POESIE... |
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Mario
Luzi "Credi che il
tuo sia vero amore? Esamina a fondo il tuo
passato" insiste lui saettando ben addentro la sua occhiata di
presbite tra beffarda e strana. E aspetta. Mentre io guardo lontano ed altro non mi viene
in mente che il mare fermo sotto
il volo dei gabbiani sfrangiato appena tra gli
scogli dell'isola, dove una terra nuda si
fa ombra con le sue gobbe o
un'altra preparata a semina si fa ombra con le sue
zolle e con pochi fili. "Certo, posso
aver molto peccato" rispondo infine
aggrappandomi a qualcosa, sia pure alle mie
colpe, in quella luce di brughiera. "Piangere,
piangere dovresti sul tuo amore male inteso" riprende la sua voce con un
fischio di raffica sopra
quella landa passando alta. L'ascolto e neppure
mi domando perché sia lui e non io di
là da questo banco occupato a giudicare i mali
del mondo. "Può
darsi" replico io mentre già penso ad altro, mentre la via s'accende
scaglia a scaglia e qui nel bar il
giorno ancora pieno sfolgora in due pupille di
giovinetta che si sfila il grembio per le ore di libertà e
l'uomo che le ha dato il cambio indossa la gabbana bianca e
viene verso di noi con due
bicchieri colmi, freschi, da porre uno di
qua uno di là sopra il nostro tavolo. Il Giudice |
Mario
Luzi Tace ora, mi chiedo se oppressa dal suo
Karma, (so della sua vita,
del nome che le dà, e del senso) mentre mostra a lungo lo
schermo sul selciato una
moltitudine stecchita in una posa tra
sonno e morte levarsi a stento in
preghiera e spulciarsi nell'alba. Né forse la colpisce
il primo aspetto ma un altro più
recondito, e vede una giustizia di
diverso stampo in quella sofferenza
di paria orrida eppure non
abbietta, e nella sua che le scende addosso. "Avere o non
avere la sua parte in questa vita" riemerge in parole il suo
pensiero - ma solo un lembo. E io ne tiro a me quella frangia ansioso mi confidi tutto
l'altro, attento non mi rubi niente di lei, neppure l'amarezza,
ed attendo. S'interrompe invece.
Seguono altre immagini dell'India e nel loro riverbero
le colgo un sorriso estremo tra
di vittima e di bimba quasi mi lasci quella
grazia in pegno di lei mentre si
eclissa nella sua pena e l'idea di se stessa
le muore dentro. "Perché porti
quel giogo, perché non insorgi" mi trattengo appena
dal gridarle, soffrendo perché soffre,
certo, ma più ancora perché
lascia la presa della mia tenerezza non
saziata e piglia il largo piangendo; "Ascoltami"
comincio a mormorarle e già penso al
chiarore della sala dopo il technicolor e a lei che sul punto
di partire mi guarda da dietro la
lampada della sua solitudine
tenuta alzata di fronte. "Mario" mi
previene lei che indovina il resto. "Ancora levi come una spada,
buona a che?, lo sdegno per le cose
che ti resistono. Uomo chiuso
all'intelligenza del diverso, negato all'amore: del
mondo, intendo, di Dio dunque" e indulge a una
smorfia fine di scherno per se stessa salita
sul pulpito, e quasi si annulla. "Davvero vorrei
tu avessi vinto" le dico con affetto
incontenibile, più tardi, mentre scorre in un brusio
d'api, nel film senza commento, l'India. L'India |
A DISPOSIZIONE DELLO SPIRITO |