FARMACI E FEDERALISMO

spesa farmaceutica: il cittadino paga due volte

 

La principale domanda – ce ne sono altre - da formulare in questi giorni sull’argomento della spesa farmaceutica è: qualche cittadino ci ha capito qualcosa su quello che è successo e su quello che accadrà (specialmente a lui)? Noi pensiamo di no.

Riepiloghiamo quindi gli avvenimenti.

Circa un mese fa ambienti governativi del Ministero dell’Economia informavano che nei primi mesi del 2004 la spesa farmaceutica a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è cresciuta in termini percentuali del 16 per cento rispetto al 2003, anno in cui – a dispetto di quanto dichiarato dalla Guardia di Finanza sui benefici finanziari ricaduti sullo stesso SSN per effetto dell’inchiesta Glaxo – risultava lievitata del 17 per cento.

Ora in un paese serio, con l’annuncio si sarebbero analizzate e rese note le cause (aumento del prezzo dei farmaci? aumento delle prescrizioni? immissioni di nuovi farmaci all’interno del prontuario farmaceutico? fattori epidemiologici?) e formulato proposte correttive o innovative da parte del Ministero competente, alla sanità o alla salute che dir si voglia.

In Italia no.

In Italia, ambienti governativi legati al Ministero dell’Economia vociferavano successivamente che l’aumento della spesa sembrerebbe determinato dal “marketing” aggressivo posto in atto dalle aziende farmaceutiche nei confronti dei medici di famiglia, preannunciando un decreto “punitivo” nei riguardi delle stesse. A queste voci, aggiungeva la propria il ministro Sirchia il quale minacciava per parte sua di togliere dal prontuario alcuni medicinali.

Intanto c’è da registrare una prima domanda indotta dalla minaccia sirchiana.

Se per legge, nel prontuario farmaceutico nazionale, cioè nel complesso dei farmaci attraverso il quale il SSN garantisce l’assistenza farmaceutica ai cittadini italiani, sono inseriti i farmaci che servono a prevenire o curare la malattie dei cittadini italiani, a quale titolo ne sarebbero eliminati alcuni?

La vicenda, non poteva essere altrimenti, ha dato il via a polemiche furibonde, generalmente inutili e fuorvianti, che hanno coinvolto inevitabilmente tutti gli interessati.

Alla fine ne è uscito un decreto che imputa il 60 per cento del ripiano di una parte dei 1365 milioni di euro di sfondamento della spesa farmaceutica previsti per il 2004 (pensate che esattezza), alle aziende farmaceutiche e il restante 40 per cento alle Regioni.

Su questo, sarà interessante capire il metodo usato per le imputazioni alla aziende. Per esempio, se la farmaceutica X non ha tratto un qualunque beneficio economico dallo sfondamento, come e cosa pagherà?

Non contento di quanto deciso dal “vero” ministro alla salute Tremonti e afflitto da problemi di protagonismo, Sirchia subito dopo si è lanciato in un attacco alla Farmindustria accennando a porre in atto un blocco dei cosiddetti “minimeeting”, quegli incontri mordi e fuggi generalmente patrocinati da aziende che operano nel settore sociosanitario, dimenticando - come spesso gli accade - che ricadono sotto l’egida della Educazione Continua del Medico (ECM) e quindi sono autorizzati dal ministero di cui egli stesso è il massimo responsabile.

Quest’ultima annotazione che potrebbe farci passare per i difensori d’ufficio dell’industria farmaceutica (che non siamo), ha l’esclusivo scopo di far notare ancora una volta il volto preoccupante di una classe politica inconsapevole del proprio ruolo e funzioni.

Per chiudere resta il cittadino, il quale ancora una volta (proprio così), dopo aver fatto il suo dovere di contribuente, subirà due sgradevoli conseguenze,

La prima, di essere vittima della scure che si abbatterà sull’assistenza farmaceutica senza avere il piacere di conoscerne i motivi e i responsabili.

La seconda, di dover pagare di tasca propria i disavanzi di bilancio prodotti da chissà chi, chissà perchè.

Infatti, come sarà finanziato il 40 per cento che, come prevede il decreto, dovrà essere coperto dalle Regioni se non con l’imposizione di nuove tasse regionali ai loro cittadini? Certo, magari il governo –per prenderci in giro - potrà dire che non le ha aumentate, il suo chiodo fisso. Ma ulteriore domanda: è questo il federalismo?

 

 

Roberto Buttura

 

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