IN MARGINE AD UN ESPOSTO ALL’UNIONE EUROPEA
La notizia: l’Aiop
(Associazione italiana ospedalità privata) presenta un esposto alla Commissione
Europea e all’Autorità europea sulla concorrenza.
Il
motivo: non è rispettato il principio di parità tra pubblico e privato
nell’erogazione dei servizi al cittadino, essendo ancora in essere il regime di
monopolio che, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto cessare con la legge
421/1992. Ciò produce una “violazione delle norme sugli aiuti di Stato, abuso
di posizione dominante, violazione della normativa comunitaria sulla libera
prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento.
Le
basi: l’orientamento della Commissione europea che ha adottato tre criteri per
analizzare i servizi sanitari: la qualità, l’accessibilità, la sostenibilità.
Secondo
la stessa, per raggiungere questi obiettivi (ma non erano criteri?) bisogna
creare un mercato interno (sic) dei servizi e dei prodotti sanitari che
garantisca la libera circolazione e l’accesso ai servizi in tutta l’Unione
perché, per effetto della giurisprudenza della Corte di Giustizia, aumenterà la
mobilità dei pazienti che, associata ad un consolidamento del mercato interno
(frase oscura ma efficace) avrà ripercussioni sui sistemi sanitari nazionali.
Agli stati membri, che continueranno ad organizzare e finanziare i propri
servizi, bisogna assicurare un potenziamento della cooperazione nel settore
dell’assistenza sanitaria al fine di sostenerne con efficacia le riforme.
L’esposto-denuncia
dell’Aiop è di nessun fondamento se si tiene conto che in Italia il diritto
alla tutela della salute è garantito dalla Costituzione ed è attuato attraverso
il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) del quale fanno parte anche gli operatori
privati cosiddetti accreditati, cioè coloro le cui prestazioni offerte al
cittadino sono autorizzate e pagate dal SSN stesso. Attualmente appellarsi in
Italia ma anche negli altri Paesi della Unione Europea al principio del
mercato, sembra francamente cosa alquanto strana e destinata se il buon senso
alberga ancora in qualche mente a cadere nel nulla.
Ma
l’Aiop, sollevando il caso, ha il merito di portare all’attenzione
dell’opinione pubblica quanto quatto quatto avanza in sede europea.
Nel
nostro Paese criticare l’Unione Europea o meglio parti della sua gestione viene
considerato alla stregua se non peggio del parlar male della propria madre o,
peggio, della Banca d’Italia.
Or
bene, fino a quando non sarà completato il processo democratico e federalista
che prevede di essere governati, al pari di quanto succede in tutti i paesi la
compongono, da un governo eletto dal parlamento su base politica e non più da
una Commissione designata su base geografica, è impossibile trasmettere
competenze specialmente in settori fondamentali che investono i diritti sociali
e civili.
Ora,
la Commissione europea e il suo apparato consapevoli della loro debolezza
politica per paradosso tentano di rafforzare il proprio ruolo accentuando le
caratteristiche tecnocratiche, operazione che porta in sé una inevitabile dose
di disprezzo della politica ritenuta capace solamente di frapporre ostacoli
alle soluzioni da essi proposte.
La
Commissione europea, nei campi nei quali non può ma vorrebbe metterci il
proprio zampino, si affida allora agli “orientamenti” di cui tipico ne è
esempio quello sopracitato arricchito da altre storiche “tecnocratiche”
considerazioni che hanno invece grande rilevanza politica .
Una
di queste riguarda il termine “servizio pubblico” ritenuto equivoco (perchè
poi?) e sostituito da tre tipologie: servizio di interesse generale (Sig);
servizio di interesse economico generale; servizio di interesse generale che
può essere di natura economica e non economica (qui si troverebbe la sanità).
Per
quanto riguarda il “servizio di interesse generale” secondo l’Unione europea
che impone una rigorosa neutralità “è irrilevante ai sensi del diritto
comunitario se i fornitori dei servizi di interesse generale siano soggetti
pubblici o privati; essi sono soggetti agli stessi diritti e obblighi” perché l’importante è (aggiunta nostra)
garantire “il buon funzionamento del mercato e del rispetto delle regole del
gioco da parte di tutti (tutti chi?), salvaguardando l’interesse generale, in
particolare la soddisfazione dei bisogni essenziali dei cittadini..”.
Su
questo piccolo giochetto di prestigio, ai cui inventori – di sicuro più d’uno,
per raggiungere tali eccelse vette - sarebbe giusto riconoscere il premio
Tremonti per la creatività, si innesta l’esposto Aiop il quale in sostanza
afferma essersi modificata in questi anni la distinzione tra attività
economiche e non economiche naturalmente a favore delle prime per cui,
aggiungiamo noi per completare il ragionamento Aiop, la sanità non verrebbe a
trovarsi all’interno dei “servizi di interesse generale di natura non
economica”, ma “economica”.
Sarà,
quindi, interessante, nel caso l’Aiop intenda proseguire la vertenza, seguire
il caso e determinazioni alle quali arriveranno gli organi competenti.
Una
cosa è certa. Se l’andazzo è questo prima di mollare vere competenze nel campo
dei diritti sociali e civili all’Europa dei burocrati e dei tecnocrati, è indispensabile che i cittadini europei
possano decidere in modo democratico il governo e i programmi che preferiscono.
Roberto Buttura