MODIFICA della LEGGE 23 ottobre
1992, n. 421 “Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico
impiego, di previdenza e di finanza territoriale”.
Nel
1992 il governo presieduto dall’onorevole Giuliano Amato, con la legge 421
comunemente conosciuta come “Legge delega”, attuò imponenti cambiamenti in vari
campi della Pubblica Amministrazione. Il primo ad essere interessato fu il
settore della Sanità che aveva peraltro già conosciuto, nel breve arco di un decennio, numerose leggine di parziale modifica della
legge 833.
Con la Legge 421, secondo le intenzioni del
legislatore, la Sanità doveva essere riorganizzata in modo da rispondere al
fine fondamentale della tutela della salute attraverso un approccio di
carattere esclusivamente imprenditoriale confidando che ciò avrebbe ottenuto
anche un miglioramento del conto economico, perennemente in disavanzo.
Finalmente
applicate le regole di “mercato e della libera concorrenza” dissero
alcuni, finalmente realizzati concretamente i principi di “efficienza del
servizio e del contenimento della spesa” dissero altri: su questi due equivoci
iniziali, che accontentarono apparentemente un po’ tutti, la legge fu approvata in Parlamento.
Conseguentemente
il Governo approvò ed emanò il decreto 30 dicembre
1992, n. 502 “Riordino della disciplina in materia di sanità, a norma
dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
I
principali capisaldi furono: la riduzione del numero delle Ulss facendo di
norma coincidere il territorio di competenza con quello
provinciale e lo scorporo degli ospedali dalle stesse, la definizione delle
Ulss e Ospedali come Aziende infraregionali dotate di personalità giuridica con
a capo il Direttore Generale come organo monocratico, l’introduzione di norme
volte al superamento del regime delle convenzioni e d’acquisizione delle
prestazioni al fine di assicurare ai cittadini migliore assistenza e libertà di
scelta, nuove modalità di rapporto tra il Servizio Sanitario Nazionale e
Università, privatizzazione del rapporto di lavoro, riorganizzazione dei
Presidi Multizonali di Prevenzione e loro trasformazione in Dipartimenti di
Prevenzione.
Tutta
questa produzione legislativa, sia per inusuale velocità
con la quale era stata concretata, sia per le diversità di vedute sul merito,
sia per un mezzo imbroglio capitato in Conferenza Stato Regioni, non aveva
avuto alcun parere da parte delle Regioni alle quali l’articolo 117 della
Costituzione della Repubblica assegna enormi e chiare competenze nella tutela
della salute.
Dopo
un approfondito lavoro ed un appassionato dibattito, le Regioni presentarono
velocemente ricorso alla Corte Costituzionale contro
molti articoli del decreto 502/92. La legge 421, infatti, dava la possibilità
di modificare il decreto entro un anno dalla sua emanazione.
I
motivi di una scelta così impegnativa (era stata la
prima volta che le Regioni presentavano ricorso alla Corte Costituzionale in
materia di sanità) furono di principio e di merito e s’incrociavano
parzialmente con le obiezioni e le opposizioni che sia pure minoritarie si
venivano manifestando sul complesso legislativo.
Di
principio perché era convinzione delle Regioni che il Governo e di converso il
Parlamento avevano abbondantemente superato i limiti
del potere legislativo loro assegnato dalla Costituzione invadendo i campi di
competenza delle Regioni che sono titolari della “programmazione e
dell’organizzazione sanitaria nel loro territorio”.
Di
merito perché lo Stato pur imponendo arbitrariamente alle Regioni le proprie
decisioni legislative intendeva venire meno all’obbligo di finanziare il Fondo
Sanitario Nazionale in modo congruo rispetto ai compiti di tutela della salute
che assegnava alle Regioni stesse.
Il
nocciolo della questione comunque rimaneva
essenzialmente politico. La legge 421 e conseguentemente il decreto 502/92
erano il risultato di una battaglia protrattasi per
anni contro la legge 833, ambiguamente attaccata dai detrattori non tanto
sull’impianto generale ma su un aspetto costituito dalla presenza di organismi
politici all’interno della Sanità, sul quale particolarmente sensibile era
allora e lo sarà in misura maggiore successivamente l’opinione pubblica.
La tambureggiante offensiva era stata condotta
senza esclusione di colpi e con un’imponente dovizia di accuse contro il
malgoverno della politica alla quale nulla fu risparmiato e alla quale fu
imputato il giusto e l’ingiusto.
Il
paradosso era rappresentato dal fatto che il
protagonista di quest’attacco alla politica era una parte minoritaria della
stessa che però con notevole abilità, spregiudicatezza e demagogia aveva
sfruttato il vento favorevole e travolto le deboli ed incerte difese che altre
forze politiche avevano opposto.
Sull’onda
della sentenza della Corte Costituzionale, il decreto legislativo
502/92 fu modificato con il decreto 7 dicembre 1993, n. 517.
Il
risultato finale era certamente viziato dalle mediazioni e dall’impossibilità
di superare in quella sede i vincoli procedurali posti dalla legge 421 a
qualsiasi modifica strutturale del decreto ma rappresentò
un passo avanti significativo e tangibile sulla strada della chiarezza
nell’attribuzione dei poteri tra Stato e Regioni e un altrettanto significativa
se non definitiva inversione di tendenza politica e culturale di riaffermazione
della validità dell’articolo 32 della Costituzione che obbliga i pubblici
poteri a garantire il diritto alla tutela della salute.
Ora,
la legge 421 dopo quasi tre anni di applicazione ha
confermato la validità di alcune intuizioni di merito (riferite specialmente
all’adozione di strumenti aziendali nella gestione delle Ulss e degli Ospedali)
ma registra anche la fondatezza di alcune critiche ed opposizioni che erano
state avanzate al momento della discussione della legge e dei relativi decreti.
Esse
riguardano l’ordinamento generale della legge che, in ossequio alla precisa
attribuzione dei poteri stabilita dalla Costituzione, costituisce preciso
riferimento per le Regioni. Con il presente progetto di legge
s’intende ovviare alle ambiguità odierne che consentono allo Stato di
intervenire nell’organizzazione e programmazione sanitaria e di dettare norme improprie
su materie quali i rapporti con l’Università.
Esse
riguardano il fallimento dell’esperienza del Direttore Generale, organo
monocratico di direzione dell’Azienda Sanitaria, quale gestore e garante della
qualità dei servizi erogati alla popolazione. Nella realtà per motivi a volte
indipendenti dalla propria volontà il Direttore Generale non riesce a
rappresentare il riferimento tecnico-politico dei cittadini per i loro bisogni
socio-sanitari e delle istituzioni per il loro ruolo di interpreti delle
esigenze territoriali ed è inevitabilmente portato ad instaurare un rapporto
con la Regione sfuggente, ambiguo e sostanzialmente subalterno.
Esse
riguardano l’istituto dell’accreditamento che, pensato per assicurare ai
cittadini migliore assistenza e libertà di scelta, ha finora trovato
applicazioni parziali e negative che rischiano di non produrre l’effetto di
dare prestazioni di qualità e risparmio di spesa.
I
gruppi socialisti presenti nei Consigli Regionali di tutta Italia, con la
presentazione di questo progetto di legge statale, intendono quindi contribuire
alla modificazione delle parti della legge 421 e dei relativi decreti che
ritengono in contraddizione con la permanenza ed il miglior funzionamento del
settore socio-sanitario nell’ambito pubblico.
In
modo particolare il presente articolato di legge precisa i poteri attribuiti
allo Stato e alla Regione e le forme di rapporto tra
Regione ed Università, istituisce il Consiglio di Amministrazione dell’Azienda
Sanitaria con compiti d’indirizzo e di controllo, abolisce il finanziamento
delle strutture sanitarie per prestazione tariffata, il regime delle
sperimentazioni gestionali e la possibilità di forme di acquisizione delle
prestazioni da parte di soggetti singoli o consortili.
Tutto ciò per rendere ancora più evidente che il
futuro della Sanità italiana rappresenta la vera sfida sulla quale deve
misurarsi l’intera comunità nazionale attivando il patrimonio di civiltà e di
modernità in proprio possesso.
Essa può essere vinta se la cultura riformista, oggi
in apparente difficoltà, saprà prevalere sulla rassegnazione e l’apatia che
sono sembrati impadronirsi anche dell’opinione pubblica più sensibile.
MODIFICA della
LEGGE 23 ottobre 1992, n. 421 “Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico
impiego, di previdenza e di finanza territoriale”.
Articolo 1
1.
All’articolo 1 Sanità comma 1 lettera d aggiungere dopo le
parole “propri organi” le parole “d’indirizzo, di controllo e”; dopo “ di
gestione e prevedendo” le parole “un consiglio di amministrazione”; dopo “per
le ulteriori programmazioni sono attribuiti “ sostituire le parole “al sindaco
o alla conferenza dei sindaci ovvero dei presidenti delle circoscrizioni di
riferimento territoriale” con le parole “al consiglio di amministrazione.”.
2.
All’articolo 1 Sanità comma 1 lettera f aggiungere dopo la
parola “definire i principi relativi ai poteri” le parole “di indirizzo e di
controllo spettanti al consiglio di amministrazione e ai poteri”.
3.
All’articolo 1 Sanità comma 1 lettera l (elle) togliere le parole “di acquisizione delle prestazioni, da soggetti singoli o
consortili, secondo i principi di qualità ed economicità, che consentano forme
di assistenza differenziata per tipologie di prestazioni, al fine di assicurare
ai cittadini migliore assistenza e libertà di scelta”.
4.
L’articolo 1 Sanità comma 1 lettera m è abrogato.
6.
All’articolo 1 Sanità comma 1 lettera o dopo le parole
“in analogia con quanto” aggiungere la parola “eventualmente”.
Disegno
di legge statale “ MODIFICA del Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 così
come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517”.
Articolo 1
1.
All’articolo 2 comma 1 sono soppresse le parole “ed ospedaliera.”
2.
All’articolo 2 comma 2 dopo le parole “finanziamento
delle unità sanitarie locali e delle” cosi come dopo “predette unità sanitarie
locali ed” aggiungere la parola “eventuali”.
1.
All’articolo 3 comma 4 dopo le parole “Sono organi
dell’unità sanitaria locale” aggiungere le parole “il consiglio di
amministrazione,”.
2.
All’articolo 3 è aggiunto il seguente comma 5 bis: “1. I poteri di indirizzo e di controllo nella gestione dell’unità
sanitaria locale e dell’eventuale azienda ospedaliera sono riservati al
consiglio di amministrazione, che, su proposta del direttore generale, approva
il bilancio di previsione triennale ed annuale, il conto consuntivo annuale e i
provvedimenti riguardanti gli investimenti. 2. Il consiglio di
amministrazione dell’unità sanitaria locale è composto di tre membri,
due nominati dalla regione tra cui il presidente ed uno dai comuni, Il
consiglio di amministrazione dell’eventuale azienda ospedaliera è parimenti
composto di tre membri tutti nominati dalla regione. Le modalità
di nomina sono di competenza della regione che provvede per legge.”
3.
All’articolo 3 comma 6 dopo le parole “ della
Repubblica italiana, dalla regione” aggiungere “all’interno di una terna
proposta dal consiglio di amministrazione dell’unità sanitaria locale o
dell’eventuale azienda ospedaliera”.
4.
L’articolo 3 comma 14 è soppresso.
Articolo 3
1.
L’articolo 4 comma 1 è soppresso.
2.
All’articolo 4 comma 2 dopo le parole “e di alta
specializzazione” aggiungere “e costituiti come azienda con personalità
giuridica pubblica e in completa autonomia”.
3.
All’articolo 4 comma 6 dopo le parole “triennio
clinico della facoltà di medicina,” aggiungere la parola “se”; dopo le parole
“dal presente decreto per le” aggiungere “eventuali”; la frase “il direttore
generale è nominato d’intesa con il rettore dell’università” è soppressa.
4.
L’articolo 4 comma 8 è soppresso.
Articolo 4
1.
All’articolo 5 comma 4 lettera a dopo le parole
“direttore generale” aggiungere “e del consiglio di amministrazione;”.
Articolo 5
1.
All’articolo 6 comma 1 sono soppresse le frasi comprese tra le parole “La
programmazione sanitaria, ai fini…” e le parole “le aziende ospedaliere e le
unità locali interessate.”
Articolo 6
1.
All’articolo 8 comma 7 dopo le
parole “dell’accreditamento delle istituzioni” sopprimere le parole “sulla
modalità del pagamento a prestazione”.
Articolo 7
1. L’articolo 9.bis è soppresso.