PROGETTARE IL FUTURO
Nelle pagine dei giornali e nelle trasmissioni televisive
di fine/inizio anno appaiono regolarmente fino ad occupare quasi tutto lo spazio le cronache dell’anno che sta per finire e i buoni
propositi (molte volte uniti in una specie di rito scaramantico agli oroscopi)
dell’anno che va ad iniziare.
Quello che c’è di curioso è che i buoni propositi di
diversi esponenti della nostra cosiddetta classe dirigente sono generalmente
equiparabili a formule miracolose che dovrebbero riuscire a risolvere o realizzare
nell’arco di soli 365 giorni problemi o opere che
abbisognano di ben altri tempi.
Pochi si limitano a ragionamenti sensati, ricordando che
problemi e opere di carattere pubblico per essere risolti o realizzati hanno
bisogno del concorso di numerose circostanze: il richiamo costante, seppure
anche implicito, a valori e principi unificanti la società, la capacità di
programmare e progettare il futuro, la volontà e l’impegno determinati uniti ad
un esemplare spirito di servizio.
Ora, dispiace constatare che così proprio non è.
In questi ultimi anni, c’è stata una specie di
“involuzione culturale” che ha avuto diversi e a volte sorprendenti corifei (ad
esempio quel Presidente del Consiglio, comunista fino ad ieri, che incita gli
italiani ad “arricchirsi” e tesse le lodi del “lavoro precario”) che in nome e
per conto di principi e valori spacciati come “liberali” hanno fatto a gara a
minare le basi della convivenza civile, che storicamente si fonda su alcuni
semplici principi etici sociali ed economici.
Uno di questi, in democrazia, è rappresentato dal concetto
di solidarietà che mantiene attuale l’insuperato “monologo di Menenio Agrippa” il quale, pur dando per assodata la diversità
sociale ed economica, coglie l’elemento centrale della convivenza civile e cioè che ogni
uomo, indipendentemente dalla propria condizione, occupa un ruolo e una
funzione indispensabili all’interno
della società civile.
Non a caso, società che ritengono prevalente il ruolo
dell’economia (Stati Uniti) e politici che hanno costruito le proprie fortune
sul primato del privato sul pubblico (Thatcher) non hanno
portato fino in fondo la realizzazione dei principi e
dei programmi ai quali facevano o fanno riferimento, proprio per la carica
dirompente sul piano della convivenza civile che questo avrebbe comportato.
Provate a pensare se in un paese come gli Stati Uniti in
cui già oggi una cospicua minoranza (più del 13 del cento della popolazione)
non usufruisce di alcun tipo di assistenza sanitaria,
si togliesse ad un’altra parte tanto cospicua (il ceto medio formato da
anziani, disoccupati, ecc.) da formare la maggioranza relativa degli americani
l’assistenza pubblica, pur parziale e incompleta, costituita dai programmi
Medicare e Medicaid, introdotti negli anni Sessanta
dal presidente democratico Johnson, tuttora in
essere. Difatti, da allora, nessuna amministrazione
successiva, nemmeno quella del mitico deregolarizzatore
Reagan ha osato toccarla.
Provare a pensare, cosa sarebbe successo
nella Gran Bretagna culla del “Servizio sanitario pubblico”, che ha ispirato i
programmi politici di molte forze politiche riformatrici, se
In questi due paesi, con risultati molto inferiori alle
attese, si è mirato a modificare, negli Stati Uniti a favore delle aziende
farmaceutiche (chiusa in modo deludente la parentesi riformista clintoniana abortita sul nascere) e in Gran Bretagna con
una cervellotica apertura al privato, più che a correggere i problemi, evitando
di misurarsi con il futuro.
Oggi, questo sta succedendo anche nel nostro Paese e nella
nostra Europa, l’uno alle prese con la decadenza del proprio servizio pubblico
favorita da una fatiscente classe politica, l’altra di cui sono evidenti
l’asservimento a interessi di natura privatistica (basti pensare per esempio che la competenza
sui farmaci è affidata al commissario per l’Industria e quella alla Veterinaria
a quello per l’Agricoltura).
In questo contesto di incertezza
politica, il diritto alla tutela della salute (insieme ad altri diritti civili
e sociali) corre rischi enormi se non riemergono principi e valori pubblici e tensione
morale indispensabile. Per progettare il futuro.