Giustizia per Srebrenica
Con
ogni probabilità non sarà mai possibile risalire al numero esatto delle persone
“scomparse” o uccise a Srebrenica nel luglio 1995. Quello che è certo,
tuttavia, è che le vittime siano state almeno 7.800-8.000, in larga parte uomini
e ragazzi musulmani-bosniaci che erano stati separati dalle donne, dagli
anziani e dai bambini quando furono evacuati dalla “zona di sicurezza”, sotto
la protezione delle Nazioni Unite. Tra le persone “scomparse” figurano anche
coloro che non riuscirono mai a raggiungere il territorio sotto il controllo
del governo bosniaco dopo che avevano cercato di fuggire a piedi attraverso le
foreste.
Il 6 luglio 1995, unità speciali Drina dell’esercito della Republika Srpska
(Vojska Republike Srpske – Vrs) bombardarono Srebrenica e attaccarono le
postazioni degli osservatori olandesi delle Nazioni Unite situate nella “zona
di sicurezza”. L’attacco continuò fino all’11 luglio.
Il 10 luglio 1995, mentre le truppe del Vrs avanzavano verso l’enclave di
Srebrenica, circa 25.000 civili che erano rimasti all’interno della città
fuggirono verso Potočari, una cittadina industriale situata a 4 km a nord
di Srebrenica dove era collocata la base principale del contingente di
protezione delle Nazioni Unite (Unprofor), in attesa dell’evacuazione verso il
territorio sotto il controllo del governo bosniaco.
“Il 12 luglio 1995 e nei giorni immediatamente successivi, alla presenza di
Ratko Mladić e Radislav Krstić, vicino all’insediamento militare
delle Nazioni Unite a Potočari giunsero da 50 a 60 tra autobus e
autocarri. Subito dopo l’arrivo dei veicoli, iniziò il processo di deportazione
dei profughi musulmani-bosniaci. Mentre donne, bambini e uomini
musulmani-bosniaci venivano fatti salire a bordo degli autobus e degli autocarri,
il personale militare serbo-bosniaco separava gli uomini da donne e bambini,
trattenendo gli uomini all’interno e nei pressi di Potočari” .
Sebbene gli uomini prelevati a Potočari fossero in maggioranza in età
militare, furono portati via anche anziani e minorenni, compresi ragazzi di 13
anni di età. La sera dell’11 luglio 1995, un secondo gruppo di all’incirca
15.000 musulmani- bosniaci, comprendente anche donne e bambini, si radunò nel
villaggio di Potočari, vicino a Srebrenica e fuggì formando un’enorme
colonna attraverso le foreste del territorio sotto il controllo del governo
bosniaco nei dintorni di Tuzla, a 50 km in direzione nord-ovest. Circa un terzo
del gruppo era formato da militari musulmani-bosniaci, compresi uomini che
avevano prestato servizio nell’esercito della Bosnia ed Erzegovina. I restanti
erano civili, compresi adolescenti e donne. Questo gruppo si mise in viaggio e
cadde vittima di un’imboscata da parte del Vrs; di molte persone catturate non
si seppe più nulla.
Sebbene alcuni dei dispersi potrebbero essere rimasti uccisi in battaglia o
sotto i bombardamenti, nella maggior parte dei casi gli uomini e i ragazzi che
furono separati dai civili a Potočari o catturati mentre fuggivano verso
il territorio sotto il controllo del governo bosniaco furono deliberatamente e
arbitrariamente uccisi dalle truppe del Vrs. Tra l’11 e il 18 luglio 1995 i
militari del Vrs uccisero arbitrariamente e deliberatamente migliaia di
musulmani-bosniaci fatti prigionieri, uccidendoli nei pressi dei luoghi di
detenzione. Altri furono trasportati in svariati luoghi di esecuzione in tutto
il territorio sotto il controllo delle unità Drina del Vrs.
La sistematica e organizzata uccisione su vasta scala di migliaia di
musulmani-bosniaci, che ebbe luogo nell’enclave e nei dintorni di Srebrenica dall’11
al 18 luglio 1995, è stata considerata dal Tribunale penale internazionale per
l’ex Jugoslavia (Tribunale) quale atto di genocidio. Il risultato finale fu
l’omicidio o l’espulsione forzata dell’intera popolazione musulmano-bosniaca
dalla cosiddetta “zona di sicurezza” delle Nazioni Unite di Srebrenica.
La
Commissione Srebrenica
Nel marzo 2003, la Camera per i diritti umani della Bosnia ed Erzegovina emise
una sentenza sul caso di 49 parenti degli “scomparsi” di Srebrenica che avevano
sporto denuncia contro le autorità della Republika Srpska (Rs). La Camera
riconobbe espressamente l’incessante dolore dei parenti degli “scomparsi” e
concluse che la Rs non aveva fatto pressoché nulla per alleviare la loro
sofferenza. La Camera ritenne che l’inerzia delle autorità della Rs costituiva
una violazione dei diritti umani fondamentali dei parenti, compreso l’art. 3
della Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e delle libertà
fondamentali relativo al diritto a non essere sottoposti a tortura o trattamento
crudele, inumano e degradante. La Camera ingiunse alla Rs di rendere
immediatamente nota qualsiasi informazione utile a chiarire la sorte e la
localizzazione degli “scomparsi”. La Rs fu sollecitata a condurre indagine
esaustive e approfondite sulle violazioni dei diritti umani compiute a
Srebrenica, a consegnarne i responsabili alla giustizia e a corrispondere 4
milioni di euro a titolo di risarcimento collettivo per tutti i querelanti e le
famiglie delle vittime di Srebrenica .
Cosa è
stato fatto finora?
All’inizio di giugno 2003, la Rs presentò un breve rapporto alla Camera che non
soddisfaceva le richieste. Nel gennaio 2004 si insediò una commissione
istituita dalle autorità della Rs per indagare sugli eventi che ebbero luogo a
e nei dintorni di Srebrenica tra il 10 e il 19 luglio 1995. La commissione fu
istituita dopo che nel 2003 la Camera dei diritti umani aveva ordinato alle
autorità della Rs di condurre una completa, significativa, approfondita e
dettagliata indagine sulle violazioni dei diritti umani che ebbero luogo
all’indomani della caduta di Srebrenica.
Il rapporto preliminare della commissione, datato aprile 2004, mise in luce
l’ostruzione sistematica del lavoro della commissione, in particolare da parte
dei militari, della polizia e delle autorità di intelligence della Rs. Dopo
aver ricevuto il rapporto preliminare, l’Alto rappresentante dispose una serie
di misure a sostegno del lavoro della commissione, compreso il congedo
dell’ufficiale di collegamento della Rs con il Tribunale, il capo di Stato
maggiore dell’esercito della Rs e la sostituzione del presidente della
commissione Marko Arsović.
Nel giugno 2004 la commissione pubblicò un rapporto provvisorio contenente
informazioni sul ruolo della polizia della Rs e delle forze armate nelle
massicce violazioni dei diritti umani che ebbero luogo a Srebrenica, dando
conferma delle esecuzioni di migliaia di non serbi dopo la caduta di
Srebrenica. Nell’ottobre 2004 la commissione pubblicò il suo rapporto
conclusivo contenente informazioni sul ruolo della polizia e delle forze armate
della Rs nelle massicce violazioni dei diritti umani di Srebrenica, che il
Tribunale giudicò come genocidio. Il rapporto confermava che dopo la caduta di
Srebrenica furono uccisi 7.800 non serbi. Inoltre, il rapporto dava
localizzazione di 32 fosse comuni in cui erano stati sepolti i corpi; 11 di
queste erano sconosciute in precedenza. Nel mese di novembre, per la prima
volta, il governo della Rs riconobbe le violazioni dei diritti umani compiute a
e nei dintorni di Srebrenica tra il 10 e il 19 luglio 1995.
Nel gennaio 2005, l’Alto rappresentante ha espresso la propria preoccupazione
poiché fino ad allora il governo della Rs non aveva intrapreso alcuna azione
riguardo all’impegno di assicurare alla giustizia i responsabili delle
violazioni dei diritti umani. Le autorità della Rs sono state conseguentemente
sollecitate a costituire un gruppo per esaminare il rapporto della Commissione,
e in particolare a identificare coloro i cui nomi figuravano negli allegati confidenziali
al rapporto e che continuavano a essere impiegati presso le autorità della Rs.
Il 31 marzo 2005, con un mese di ritardo rispetto a quanto richiesto, le
autorità della Rs hanno presentato un rapporto contenente i nomi di circa 892
soggetti sospettati di coinvolgimento nei fatti di Srebrenica, molti dei quali
continuavano a detenere posizioni nell’esercito serbo-bosniaco, nella polizia e
in organismi municipali. Finora non sono stati resi noti dettagli riguardo ai
soggetti o al loro presunto ruolo svolto, ma secondo una dichiarazione del
governo: “Con questa misura, il governo della Republika Srpska ha dimostrato la
propria determinazione nell’adempiere agli impegni assunti per far completa
luce sugli eventi che ebbero luogo a e nei dintorni di Srebrenica tra il 10 e
il 19 luglio 1995”. Il rapporto è stato consegnato sia all’Ufficio dell’Alto
rappresentante sia al procuratore di Stato per la Bosnia ed Erzegovina, il cui
ufficio stava conducendo una revisione del rapporto.
Impunità
continuata
A dieci anni dalla fine della guerra in Bosnia ed Erzegovina, 10 sospetti
incriminati dal Tribunale risultano latitanti. La maggior parte di essi,
compresi Radovan Karadžić e Ratko Mladić, si ritiene siano rimasti
nella Rs o si trovino in Serbia. Nonostante la resa volontaria tra gennaio e
marzo 2005 al Tribunale di circa sette sospetti serbo-bosniaci residenti in
Serbia, sembra grazie alla collaborazione con le autorità della Rs, la mancata
cooperazione con il Tribunale, in particolare da parte della Rs, continua a
rappresentare un grave ostacolo sul cammino della giustizia.
Finora nessuna delle persone incriminate dal Tribunale è stata arrestata dalla
polizia della Rs. Alcuni dei sospetti latitanti ritenuti essere all’interno del
territorio della Rs avrebbero goduto della copertura delle locali autorità
militari e di polizia. Ad esempio, si è appreso che Ratko Mladić, fino a
non più di due anni fa, era ufficialmente impiegato nel Vrs.
Il primo tentativo di cattura da parte della polizia della Rs si è concluso con
la morte di Novica Lukić il 18 febbraio 2004; la polizia aveva
apparentemente cercato di arrestare suo fratello, Milan Lukić.
Un’operazione condotta dalle truppe della Sfor nel novembre 2004 mirata a
localizzare e arrestare Gojko Janković, incriminato dal Tribunale per
crimini di guerra e crimini contro l’umanità, sarebbe fallita a causa di una
soffiata della polizia locale di Foča.
Le autorità si sono impegnate a migliorare lo scarso grado di collaborazione
con il Tribunale attraverso una politica di “rese spontanee”, il che
costituisce una violazione delle autorità della Rs di collaborare pienamente
con il Tribunale anche arrestando e deferendo alla custodia del Tribunale i
sospetti incriminati. In seguito alla decisione del governo della Rs di fornire
aiuti economici a qualsiasi sospetto che si consegnasse al Tribunale, il 15
gennaio 2005 Savo Todović, incriminato per crimini di guerra a Foča,
si sarebbe consegnato spontaneamente alle autorità della Rs per poi essere
deferito al Tribunale, e nel marzo 2005, anche Janković si è consegnato
alle autorità della Rs (cfr. di seguito).
Procedimenti
giudiziari in corso davanti al Tribunale
Secondo i termini attuali della “strategia di completamento”, imposta al
Tribunale dal Consiglio di Sicurezza con le risoluzioni 1503 e 1534, il
Tribunale ha completato tutte le indagini ed emesso tutte le incriminazioni per
crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio compiuti in connessione
con la disgregazione violenta della Jugoslavia. Le ultime incriminazioni sono
state emesse nel marzo 2005. La strategia di completamento del Tribunale
prevede che tutti i casi, compresi, gli appelli, debbano essere completati
entro il 2010.
Alla luce dell’incapacità dei sistemi giudiziari interni, compreso quello della
Bosnia ed Erzegovina, di gestire efficacemente tali casi, Amnesty International
ritiene che una chiusura del Tribunale entro i termini programmati sia
prematura e, in un documento che sarà inviato al Consiglio di Sicurezza,
intende richiedere con forza l’estensione del mandato del Tribunale e
l’assegnazione di fondi adeguati affinché il Tribunale possa completare
efficacemente la propria missione. Amnesty International si richiama a un
analogo appello di Human Rights Watch pubblicato il 24 giugno 2004 con il quale
l’organizzazione richiedeva al Consiglio di Sicurezza di rivedere l’attuabilità
delle strategie di completamento e sollecitava lo stesso a dichiarare
pubblicamente come tali date rappresentassero “obiettivi” soggetti a eventuali
modifiche, ove necessario, al fine di permettere al Tribunale di adempiere al
proprio mandato. Amnesty International ha in programma di redigere un documento
pubblico sull’argomento nella seconda parte dell’anno.
Recenti
incriminazioni per Srebrenica presso il Tribunale
Nell’aprile 2004 la Camera d’Appello del Tribunale ritenne che a
Srebrenica nel 1995 fu commesso un genocidio e condannò Radislav Krstić,
ex generale dell’esercito serbo-bosniaco, a 35 anni di carcere per concorso e
complicità nel genocidio. Recentemente si sono avuti diversi processi e
verdetti in relazione a Srebrenica, e nelle ultime settimane altri tre sospetti
sono stati incriminati in connessione con i fatti di Srebrenica (cfr. di
seguito); diversi sospetti, compresi Ratko Mladić, Radovan Karadžić,
Zdravko Tolimir e Vujadin Popović (tutti incriminati, inter alia, di
genocidio o di complicità in genocidio) restano latitanti.
Il 17 gennaio 2005, Vidoje Blagojević è stato condannato a 18 anni di
carcere e Dragan Jokić a 9 anni per coinvolgimento nei fatti di Srebrenica.
In qualità di comandante della Brigata Bratunac, aveva preso parte alla
deportazione di donne e bambini da Srebrenica a Kladanj tra il 12 e il 13
luglio, ed era responsabile per tutti i prigionieri catturati, detenuti o
uccisi all’interno della zona di pertinenza della Brigata Bratunac, anche dei
prigionieri che furono successivamente trasportati, con il suo assenso, nella
zona di pertinenza della Brigata Zvornik per successive detenzioni ed
esecuzioni.
Blagojević è stato ritenuto colpevole di concorso e complicità in
genocidio, omicidio, sia in quanto crimini contro l’umanità sia in quanto
violazioni delle leggi e consuetudini di guerra, di persecuzione e di atti
disumani (deportazioni), in quanto crimini contro l’umanità. È stato ritenuto
non colpevole dell’imputazione di sterminio e di tutte le accuse ai sensi
dell’art. 7(3) relativo alle responsabilità di comando.
L’ex maggiore Dragan Jokić, in qualità di capo del Genio della Brigata
Zvornik, era accusato di aver contribuito alla pianificazione, al monitoraggio,
all’organizzazione e al completamento delle sepolture relative alle uccisioni e
di aver, in qualità di ufficiale di servizio della Brigata, dal mattino del 14
luglio al mattino del 15 luglio, contribuito al coordinamento delle comunicazioni
tra gli ufficiali dell’esercito della Rs relative alla deportazione, detenzione
ed esecuzione di musulmani-bosniaci di Srebrenica, e di aver reso noti o
trasmesso rapporti e aggiornamenti ai superiori sull’avanzamento dell’intera
operazione relativa alle uccisioni.
Jokić è stato ritenuto colpevole di concorso e complicità in sterminio e
persecuzione, in quanto crimini contro l’umanità, nonché di omicidio, in quanto
violazione delle leggi e consuetudini di guerra. La Camera non lo ha condannato
per omicidio in quanto crimine contro l’umanità.
Recenti
deferimenti e incriminazioni per Srebrenica
Il 10 ottobre 2004 l’ex capo della sicurezza dell’esercito del Vrs, Ljubiša
Beara, incriminato per genocidio, crimini contro l’umanità e violazioni delle
leggi e consuetudini di guerra per il suo presunto ruolo in crimini contro la
popolazione non serba di Srebrenica, è stato deferito dalla Serbia alla
custodia del Tribunale.
Il 15 gennaio 2005 Savo Todović si è consegnato spontaneamente alle
autorità della Rs ed è stato successivamente deferito al Tribunale. Tra il 1992
e il 1993 era vice comandante nella prigione di Foča, dove erano stati
rinchiusi civili musulmani e non serbi, senza essere accusati di alcun reato.
Todović è accusato di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità per
il suo ruolo nella selezione dei detenuti da uccidere, picchiare, interrogare,
costringere ai lavori forzati, porre in isolamento e scambiare. Secondo il capo
d’accusa, Todović era anche responsabile della punizione dei detenuti. Il
21 febbraio 2005 è stata resa nota un’altra incriminazione per i crimini di
guerra di Srebrenica (sebbene il segreto istruttorio non sia stato tolto che il
25 febbraio, giorno in cui il generale Milan Gvero è stato arrestato e deferito
al Tribunale; il 25 febbraio anche il generale Radivoje Miletić ha
acconsentito a consegnarsi al Tribunale. Entrambi sono stati incriminati
assieme al generale Zdravko Tolimir per crimini contro l’umanità e violazioni
delle leggi e consuetudini di guerra contro civili musulmani a Srebrenica e
Žepa.
Il generale Tolimir continua a essere latitante. Era comandante aggiunto per
l’intelligence e la sicurezza del capo di Stato maggiore del Vrs, diretto
sottoposto del comandante del Vrs, Ratko Mladić; Miletić era allora
capo di Stato maggiore reggente, con compiti di consigliere principale del
comandante; Gvero era comandante aggiunto per gli affari morali, legali e
religiosi, sempre diretto sottoposto di Ratko Mladić. Tutti erano a
conoscenza del piano di forzare la popolazione musulmana dalle enclave di
Srebrenica e Žepa e sono stati incriminati sia individualmente per le loro
responsabilità penali, sia per la loro impresa criminale congiunta in due capi
d’imputazione per pianificazione, istigazione, mandato e pertanto concorso e
complicità in omicidio, sia in quanto crimine contro l’umanità, sia in quanto
violazione delle leggi e consuetudini di guerra. Gli imputati devono rispondere
anche di persecuzione, atti disumani (trasferimento forzato) e deportazione in
quanto crimine contro l’umanità.
Il 14 marzo Gojko Janković è stato deferito all’Aja dopo che si era
consegnato spontaneamente alle autorità della Rs. Janković era stato un
sottufficiale della polizia militare e uno dei principali leader paramilitari a
Foča. Secondo il capo d’imputazione, in seguito alla presa di Foča
nell’aprile 1992 da parte delle forze serbe, la polizia militare, affiancata da
truppe militari, iniziò ad arrestare residenti musulmani e croati. Durante gli
arresti molti civili furono uccisi, picchiati o sottoposti ad aggressioni di
tipo sessuale. Donne, bambini e anziani furono trattenuti in case, appartamenti
e alberghi nella città di Foča e nei villaggi circostanti, o in centri di
detenzione a breve e lungo termine come Buk Bijela, la scuola superiore di
Foča e il palasport Partizan. Molte delle detenute furono sottoposte a
condizioni di vita umilianti e degradanti, a brutali percosse e ad aggressioni
sessuali, stupri compresi. Oltre ai suddetti luoghi di detenzione, diverse
donne furono trattenute in case e appartamenti usati come bordelli, frequentati
da gruppi di soldati, in larga parte paramilitari.
Il 15 marzo, Drago Nikolić, incriminato per genocidio o complicità in
genocidio e crimini contro l’umanità in relazione ai fatti di Srebrenica, ha
dichiarato che si sarebbe consegnato spontaneamente al Tribunale dopo un
incontro con il ministro della Giustizia serbo. Nikolić, che aveva anche
vissuto in Serbia, era stato il comandante del campo di detenzione Susica a
Vlasenica.
Il 7 marzo, Momčilo Perišić, ex capo di Stato maggiore generale
dell’esercito jugoslavo (Vj), residente anch’egli in Serbia, si è consegnato al
Tribunale; era stato incriminato per crimini contro l’umanità e violazioni
delle leggi e consuetudini di guerra in connessione con l’assedio di Sarajevo,
comprendenti le accuse di omicidio, atti disumani e attacchi a civili, oltre
che in relazione agli attacchi contro la popolazione civile di Zagabria, in
Croazia, nel maggio 1995.
Il 23 marzo Vinko Pandurević si è consegnato al Tribunale, mentre era in
volo da Belgrado, la sua resa apparentemente concordata con le autorità della
Rs. Pandurević era stato incriminato per genocidio, cospirazione
finalizzata al genocidio, crimini contro l’umanità e violazioni delle leggi e
consuetudini di guerra per Srebrenica, dove era tenente colonnello al comando
della Brigata Zvornik e presunto responsabile nella pianificazione e direzione
delle attività della suddetta Brigata. L’incriminazione cita in dettaglio il
coinvolgimento della Brigata, sotto il comando di Pandurević, in uccisioni
arbitrarie, deportazioni ed esecuzioni sommarie di centinaia di uomini e nella
sepoltura delle vittime in fosse comuni.
Infine, il 1° aprile, il serbo-bosniaco Ljubomir Borovčanin, ex vice
comandante della Brigata speciale di polizia (Mup), e il 10 luglio 1995,
comandante di una forza congiunta delle unità Mup, ha lasciato Belgrado alla
volta del Tribunale, consegnandosi spontaneamente alle autorità serbe.
Borovčanin era stato incriminato dal Tribunale per complicità in genocidio,
crimini contro l’umanità e violazioni delle leggi e consuetudini di guerra per
Srebrenica. È stato accusato sia di responsabilità individuale che di comando
per crimini di guerra, compresa la partecipazione in un’impresa criminale
congiunta “il cui proposito era il trasferimento di donne e bambini
dall’enclave di Srebrenica a Kladanj, e la cattura, detenzione ed esecuzione
sommaria […] di migliaia di uomini e ragazzi bosniaci dell’enclave di
Srebrenica”. Tra i sospetti ancora latitanti e incriminati per Srebrenica dal
Tribunale, figurano Ratko Mladić, Radovan Karadžć, Zdravko Tolimir e
Vujadin Popović.
Corte di
Stato e procedimenti interni
La Camera per i crimini di guerra presso la Corte di Stato di Bosnia ed
Erzegovina era intesa essere operativa nei primi mesi del 2005, nonostante i
persistenti timori riguardo alla mancanza di fondi e di altre risorse
necessarie per adempiere ai requisiti richiesti. Nel giugno 2004 l’Assemblea
Parlamentare del Consiglio d’Europa in una raccomandazione chiedeva agli Stati
membri di prendere in considerazione l’assegnazione di aiuti in termini di
risorse umane, materiali e finanziarie per sostenere il funzionamento della
Camera per i crimini di guerra, ma alla data di ottobre 2004 la Corte si
trovava ancora ad affrontare una diminuzione pari ad almeno il 5,56% dei fondi
necessari al funzionamento della stessa.
Diversi paesi, compresa l’Olanda, che si erano impegnati a destinare fondi, non
li avevano ancora resi disponibili alla Corte di Stato. Altri Stati dell’Unione
europea, tra cui soprattutto la Francia, non hanno ancora offerto alcun
contributo o impegno in tal senso. La Camera per i crimini di guerra presso la
Corte di Stato non ha ancora incriminato alcun sospetto, sebbene sia probabile
che i primi casi dibattuti dalla corte riguarderanno sospetti che erano stati
precedentemente incriminati e indagati dal Tribunale, e i cui casi saranno
deferiti alla Corte di Stato per essere perseguiti. Nel frattempo un esiguo
numero di procedimenti per crimini di guerra continuano a essere dibattuti da
tribunali interni, principalmente nella Federazione, sebbene recentemente un
gruppo di poliziotti in congedo e in servizio, sospettati della “sparizione” (e
successiva uccisione) di un prete cattolico, padre Matanović, e dei suoi
genitori, siano stati prosciolti dall’accusa; le indagini sulla loro morte
proseguono. Organizzazioni locali per i diritti umani hanno riferito che i
procedimenti non hanno rispettato gli standard internazionali di equità
processuale .
Contingente
dell’Unione europea
Nel dicembre 2004, il contingente dell’Unione europea, conosciuto come Eufor,
ha sostituito le truppe di stabilizzazione della Nato, note come Sfor. Il
contingente ha inoltre rilevato il mandato di arrestare i sospetti incriminati
dal Tribunale, parimenti al piccolo contingente della Nato formato
principalmente da personale statunitense rimasto a Sarajevo. Tale mandato era
stato stabilito in base all’Accordo di Dayton (General Framework Peace
Agreement for Bosnia and Herzegovina).
Esumazioni,
identificazioni e sepolture
La responsabilità per le esumazioni di fosse comuni e individuali associate con
la guerra in Bosnia ed Erzegovina continua a essere espletata da ciascuna delle
due Commissioni per le persone scomparse (delle rispettive entità di Bosnia ed
Erzegovina). Tuttavia, è stato ipotizzato che a partire dal 2000 queste due
commissioni sarebbero state assorbite in un organismo di tipo statale,
l’Istituto per le persone scomparse (Mpi). L’Mpi fu istituito dall’Icmp (cfr.
di seguito) e varato nell’agosto 2000; nel 2003 il suo Consiglio direttivo,
formato da rappresentanti statali (presidenza bosniaca), della Federazione e
della Rs, concordò che l’Mpi avrebbe assunto la responsabilità del processo di
esumazione a livello statale. Tale organo congiunto sarebbe stato istituito
allo scopo di superare particolari problemi con le Commissioni della
Federazione e della Rs, ognuna delle quali scavava soltanto “dalla propria
parte”, spesso rifiutandosi di condividere le informazioni relative alla localizzazione
delle fosse comuni all’interno della propria area.
Tuttavia, l’Mpi non è ancora operativo a tale livello, sebbene un gruppo di
lavoro, formato da rappresentanti statali, della Federazione, della Rs e del
Distretto di Brčko, abbia iniziato a riunirsi a partire dal gennaio 2004
allo scopo di concordare protocolli e modalità del nuovo organismo.
L’identificazione è espletata dalla Commissione internazionale sulle persone
scomparse, che confronta il Dna prelevato dalle ossa dei resti con il sangue
dei parenti in vita, per stabilire l’eventuale corrispondenza che ne renderebbe
possibile l’identificazione. La prima corrispondenza del Dna di un adolescente
vittima a Srebrenica fu completata nel novembre 2001 e, alla data del 25 marzo
2005, erano state riscontrate corrispondenze in 7.177 casi , di cui circa 5.628
della Bosnia ed Erzegovina, in maggioranza di Srebrenica.
Nonostante le forti tensioni sulla questione del definitivo luogo di sepoltura
dei resti identificati di Srebrenica, e dopo anni di ritardi ed ostacoli
relativi alla destinazione di una tomba collettiva a Potočari, l’11 luglio
2001, i parenti degli “scomparsi” di Srebrenica presero parte all’inaugurazione
di una grande stele commemorativa sul luogo. La progettazione della tomba fu
alla fine concordata e il 31 marzo 2003 a Potočari ebbero luogo le prime
esequie di circa 600 vittime. Altre 400 furono sepolte l’11 luglio 2003.
8.7.2005