Gian
Antonio Stella
Famiglia
Bossi, in Europa fratello e figlio del Senatùr
In
attesa che Umberto Bossi sia pronto al gran rientro (auguri), la Lega Nord
guarda al futuro. E ha mandato a prendere confidenza con Bruxelles e con le
istituzioni comunitarie, nel mentre crescono i giovani eredi Renzo, Roberto
Libertà ed Eridanio, un altro paio di appartenenti alla Real Casa
Senatùria: Franco Bossi (il fratello) e Riccardo Bossi (il figlio
primogenito). Assunti pressi il Parlamento europeo con la qualifica di
assistenti accreditati. Portaborse, avrebbero detto i padani duri e puri di
una volta. Ma pagati sontuosamente. Per l'attachè, ogni deputato riceve
infatti 12,750 euro. Pari a 24 milioni e 687 mila vecchie lire. Al mese.
La notizia, contenuta nell'elenco ufficiale pubblicato
dall'Europarlamento e facile da controllare sul sito internet
www2.europarl.eu.int/assistants, non precisa che mestiere facciano i
due.
Visto che l'assistente accreditato, pagato coi soldi nostri, è il
braccio operativo di ogni bravo parlamentare, si presume che parlino
fluentemente alcune lingue, capiscano di economia, siano dotti nelle materie
giuridiche e magari abbiano una competenza specifica in qualche settore chiave
nel quale il deputato di riferimento deve destreggiarsi.
Franco Bossi, una preparazione, ce l'ha. Sa tutto di valvole, canne,
pistoni, bronzine, guarnizioni, valvole, pompe ad acqua... Dopo aver studiato
fino alla terza media inerpicandosi su su fino alle "commerciali",
manda avanti infatti un negozio di autoricambi a Fagnano Olona. Una
professionalità che, unitamente alla passione leghista, ha spinto il
Carroccio non solo a ipotizzare una sua candidatura al posto di Umberto nel
collegio di Milano 3 (dove poi, forse per evitare le accuse di far tutto in
famiglia, fu poi scelto il medico di casa del Senatùr) ma ad affidargli negli
anni ruoli di spicco quali quello di c.t. della squadra di ciclismo della
Padania, di socio della controversa "cooperativa 7laghi", di membro
del consiglio di amministrazione dell'Aler (case popolari) di Varese.
Esperienze che a Bruxelles gli saranno utilissime.
Quanto a Riccardo Bossi, se ne sa ancora meno. Se infatti sono ormai
celebri i fratelli avuti dal papà nel secondo matrimonio, e in particolare il
delfino Roberto Libertà cui il giornale La Padania arrivò a regalare per il
compleanno un'intera pagina di sdiluviante entusiasmo ("Che fortuna avere
12 anni e festeggiarle in cima al Monte Paterno!"), lui è infatti
rimasto sempre piuttosto defilato. Si sa che ha 23 anni, che è un ragazzone
grande e grosso, che va matto per le auto ed è fuori corso all'università.
Fine. Figlio di Gigliola Guidali, la prima moglie del segretario leghista che
raccontò in un'intervista di aver chiesto la separazione dopo aver scoperto
che Umberto usciva tutte le mattine di casa con la valigetta del dottore
("ciao amore, vado in ospedale") senza essersi mai laureato, pare
non somigliare molto al padre. Tranne in una cosa: come il Senatùr alla sua
età, diciamo, non è propriamente un secchione.
A scegliere come braccio destro
Franco Bossi, dice il sito dell'Europarlamento, è stato Matteo Salvini, già
direttore di quella Radio Padania Libera che per anni ha cannoneggiato contro
il clientelismo e le assunzioni in Terronia di amici, cognati e parenti. A
scegliere Riccardo, lo "zio" Francesco Speroni, che di Umberto è
stato il capo di Gabinetto al ministero delle Riforme e che in tema di
nepotismo aveva già fatto spallucce davanti a un'altra polemica: la
designazione, come presidente della provincia di Varese, di Marco Reguzzoni,
marito di sua figlia Elena.
Intendiamoci: tutto il mondo è paese. Lo ricordava già, ai suoi tempi,
il cardinale Enea Silvio Piccolomini diventato Papa con il nome di Pio II:
"Quand'ero solo Enea/nessun mi conoscea/ora che sono Pio/tutti mi chiaman
zio". La scelta del fratello e del primogenito del Sematùr per quelle
due cadreghe europee, tuttavia, sia pure preceduta da altri piacerini a
parenti e amici, segna il punto d'arrivo di un cammino che pareva partito con
altri itinerari. Basti ricordare alcuni dei moniti di Umberto contro il "familismo
amorale" e i regali ai clientes: "La Lega assicura assoluta
trasparenza contro ogni forma di clientelismo". "Il nostro
programma? Incrementare i posti di lavoro, eliminare i favoritismi clientelari
e restituire il voto ai cittadini". "Non si barattano i valori-guida
con una poltrona".
"Questo deve fare un segretario di sezione: far crescere la gente e
non dare spazio agli arrivisti. Dobbiamo essere in primo luogo inflessibili
medici di noi stessi se vogliamo cambiare la società!". Parole riprese e
urlate in mille piazze e sagre e mille comizi da tutta la corte di
fedelissimi, da Calderoli a Castelli, da Maroni al mitico "Sciur Curàt".
E impresse nel marmo della storia da un gesuitico comunicato dell'allora
addetta stampa della Lega Simonetta Faverio:" In un movimento che si
propone di far la rivoluzione non ci può essere posto per gli arrivisti, i
corrotti, i poltronari, i leccaculo, "i pentiti", e i lottizzatori.
Chi si è proposto di cambiare questo nostro povero Paese non può nello
stesso tempo volere un posto al sole per sé e per i suoi amici, non può
usufruire dei privilegi di cui hanno goduto i piccoli uomini politici della
partitocrazia. Non può insomma parlare bene e razzolare male, prendendosi
così gioco della base pulita, dei militanti, e di quei dirigenti onesti che
per la causa leghista sarebbero disposti a tutto". Parole d'oro. Premiate
un paio d'anni fa con la nomina di Simonetta, in quota leghista, a vice della
ancillare Anna La Rosa alla direzione dei servizi parlamentari della
lottizzatissima Rai.
Corriere
della sera 11 novembre 2004
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