mossa anche dai
suoi alleati di essere un decisionista con un debole per i collaboratori e le
collaboratrici più stretti («Sì, a Napoli ho nominato una mia assistente: e
allora?»), passa per essere vicino a Comunione e Liberazione e appena può
sospira: «Ah, quando c' erano le suore in ospedale, allora sì era molto meglio...».
Nemico acerrimo del fumo («Anch' io a 15 anni sono
stato fumatore, sedotto dal mito di Humphrey Bogart, ma la sigaretta non è più
simbolo di forza e emancipazione ma di debolezza, come il doping e la droga»)
descrive gli effetti della sigaretta con toni a volte così integralisti che ti
mettono voglia d' accendere un toscano anche se odii perfino l' odore del
tabacco: «Il fumo distrugge la femminilità: la pelle diventa opaca e grinzosa,
i denti neri e l' alito cattivo. La voce si trasforma e assume un timbro mascolino. La tosse si fa insistente e catarrosa. Gli
effetti estetici della sigaretta non sono un' attrattiva per gli uomini... ».
Un paio d' anni fa, a chi gli chiedeva come viveva
questo suo incontro con la politica, rispose: «Non arrivo io,
qui, alla mia età, a 68 anni e a fine carriera, per rubare o fare porcherie di
sottogoverno. Sarò il nemico più feroce di tutto ciò. Non voglio
chiudere la mia carriera con delle macchie per avallare operazioni di
sottogoverno». Dura, per lui, portare oggi addosso il
sospetto per quegli assegni in Svizzera….
Corriere della Sera
di domenica 6 febbraio 2005