Per una volta parliamo di sociale
e in modo particolare delle politiche degli anziani e per meglio dire delle
persone parzialmente o totalmente non autosufficienti. In questo settore, dopo
la fiammata della legge 328/2000 meglio nota come legge Turco,
non è successo più
niente. Lo Stato, c’entra senz’altro il cambio di governo, in questi anni non
ha fatto nulla, ma anche le Regioni a parte qualche lodevole trastullo
legislativo non è che si siano distinte in
comprensione della dimensione dei problemi da affrontare (e risolvere) e
dinamismo politico, programmatorio e progettuale.
Si è quindi verificato un ritardo (incolmabile?) tra le
esigenze scaturite dalla società e la risposta istituzionale.
Il dibattito si è incentrato principalmente sull’istituzione
di un “fondo nazionale (o regionale) per la non autosufficienza” senza affrontare
la vera sfida attuale e futura e cioè l’inadeguatezza
e la frammentarietà delle strutture e dei servizi competenti.
Senza aver realizzato una rete territoriale di elevata qualità, che ponga fine all’esistenza di case di
riposo (o istituzioni similari) di modeste o piccole dimensioni incapaci per
loro natura di reperire risorse finanziarie indispensabili per investimenti
strutturali, di sviluppare percorsi di formazioni e aggiornamento professionali
in grado di esaltare il personale addetto e di riflesso la qualità dell’assistenza,
oltre a non andare da nessuna parte, si alimenta un circuito negativo costituito
dagli inevitabili sprechi e sperperi.
Servono, insomma, per i servizi sociali, in particolare
per quelli rivolti alla non autosufficienza, la stessa operazione riuscita nel
1978 con la legge 833 di istituzione del Servizio
Sanitario Nazionale che ha permesso, pur tra molte difficoltà e ritardi ancora da
colmare, di razionalizzare la rete ospedaliera, modificando, incrementando e
migliorando nel contempo l’organizzazione territoriale dei servizi e una vera
integrazione dei servizi sanitari con i servizi socio-assistenziali.
Certo, nell’assistenza
residenziale non ospedaliera sono ben più presenti che nella sanità localismi (favoriti
dallo status giuridico degli enti preposti, generalmente Ipab,
che ragionano e si comportano come repubbliche indipendenti e sovrane) che
alimentano le resistenze ad un moderno, civile e razionale sbocco istituzionale.
In questo contesto, le Regioni,
che hanno acquisito nel tempo una titolarità e una competenza importanti,
debbono assumersi le responsabilità che a loro competono, mettendo fine ad una inanità
colpevole che rischia di mettere a repentaglio la qualità attuale e futura dei
servizi offerti ai cittadini.