TENSIONI ETICHE E…
COMMI LEGISLATIVI
In
Lombardia sono stati denunciati alla Corte dei Conti 560 medici di famiglia,
rei di essere “iper-prescrittori”.
Di essere
cioè medici che prescrivono farmaci in modo maggiore
rispetto alla media degli altri loro colleghi.
La
notizia è stata riportata in questi giorni dalla stampa e dai
media radiofonici e televisivi.
La
denuncia è il frutto del lavoro svolto dalla Guardia di Finanza impegnata ormai
da tempo a reprimere, in sanità, le truffe ed i reati correlati.
Non sappiamo,
perché le notizie raccolte ancora non ce lo dicono, se
l’iper-prescrizione è stata giudicata da un organismo
tecnico o se è stata valutata tale sulla base dei soli dati contabili.
Vorremo sperare (anche se non ce lo auguriamo) che sia vera la prima
ipotesi.
Perché se
la denuncia dovesse derivare dal rilievo del solo dato contabile,
significherebbe che la valutazione dell’appropriatezza
prescrittiva, che è il vero obbiettivo delle indagini
di tale tipo, è stata demandata a valutazioni contabili ed ad un corpo militare
dello Stato e non già, come ci parrebbe sacrosanto, ad una commissione di
tecnici (in questo caso di medici, farmacisti e funzionari di
ASL).
In
momenti in cui le risorse disponibili sono drammaticamente ridotte, consumare
bene quelle disponibili è non solo irrinunciabile ma
anche etico.
Val la
pena di ricordare però che in sanità non valgono le regole che vigono
nell’industria e che la salute della gente non si misura con il calcolo del
prodotto e del fatturato.
Quella
dell’appropriatezza è una ricerca che coinvolge
tecnologia e conoscenze scientifiche, ma anche etica e umanità.
Un
editorialista del British Medical
Journal un paio d’anni fa scriveva : “Se i manager
(leggi politici) si dovessero preoccupare dei bisogni del singolo paziente,
senza tener conto delle conseguenze sugli altri e dei problemi di budget, si
creerebbero le condizioni per un collasso del sistema. D’altra
parte se i medici decidessero che la loro principale preoccupazione è il
tranquillo funzionamento del sistema e l’esecuzione di programmi senza tener
conto delle conseguenze per il paziente che sta loro di fronte, la qualità
dell’assistenza ne subirebbe gravi conseguenze ed il consenso collettivo verso
i sistemi sanitari verrebbe a mancare. I dottori devono (dunque)
preoccuparsi delle cure nei loro pazienti. I decisori politici e amministrativi
devono invece farsi carico della condizione di tutti i pazienti in un quadro di
risorse definite.”
Il
concetto dell’editorialista in pratica era quello che i malati sono serviti
bene se tra chi li cura e chi programma e decide sulle risorse si crea una tensione dialettica che vuole il medico schierato
dalla parte del singolo ed il politico da quello della collettività.
Le cose
potranno andar bene se, in questa tensione dialettica, il medico rinuncerà ad
una parte della sua autonomia e il politico alla tentazione di “dominare tutti
gli spazi delle attività sanitarie”.
Quello
dell’appropriatezza nel consumo delle risorse è
dunque un problema che si gioca su due tavoli.
Quello
del medico e quello dell’amministratore.
L’altra
notizia di questi giorni, riportata con meno enfasi, se non addirittura
ignorata dai media, è quella che all’interno della
Legge n.43 del 1° febbraio 2006, quella che
disciplinerà le professioni sanitarie non mediche, sono stati inseriti due
commi.
In questi
sta scritto che a dirigere un’Azienda Ospedaliera o una ASL
potrà essere chiamato un ex senatore, un ex deputato o anche solo un ex
consigliere regionale.
E se
si tratterà di un medico, questi sarà esonerato dalla formazione continua.
A
prescindere dal fatto che già si sospettava che quella dell’aggiornamento fosse
una nota stonata tra chi in sanità ha ambizioni amministrative, la decisione ha
provocato vari commenti, e tra questi alcuni decisamente
non benevoli.
Tra chi
non l’ha proprio “digerita” c’è stato chi ha interpretato i due commi come “un
pernicioso effetto indiretto della nuova legge elettorale”.
Quest’ultima,
ha commentato, ha
già provocato molte mancate ricandidature e quindi ….quale miglior posto per ex parlamentari, ex senatori ed ex
consiglieri, di quello di Direttore Generale in una ASL o in una Azienda
Ospedaliera?
E questo
a prescindere dalle competenze specifiche….!
Non
riteniamo, ovviamente, di essere in grado noi, su un tema così delicato, di
esprimere giudizi autorevoli.
Di certo,
rileviamo che il fatto ha sollevando dubbi sulla tensione etica con la quale i
nostri amministratori stanno tentando di rimettere ordine nella nostra sempre
più disastrata sanità pubblica.
Al punto
che qualcuno vorrebbe vedere impegnata la guardia di finanza anche per
controllare l’attività dei nostri parlamentari.
Direttore di “Verona medica”