e-patients
il rapporto medico – paziente
nell’era di internet
Qualche tempo fa nella posta elettronica ho trovato il messaggio di un paziente.
Per motivi di lavoro, si era
trasferito per alcuni mesi negli Stati Uniti.
Era una richiesta di aiuto per un fastidioso
rush cutaneo, associato a prurito e a modesto rialzo febbrile, presente da
qualche giorno.
Visti i costi dei miei colleghi d’oltre oceano….!
L’e-mail conteneva, prodigi della
tecnologia, due immagini delle macchie comparse sulle gambe e sul tronco.
Insomma un consulto medico in
piena regola.
La cosa mi ha decisamente
sorpreso e, come potete ben immaginare, ne è nata una corrispondenza, per alcuni giorni anche fitta, prima di poter
arrivare alla conclusione che il tutto era probabilmente dovuto all’assunzione
di un intruglio di anti-ossidanti,vitamine ed erbe varie acquistato in uno dei
tanti “drug-store” che fanno la felicità
di chi, abituato alle ferree regole dei nostri farmacisti, scopre la libertà
dell’automedicazione “made in USA”.
Pochi giorni dopo questa
avventura telematica, sfogliando il New England Medical Journal ho scoperto un
articolo a titolo “electrons on flight – e-mail between doctors and
patients” e scoperto (segnalatomi
questo da un collega) un editoriale del British Medical Journal a titolo “The
first generation of e-patients”.
Vi si parla, manco a dirlo, proprio di questo.
Dell’uso di internet e della
posta elettronica per scambiare messaggi tra medici e pazienti.
Vi si racconta, tra l’altro, come già parecchi anni fa
l’invenzione del telefono avesse messo in crisi i
nostri predecessori quando si accorsero che il telefono poteva essere usato per
consulti a distanza.
Negli Stati Uniti la diffusione di internet
e della posta elettronica sta generando un nuovo tipo di consultazione medica e
con essa cominciano a nascere problemi collegati alla “security” dei messaggi
inviati e ai risvolti medico-legali
delle consultazioni acquisite per tale via.
Le assicurazioni e gli “health plans” stanno cominciando
ad esplorare l’utilità di incentivare questo tipo di
contatto medico-paziente e cominciano a prendere in esame le modalità con cui
“pagare” i medici che si rendono disponibili a questo tipo di consultazione.
I colleghi statunitensi, abituati per necessità ad
occuparsi di “difensive medicine” e a fare molta attenzione agli aspetti medico legali della professione, hanno subito accolto come
dato positivo il fatto che le istruzioni così date restano registrate (a
garanzia quindi della correttezza delle loro indicazioni), ma hanno anche dovuto
sottolineare la necessità che è bene che i medici evitino di iniziare
“discussioni cliniche” senza aver mai visto il paziente.
L’editorialista del BMJ, da parte sua, sottolinea
il fatto che molti nostri pazienti ormai navigano sulla rete e che l’informazione
medica che vi trovano, è spesso più completa ed utile di quella che riescono a
ricevere dal loro medico.
Internet può essere uno strumento
utilissimo per chi è affetto da malattie rare.
Molte associazioni che assistono malati di questo tipo offrono consulenza e materiale informativo direttamente
on-line.
I medici, dice, potranno forse in futuro usare internet
per fornire materiale informativo ai loro pazienti, raccogliere dati
epidemiologici, fissare appuntamenti, richiamare pazienti a controlli di
follow-up, acquisire immagini, tracciati e quant’altro.
Negli States il fenomeno degli e-patients sembra più
diffuso, ed è li che sono già comparsi i
“frequent-attenders”, i frequentatori assidui.
Che fare si chiede l’editorialista del NEJM se un paziente comincia a mandare troppi messaggi inappropriati ?
Ma per tornare al mio paziente, come vi raccontavo, è
“emigrato” per qualche tempo negli Stati Uniti.
La mia ASL ovviamente e come ho anche accertato, ha
provveduto a cancellarlo dall’elenco dei miei assistiti .
Le mie consulenze dunque sono ora
prestazioni non supportate dal SSN.
Insomma sono libera professione.
Allora mi sto chiedendo, adesso, come glielo mando il
conto, per … e-mail ?
Roberto Mora
medico di famiglia – direttore del giornale
Verona Medica