E’ L’ISTRUZIONE CHE CI FA VIVERE A LUNGO

 

  Il British Medical Journal, con il contributo dei lettori di tutto il mondo, ha steso una lista delle quindici pietre miliari che hanno maggiormente inciso contro le malattie nell’ultimo secolo e mezzo. Si è votato via web (anche in Italia, vedi Corriere salute ondine) e ha vinto l’igiene, con fognature e acqua potabile, ma tutti sembrano essersi dimenticati di un evento ancora più importante per la salute: l’introduzione dell’obbligo scolastico e la sua progressiva estensione.

  A forza di parlare di grandi avanzamenti scientifici e scoperte della medicina, siamo tutti tentati di pensare che la nostra salute e longevità dipendano soprattutto da cure e tecnologie sempre più sofisticate. Invece, è ormai noto che queste pesano solo per una piccola parte sul prolungamento della vita e che è più importante mangiar bene, fare moto ed evitare il fumo e l’eccesso d’alcol. Però non basta: anche queste sacrosante regole spiegano solo una parte delle differenze tra chi campa a lungo e bene e chi si ammala presto e muore.

  Col titolo “A caro prezzo” l’Osservatorio sulla salute globale ha sfornato un rapporto nel quale si esplorano le disuguaglianze che attraversano il mondo contemporaneo a proposito di salute. Il volume non documenta solo l’enorme ingiustizia per cui un neonato europeo ha davanti a sé quasi 50 anni di vita in più rispetto a un coetaneo africano, ma anche quella più sottile per cui in qualsiasi città del mondo ricco, tra i quartieri alti e i più modesti (ma non poveri) corrono differenze pesanti e crescenti nel tempo per tutte le cause di malattia e di morte.

  Qual è la ragione per cui la classe sociale rappresenta da sola il principale fattore di salute e malattia? Si pensava fosse il reddito, perché con i soldi si compra tutto; invece è il livello di istruzione che emerge sempre più chiaramente, indagine dopo indagine, come elemento chiave.

  Parafrasando un vecchio proverbio, si potrebbe dire che con le gambe sotto il banco non si invecchia mai: addirittura pare che ad ogni anno di scuola in più corrisponda un anno e mezzo di vita in buona salute guadagnato. Un economista ha detto tempo fa che, se si vuole migliorare la salute della gente, rende di più investire sulle scuole che sugli ospedali.

  Come accade? Non è solo l’informazione che conta: tutti sanno che il fumo fa male, ma i meno istruiti ci cascano di più. Piuttosto la scuola insegna meglio a guardare oltre il proprio naso e pensare al proprio futuro, rinunciando a un piacere immediato per un guadagno futuro. Più in generale una buona istruzione mette l’individuo in condizione di controllare meglio il proprio destino, e di scegliere per sé, oltre a partecipare alle scelte collettive.

  Vista da questo punto di vista, la salute non è altro che un prodotto di quel processo di espansione delle libertà reali che è, secondo il premio Nobel per l’economia Amartya Sen, la vera natura dello sviluppo, ben oltre la crescita del prodotto interno lordo a cui oggi molto lo riducono. Insomma, come direbbe Gaber, salute è partecipazione.

 

Roberto Satolli

 

Corriere della Sera di domenica 28 gennaio 2007

 

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